Famiglia

Riforma Cartabia/2- Il nuovo procedimento in materia di persone, minorenni e famiglia

Seconda puntata sul nuovo rito di famiglia in vigore per i procedimenti instaurati dal 28 febbraio

di Valeria Cianciolo

Nell'ambito del Titolo IV-bis, l'articolo 3, comma 33 del Dlgs 10 ottobre 2022, n. 149 ha inserito l'articolo 473 bis.7 all'interno del cod. proc. civ., rubricato "Nomina del tutore e del curatore del minore".
La norma fa riferimento ai compiti di rappresentanza sostanziale del curatore, prevedendo la nomina facoltativa di questo nei casi di limitazione della responsabilità genitoriale, mentre nei casi più gravi di sospensione e decadenza è prevista la nomina del tutore. La norma sembrerebbe esigere da parte del giudice una precisa indicazione degli atti che competono al curatore e di quelli spettanti ai genitori con questa precisazione: il curatore generale ha poteri sostanziali diversi dal curatore speciale, rappresentante processuale del minore, trasformandolo in una sorta di tutore, con poteri circoscritti, per i casi meno gravi di limitazione della responsabilità genitoriale.
La questione si complica per effetto dell'articolo 28 del Dlgs 149 del 2022 che ha introdotto l'articolo 5-bis all'interno della legge 4 maggio 1983, n. 184 in tema di adozione. La norma nel disciplinare l'affidamento ai Servizi Sociali nei casi di cui all'articolo 333 cod. civ., al secondo comma lett. e), statuisce che "con il provvedimento con cui dispone la limitazione della responsabilità genitoriale e affida il minore al servizio sociale, il tribunale indica gli atti che possono essere compiuti dal curatore nominato ai sensi dell'art. 333, secondo comma, del codice civile.". Non si dice quali siano gli atti. Peraltro, l'articolo 333 cod. civ. parla di adozione di "provvedimenti convenienti" e di allontanamento e non di affidamento all'Ente. Con ciò, sembra che si sia voluto espungere dall'applicazione della norma l'affidamento ai Servizi disposto in assenza di un espresso provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale, nei procedimenti della crisi della coppia genitoriale caratterizzati da un'elevata conflittualità. Una tale interpretazione si desume dalla Relazione illustrativa allo Schema di decreto n. 407: "Sui presupposti dell'affidamento all'ente non si è ritenuta necessaria una descrizione dettagliata in quanto il fondamento rimane l'articolo 333 del codice civile e quindi la presenza di una situazione di pregiudizio e non un semplice stallo dovuto alla conflittualità dei genitori o all'impossibilità di raggiungere un accordo".
La riforma interviene poi sull'istituto del curatore speciale del minore, già ridisegnata dal legislatore della riforma attraverso le modifiche apportate agli articoli 78 e 80 c.p.c. e già in vigore dal 22 giugno 2022 secondo quanto indicato dall'articolo 1 commi 30 e 31 della legge 26 novembre 2021, n. 206 (pubblicata in G.U. del 9 dicembre 2021 ed entrata in vigore il 24 dicembre 2021).
La giurisprudenza di legittimità ben prima della riforma, aveva potenziato le possibilità incluse negli articoli 78 e 80 c.p.c., esprimendo l'obbligatorietà della nomina del curatore in ogni giudizio de potestate, dove la posizione del figlio è naturalmente in conflitto con quella dei genitori, anche quando il provvedimento venga richiesto nei confronti di uno solo di essi. E' un dato di fatto che non si può decidere ex ante se l'interesse del minore convergerà con quello dell'altro genitore il quale potrebbe presentare il ricorso, o aderire a quello presentato da uno degli altri soggetti legittimati oppure in questa seconda ipotesi, chiederne il rigetto. È quindi dovuta la nomina del curatore ogni volta che l'incompatibilità delle posizioni dei genitori e del minore è anche solo potenziale, a prescindere dalla sua effettività.
L'articolo 1, comma 23, lettera a), ultima parte, della legge n. 206/2021 faceva presente che l'introduzione di un rito unitario per le persone, per i minorenni e le famiglie avrebbe comportato la prevedibile necessità di "abrogazione, riordino, coordinamento, modifica ed integrazione delle disposizioni vigenti".
In attuazione di tale indicazione si è, quindi, ritenuto opportuno trasporre all'interno delle nuove disposizioni sul rito unitario anche le disposizioni relative al curatore speciale del minore, introdotte dalla legge n. 206/2021 ai commi 30 e 31. Ne è conseguito che all'abrogazione dell'articolo 78, commi 3 e 4, c.p.c., e dell'articolo 80, comma 3, c.p.c. ha fatto seguito la trasposizione dei relativi contenuti nell'articolo 473-bis.8 c.p.c., ai sensi del quale "il giudice provvede alla nomina del curatore speciale del minore, anche d'ufficio e a pena di nullità degli atti del procedimento:
a) nei casi in cui il pubblico ministero abbia chiesto la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori, o in cui uno dei genitori abbia chiesto la decadenza dell'altro;
b) in caso di adozione di provvedimenti ai sensi dell'articolo 403 del codice civile o di affidamento del minore ai sensi degli articoli 2 e seguenti della legge 4 maggio 1983, n. 184;
c) nel caso in cui dai fatti emersi nel procedimento venga alla luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne l'adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i genitori;
d) quando ne faccia richiesta il minore che abbia compiuto quattordici anni. In ogni caso il giudice può nominare un curatore speciale quando i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore.
La norma fa riferimento ad atti "specifici" che possono perciò riguardare singoli atti precisati dal giudice. E' escluso quindi, un potere di generica parziale o totale sostituzione della responsabilità genitoriale.
Quali i rapporti del curatore speciale del minore con il giudice?
