Rinnovo del vecchio Patent Box: l'Agenzia delle Entrate non può rigettare la richiesta legittimamente presentata prima dell'introduzione della nuove regole
La CTP di Firenze accoglie il ricorso del contribuente che si era visto rigettare la richiesta di rinnovo del quinquennio di regime Patent Box inoltrata prima che il D.L. 146/2021 cambiasse la normativa
Come noto, il nuovo Patent Box introdotto dall'art. 6 del DL 146/2021 e s.m.i., ha cancellato la possibilità di optare per il vecchio regime a decorrere dall'esercizio in corso alla data di entrata in vigore della nuova normativa.
Il nuovo regime prevede oggi una modalità di calcolo di tipo "volumetrico", ovvero basata sull'entità dei costi sostenuti sugli intangibili, che è completamente diversa rispetto a quella che vi era nel precedente regime, la quale si fondava invece sul contributo di redditività che gli intangibili stessi erano in grado di generare.
La nuova normativa è intervenuta quando molti contribuenti avevano già proceduto al rinnovo del quinquennio, essendo i medesimi in possesso di un ruling già sottoscritto per i cinque anni precedenti e avendo presentato, entro i termini decadenziali di novanta giorni previsti dall'art. 12 del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 1.12.2015, formale istanza di rinnovo.
Infatti, ai sensi del citato articolo 12, "almeno novanta giorni prima della scadenza dell'accordo preventivo, a pena di decadenza della facoltà di richiedere il rinnovo, con istanza, da inoltrarsi a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ovvero direttamente all'ufficio che rilascia attestazione di avvenuta ricezione, l'impresa può presentare istanza di rinnovo dei termini dell'accordo stesso all'ufficio".
La CTP di Firenze è stata chiamata a pronunciarsi rispetto ad un contribuente che, avendo sottoscritto il ruling per il quinquennio 2017/2021 ed avendo presentato (il 30.9.2021) formale istanza di rinnovo per il quinquennio successivo almeno novanta giorni prima della scadenza dell'accordo, si è visto rigettare l'istanza stessa dall'Ufficio.
Infatti, l'Amministrazione finanziaria, a fine ottobre 2021, sulla base del nuovo contesto normativo entrato in vigore il 22.10.21, aveva motivato il proprio diniego evidenziando che non era stata esercitata dal contribuente l'apposita opzione di cui alla legge 190/2014 per il quinquennio 2022/2026, opzione che peraltro si sarebbe potuta perfezionare solo con il modello Redditi 2023 in scadenza il 30 novembre 2023.
Il contribuente impugnava il provvedimento di diniego sollevando due principali eccezioni:
–la violazione del fondamento giuridico del "tempus regit actum", ovvero del mancato rispetto della (vecchia) normativa esistente al 30.9.2021;
–l'infondatezza della motivazione dell'Ufficio sul mancato esercizio dell'opzione posto che la precedente normativa di cui alla legge 190/2014 non prevedeva alcuna formalità ulteriore per l'esercizio del rinnovo rispetto a quanto già previsto dal citato articolo 12 del Provvedimento.
Il Collegio fiorentino, con la sentenza n. 389/2022 pronunciata il 14.7.2022, ha accolto ambo le ragioni del ricorrente, evidenziando dapprima che il diritto potestativo alla presentazione dell'istanza di rinnovo "è stato validamente esercitato secondo il principio del tempus regit actum, con la conseguenza che il beneficio fiscale in tal modo conseguito è oramai definitivamente entrato, quale diritto acquisito, nel "patrimonio giuridico" della Società, restando quindi immune agli effetti abroganti dello jus superveniens, sopraggiunto soltanto successivamente, alla data del 22/10/2021, di entrata in vigore del Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146 ...".
