Sanzionato l'avvocato assente all'udienza
Per il Cnf, il difensore che non partecipi all'udienza pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante anche se l'assenza non comporti conseguenze negative per il cliente
L'avvocato che si assenta alle udienze pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante e a nulla rileva l'assenza di conseguenze negative per il proprio cliente. Lo ha affermato il Consiglio nazionale Forense, con la sentenza n. 198/2021, pronunciandosi sul ricorso di un legale avverso gli addebiti mossi dal Consiglio distrettuale di disciplina.
La vicenda
La vicenda ha per protagonista un avvocato tratto a giudizio avanti al Cdd di Catania per rispondere di diverse incolpazioni, tra cui: la violazione dell'articolo 9 comma 1 del Codice deontologico forense per "non avere esercitato l'attività professionale con lealtà, correttezza, dignità, decoro, diligenza e competenza non partecipando alle udienze – in difesa del cliente imputato della violazione di cui agli articoli 44 Dpr n. 380/2001 e 18 Dlgs 42/2004 che subiva la condanna alla pena di mesi 5 di arresto e 13mila euro di ammenda oltre alle pene accessorie e non partecipando altresì al processo di secondo grado presso la Corte di Appello di Catania non curandosi di delegare altro professionista e costringendo l'imputato ad una difesa di ufficio".
Nonché la violazione dell'articolo 12 Codice Deontologico per non avere svolto la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando la qualità della prestazione professionale;
All'esito della istruttoria il Cdd condannava il legale per l'incolpazione sopra specificata nonché per la violazione dell'articolo 12 CDF per non avere svolto la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando la qualità della prestazione professionale, prosciogliendolo per le restanti incolpazioni.
La difesa dell'avvocato
L'avvocato, dal canto suo, impugnava la decisione contestando nel merito la fondatezza degli addebiti disciplinari di cui ai residui capi di incolpazione. In relazione alla affermata violazione dell'articolo 9 del Codice Deontologico Forense riteneva, contrariamente alla ricostruzione dell'organo disciplinare, che in realtà per ogni udienza alla quale non aveva potuto partecipare, si era premurato di nominare sostituti processuali i quali – nella vigenza del precedente ordinamento professionale che non prevedeva la delega orale - non avevano per questa ragione potuto qualificarsi come tali.
A sostegno della tesi difensiva rilevava inoltre che la designazione come difensore di ufficio era stata effettuata ai sensi dell'articolo 97 comma 4 c.p.p. e non già dell'articolo 97 comma 1 c.p.p., circostanza che, a suo dire, comprovava che lo stesso Tribunale non aveva ritenuto integrata la condizione di cui all'articolo 105 c.p.p. ovvero l'abbandono di difesa o il rifiuto della difesa di ufficio.
Rappresentava, altresì, di avere interrotto i rapporti con la parte assistita all'esito del giudizio di appello, confermativo della pronuncia di primo grado, e di avere invitato l'imputato a rivolgersi ad altro professionista abilitato al patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori al fine di valutare eventuale ulteriore impugnativa in sede di legittimità, essendo egli privo dell'abilitazione necessaria.
Inadempimento al mandato per assenza all'udienza
Per il CNF, in ordine alla prima doglianza, l'avvocato ricorrente ha torto.
L'argomentazione addotta, scrive infatti il Consiglio, "non può trovare adesione laddove proprio la designazione del difensore di ufficio, avvenuta ai sensi dell'art. 97 comma 4 c.p.p., è circostanza idonea a provare documentalmente che l'avvocato non si sia in realtà preoccupato di delegare validamente un collega della difesa nelle forme di cui all'art. 102 c.p.p. Peraltro la mancata partecipazione alle udienze da parte del ricorrente non era stata sporadica ed occasionale, bensì protratta per l'intero processo di primo grado ed anche nel giudizio di appello, ciò che comprova, al contrario, un totale disinteresse del professionista nella gestione del mandato e la rilevanza deontologica della condotta".
Inoltre, precisa il CNF in massima, "in difetto di una strategia difensiva concordata con il cliente, con relativo onere a carico di chi intenda addurla, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante ex art. 26 cdf (già 38 codice previgente) il difensore di fiducia o d'ufficio che non partecipi all'udienza, a nulla rilevando, peraltro, l'eventuale assenza di concrete conseguenze negative per il proprio assistito giacché ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista, potendo al più comportare un'attenuazione della sanzione disciplinare".
La decisione
Tuttavia, essendo fondato il secondo motivo di gravame, in quanto non essendoci la prova del fatto che la parte assistita avesse cercato il professionista, "l'avvocato, in assenza di elezione di domicilio non avrebbe potuto validamente presentare istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione, essendo la elezione di domicilio, ai sensi dell'art. 677 c.p.p., condizione di ammissibilità della domanda", il motivo di impugnazione va accolto con conseguente rideterminazione della sanzione irrogata.
Per cui, il CNF, in parziale riforma della decisione emessa dal Cdd di Catania, applica in definitiva all'avvocato solo la sanzione dell'avvertimento.