Ritardo nel “Progetto di vita” del minore disabile, il Comune risarcisce il danno
Lo ha deciso il Tar Reggio Calabria, con la sentenza n. 5 ottobre 2023 n. 748 (Pres. Criscenti, Est. Mazzulla), condannando il municipio a pagare 500 euro a genitore e 1000 alla figlia per il “danno non patrimoniale”
Va riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale patito dai genitori e dal figlio disabile, in conseguenza della mancata risposta alla richiesta di predisporre in favore del minore riconosciuto portatore di “handicap in situazione di gravità” (ex art. 3 comma 3 l. n. 104 del 1992) il cd. “progetto individuale di vita”. Lo ha deciso il Tar Reggio Calabria, con la sentenza n. 5 ottobre 2023 n. 748 (Pres. Criscenti, Est. Mazzulla), condannando il municipio a pagare 500 euro a genitore e 1000 alla figlia per il “danno non patrimoniale” subito.
Secondo l’articolo 14 della legge n. 328 del 2000, infatti, il comune, d’intesa con l’azienda sanitaria locale, deve predisporre, su richiesta dell’interessato, il piano a supporto alla persona che comprende, oltre alla “valutazione diagnostico-funzionale”, le prestazioni di cura e di riabilitazione, il “Piano educativo individualizzato” fatto dalla scuola, i servizi alla persona (in forma diretta o accreditata) con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale.
Una previsione sacrosanta che però rimane lettera morta senza ricevere neppure risposta. Nel caso specifico, infatti, il Municipio non aveva dato riscontro alla nota trasmessa via Pec il 29 gennaio 2022 dalla famiglia che chiedeva la predisposizione del “Progetto Individuale per la persona disabile”, in favore della figlia con deficit dell’attenzione e ritardo nello sviluppo psicomotorio (inerzia giudicata illegittima con sentenza non definitiva n. 110 del 23.01.2023). Va aggiunto, a riprova della distanza dell’amministrazione rispetto alle prescrizioni di legge, che nè il Comune di Reggio Calabria nè l’Azienda sanitaria si sono costituite in giudizio.
Trattandosi di un danno per ritardo nel provvedere, prosegue la decisione, “andrà dimostrato con ragionevole probabilità che l’Amministrazione dovrà accogliere l’istanza del privato, sulla quale non ha provveduto”. Ebbene, continua il Tribunale, nel caso in esame, la dimostrazione si evince non soltanto dall’ampia documentazione medica ma anche e soprattutto dall’accertamento cautelare, già operato dal Tribunale di Reggio Calabria, sezione lavoro, che nel 2019, ha condannato l’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria all’erogazione di 20 ore settimanali di terapia.
Nel caso di violazione dei diritti del minore disabile costituzionalmente garantiti e protetti, afferma il Tar richiamando un precedente, può farsi luogo al risarcimento del danno esistenziale, che è individuabile negli effetti che la diminuzione (anche temporanea) delle ore di assistenza ha sullo sviluppo del disabile in situazione di gravità, in considerazione dell’interruzione del processo di promozione dei suoi bisogni di cura, di istruzione e di partecipazione a fasi di vita “normale”, e quantificabile in via equitativa, trattandosi di nocumenti di natura non economica, ai sensi degli articoli 1226 e 2056 c.c. (conforme Cass. civ., sez. VI, 13 aprile 2022, n. 11930).
Il risarcimento, precisa il Tar, deve però tenere conto del fatto che esso “incide su esistenze, le cui abitudini ed i cui assetti si presentano già gravemente compressi e portatrici di condizioni di forte sofferenza”. Si tratta dunque di un “comportamento negligente che omette di rimuovere – in una situazione che per di più per il soggetto è anche di assolvimento di un obbligo (nella specie quello scolastico) – quei limiti incolpevoli da cui il destinatario, soggetto particolarmente debole in quanto disabile e pure minore d’età, è gravato”.
Viene, quindi, in rilievo il meccanismo probatorio delle presunzioni semplici: “È evidente, infatti – scrive il Collegio -, che trattandosi di un pregiudizio relativo ad un bene immateriale, la prova per presunzioni è non solo ammissibile, ma è invero la prova principale”.
Infine, il quantum. Trattandosi di nocumenti di natura non economica, scrive il Tar, soccorrono gli articoli 1226 e 2056 c.c. legittimanti la liquidazione degli stessi in via equitativa: pari a 500 euro per ciascun genitore e 1.000 euro per il minore che il Comune dovrà pagare per il suo “silenzio” dichiarato illegittimo dal Tar n. 110 del 23.01.2023.
Non è stata invece accolta la richiesta di risarcimento danni da cd. “ritardo mero”, ex articolo 2 bis comma 1 bis, “giacché non risulta che i ricorrenti, a fronte dell’inerzia dell’amministrazione comunale, abbiano preliminarmente fatto ricorso al potere sostitutivo (art. 2 comma 9 bis l. n. 241/90) quale condizione legittimante la risarcibilità del danno in parola”.