Su questo tema i giudici hanno altresì precisato che "il principio del tempus regit actum cristallizza l'intera potenzialità giuridica del diritto potestativo esercitato dal contribuente nel momento in cui esso è stato validamente esercitato, nel caso il 30/09/2021, il che lo rende immune dallo jus superveniens."
Sullo stesso solco, anche se in materia giuslavoristica, la giurisprudenza (Corte app. Potenza, sez. lav. 17.2.2011, n. 96) aveva già introdotto la particolare declinazione del "tempus regit actionem" applicabile ai casi in cui ci si trovi in presenza di un iter amministrativo caratterizzato da unicità ed organicità ed in relazione al quale l'attuazione delle norme sopravvenute potrebbe provocare un'alterazione dei presupposti giuridici della stessa funzione amministrativa, impedendo alla procedura avviata di dispiegarsi secondo la normativa vigente al momento di inizio della stessa.
Anche la seconda censura del contribuente è stata accolta dal collegio fiorentino, il quale ha negato la necessità che dovesse essere formalizzata una nuova opzione in dichiarazione dei redditi per il quinquennio 2022/2026, posto che il contribuente l'aveva già esercitata per il primo quinquennio e che appunto "l'istanza validamente presentata dalla Ricorrente il 30/09/2021 contiene la chiara e inequivoca volontà di esercitare l'opzione di rinnovare l'estensione temporale del beneficio fiscale già optato sin dal 2018...".
In effetti, la normativa non prevedeva alcun adempimento formale in dichiarazione dei redditi riferito all'esercizio del rinnovo dell'opzione, la quale si considerava esercitata con l'adempimento delle modalità previste dal citato art. 12 del Provvedimento.
Solamente l'Agenzia delle entrate, nell'ambito delle dichiarazioni di ammissibilità che emanava a seguito delle richieste di rinnovo, era solita scrivere che "L'attività istruttoria di cui al citato paragrafo 12 del Provvedimento sarà svolta previa verifica di esercizio dell'opzione in sede dichiarativa, nel rispetto della normativa vigente in tema di Regime Patent Box".
Si trattava comunque di una precisazione, quella "dell'esercizio dell'opzione in sede dichiarativa" introdotta dall'Amministrazione finanziaria che non trovava alcun fondamento normativo e che dunque non poteva certamente costituire un obbligo a carico del contribuente.
Infatti, va evidenziato che l'istanza di rinnovo partiva da presupposti totalmente differenti rispetto all'opzione con cui si accedeva per la prima volta al regime Patent Box: quest'ultima veniva presentata al fine di definire i termini dell'accordo in previsione della stipula del ruling con l'Agenzia delle Entrate.
L'istanza di rinnovo, al contrario, aveva la sola finalità di rinnovare i termini dell'accordo già stipulato tra le parti: proprio per questo si parlava di "rinnovo" e non di "nuova opzione", la quale al contrario avrebbe comportato l'instaurazione di una procedura del tutto nuova e che non aveva termini decadenziali di proposizione.
In buona sostanza, questo primo arresto giurisprudenziale, per la verità estremamente chiaro e giuridicamente impeccabile, ha chiarito che ai fini del rinnovo l'unico adempimento da eseguire era il deposito dell'istanza di cui il punto 12 del Provvedimento.
Si tratta di una sentenza che può interessare tutte le situazioni in cui il contribuente aveva ricevuto - ben prima della modifica normativa - tempestiva dichiarazione di ammissibilità alla procedura di rinnovo e che poi, successivamente, si è visto recapitare un successivo provvedimento di "inefficacia" della medesima dichiarazione di ammissibilità.In questi casi, il contribuente ben potrà proporre ricorso alla Corte di Giustizia tributaria nel termine di sessanta giorni integrandosi la fattispecie prevista dall'art. 19, comma 1, lettera h, del D. Lgs. 546/92 riferita al "diniego o la revoca di age volazioni"
*a cura di Massimo Favuzza , dottore commercialista , Partner 24 Ore e Giorgia Gerolin , avvocato