Il curatore speciale del minore è un difensore tecnico del minore, non è un ausiliario del giudice e deve esercitare il suo ministero nel rispetto dei principi di diligenza, autonomia e indipendenza, imposti dal codice deontologico forense. Queste indicazioni impongono una specifica formazione dell'avvocato che in questo suo ruolo di rappresentante del minore, deve procedere all'ascolto del minore che egli rappresenta: il terzo comma dell'articolo 473-bis. 8 dispone, infatti, che: "Il curatore speciale del minore procede al suo ascolto ai sensi dell'articolo 315-bis, terzo comma, del codice civile, nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 473-bis.4." Il legislatore ha così, sottolineato la diversità dell'ascolto compiuto dal curatore speciale del minore da quello guidato dal giudice. Inoltre, le misure adottate dal Giudice sono di competenza degli assistenti sociali o del consulente tecnico e non del curatore speciale il quale potrà reclamare le misure provvisorie e appellare le sentenze conclusive di un grado di giudizio, nella sua autonoma e indipendente valutazione degli interessi del minore.
Nel nuovo articolo 473 bis.9, rubricato "Disposizioni in favore dei figli maggiorenni portatori di handicap grave", viene trasposta la regola prevista dall'articolo 337 - septies cod. civ. "Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applicano le disposizioni in favore dei figli minori previste nel presente titolo, in quanto compatibili." Viene così ad aversi un raccordo fra la normativa sostanziale e quella processuale.
L'articolo 473 bis.10 disciplina la mediazione familiare e riproduce in parte, l'articolo 337-octies cod. civ., ora abrogato dall'articolo1, comma 4, lettera b), del Dlgs 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022. La norma prevede che il giudice può, in ogni momento, informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione e invitarle a rivolgersi ad un mediatore: l'accordo viene così cercato sin dall'apertura del procedimento, analogamente all'espletamento del tentativo di conciliazione. Lo stesso 4 comma dell'articolo 473-bis.14 c.p.c. dispone che con il decreto di fissazione di udienza il Presidente informa le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare.
A completamento di quanto detto, occorre poi sottolineare che il secondo comma dell'articolo 473 bis.10 c.p.c. riproduce il secondo comma dell'articolo 337-octies cod. civ. ed attribuisce la facoltà di attivare la procedura di mediazione al giudice, regola questa che a rigore, non si adatta alla mediazione intesa come istituto estraneo al processo e neppure al mediatore se lo si intende come professionista autonomo operante al di fuori del processo.
E' chiara la volontà del legislatore di potenziare lo strumento della mediazione, adottato nella prassi solo negli ultimi anni, sebbene già contemplato nella legge 28 agosto 1997, n. 285, ("Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza"), che, all'articolo 4, lettera i), la include fra gli strumenti a sostegno della relazione genitori-figli.
Rimane il fatto che la legge di riforma non definisca chi sia il mediatore: può dirsi che opera tra le parti nel rispetto dei principi di neutralità, terzietà, imparzialità e riservatezza (cfr. il Codice europeo di condotta per i mediatori), agevolando il confronto tra le stesse nel pieno rispetto della loro parità e la cui azione è rivolta non a conciliare, ma ad aiutare le parti a definire le condizioni cui dovranno attenersi in futuro. Si può dire che sia un ausiliario del giudice posto che il comma 2 dell'articolo 473 bis.10 c.p.c. qualifica il mediatore come un "esperto". Chiaro dunque, il richiamo all'articolo 68 c.p.c..
Alla luce dell'introduzione codicistica del nuovo istituto, trovano luogo all'interno del Capo I-bis delle disposizioni di attuazione del cod. proc. civ., gli articoli 12 – bis/ 12 sexies che disciplinano l'elenco dei mediatori, e la regolare tenuta e composizione dello stesso, prevedendone l'istituzione presso ogni Tribunale.
L' articolo 12 – sexies demanda a un successivo regolamento interministeriale l'attività, la formazione, le competenze, le regole deontologiche e gli onorari.
Quando non si può ricorrere alla mediazione?
Lo dice il terzo comma dell'articolo 473-bis.42 c.p.c.: "Quando nei confronti di una delle parti è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche non definitiva, o provvedimento cautelare civile o penale ovvero penda procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale per abusi o violenze, il decreto di fissazione dell'udienza non contiene l'invito a rivolgersi ad un mediatore familiare."
Il legislatore p rende atto delle indicazioni della convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne la violenza domestica: il decreto di fissazione d'udienza in presenza di un provvedimento di condanna o cautelare legato alla violenza domestica non deve contenere l'invito alle parti a rivolgersi ad un mediatore familiare e al fine di garantire il coordinamento tra le varie autorità, il giudice con lo stesso decreto di fissazione d'udienza può chiedere al pubblico ministero, al giudice penale o minorile, informazioni sui procedimenti pendenti. Al fine di prevenire il fenomeno della vittimizzazione secondaria, il successivo articolo 473- bis. 43 c.p.c. dispone espressamente che è fatto divieto di iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado ovvero è pendente un procedimento penale. Posto che le parti non si trovano in una condizione di parità, tale articolo impone, in presenza di allegazione di violenza domestica, di genere o di abuso, di omettere sia il tentativo di conciliazione che la mediazione.

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