Civile

Risoluzione del rapporto di lavoro subordinato per mutuo consenso

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a cura della Redazione Lex 24

Lavoro subordinato - Estinzione del rapporto per mutuo consenso - Scadenza del termine apposto illegittimamente - Risoluzione del rapporto per mutuo consenso - Configurabilità - Condizioni - Accertamento della volontà, anche tacita, di porre fine al rapporto - Necessità - Fondamento.
Nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell'illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo.
•Corte di cassazione, sezione Lavoro, sentenza 1 luglio 2015 n. 13535

Lavoro subordinato - Dimissioni - Estinzione del rapporto per mutuo consenso - Comportamenti significativi tenuti dalle parti - Inerzia del lavoratore - Valore di dichiarazione negoziale risolutiva.
Nel giudizio instaurato per la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro a tempo determinato, affinché possa ritenersi risolto il rapporto per mutuo consenso, rileva la mancata offerta della prestazione lavorativa per un periodo la cui valutazione è rimessa al giudice di merito, trattandosi di comportamento socialmente valutabile in modo tipico e oggettivo avente valore di dichiarazione negoziale risolutiva.
•Corte di cassazione, sezione Lavoro, sentenza 13 febbraio 2015 n. 2906

Risoluzione del rapporto - Mutuo consenso - Dimissioni - Facoltà di recesso del lavoratore - Libera disponibilità da parte di quest'ultimo - Clausola apponente limiti all'esercizio di tale facoltà – Liceità.
Il lavoratore subordinato può liberamente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come nell'ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso, che comporti, fuori dell'ipotesi di giusta causa di recesso di cui all'art. 2119 cod. civ., il risarcimento del danno a favore della parte non recedente, conseguente al mancato rispetto del periodo minimo di durata del rapporto; né può prospettarsi, in relazione alle clausole pattizie che regolano l'esercizio della facoltà di recesso dal rapporto di lavoro subordinato, una limitazione della libertà contrattuale del lavoratore, in violazione della tutela assicurata dai principi dell'ordinamento.
•Corte di cassazione, sezione Lavoro, sentenza 25 luglio 2014 n. 17010

Lavoro subordinato - Estinzione del rapporto - Scadenza del termine apposto illegittimamente - Risoluzione del rapporto per mutuo consenso - Configurabilità - Condizioni - Accertamento della volontà di porre fine al rapporto - Necessità.
Nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell'illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, essendo il solo decorso del tempo o la semplice inerzia del lavoratore, successiva alla scadenza del termine, insufficienti a ritenere sussistente la risoluzione per mutuo consenso, costituente pur sempre una manifestazione negoziale, che, seppur tacita, non può essere configurata su un piano esclusivamente oggettivo, in conseguenza della mera cessazione della funzionalità di fatto del rapporto di lavoro.
•Corte di cassazione, sezione Lavoro, sentenza 28 gennaio 2014 n. 1780

Lavoro subordinato - Estinzione del rapporto per mutuo consenso - Comportamenti significativi tenuti dalle parti - Rilevanza - Condizioni - Valutazione degli effetti risolutori rimessa al giudice del merito - Incensurabilità - Limiti.
Il contratto di lavoro può essere dichiarato risolto per mutuo consenso anche in presenza non di dichiarazioni, ma di comportamenti significativi tenuti dalle parti, spettando al giudice del merito la valutazione sulla loro efficacia solutoria, in base ad un apprezzamento che, se congruamente motivato sul piano logico-giuridico, si sottrae a censure in sede di legittimità. In particolare, è suscettibile di essere sussunto nella fattispecie legale di cui all'art. 1372, I comma, cod. civ., il comportamento delle parti che determini la cessazione della funzionalità di fatto del rapporto lavorativo, in base a modalità tali da evidenziare il loro disinteresse alla sua attuazione, trovando siffatta operazione ermeneutica supporto nella crescente valorizzazione, che attualmente si registra nel quadro della teoria e della disciplina dei contratti, del piano “oggettivo” del contratto, a discapito del ruolo e della rilevanza della volontà dei contraenti, intesa come momento psicologico dell'iniziativa contrattuale, con conseguente attribuzione del valore di dichiarazioni negoziali a comportamenti sociali valutati in modo tipico, là dove, nella materia lavoristica, operano, proprio nell'anzidetta prospettiva, principi di settore che non consentono di considerare esistente un rapporto di lavoro senza esecuzione.
•Corte di cassazione, sezione Lavoro, sentenza 5 giugno 2013 n. 14209

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