Penale

In "Gazzetta" il Dl scudo penale per i vaccinatori: c'è la norma (che però già delude gli operatori)

Pubblicato sulla Raccolta delle leggi il Dl n. 44 del 2021 che regola la responsabilità degli operatori

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di Aldo Natalini


E' stato pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" n. 79 del 1°aprile 2021 il decreto-legge 1 ° aprile 2021 n. 44 - Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici - che introduce lo scudo penale per i vaccinatori. Ora c’è la norma ,che però è già oggetto di critiche da parte degli operatori. Il provvedimento è in vigore dal 1° aprile 2021 .

L’articolo 3 del Dl 44/2021– nel testo disponibile ancora in bozza – esclude la responsabilità penale del personale medico e sanitario incaricato della somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2/Covid-19, per i delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose commessi nel periodo emergenziale, allorché le vaccinazioni siano effettuate in conformità alle indicazioni contenute nel provvedimento di Autorizzazione all’Immissione in Commercio (Aic, rilasciato dall’Aifa), e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione.

Parallelamente, lo stesso Dl 44/2021 introduce disposizioni volte ad assicurare l’assolvimento dell’obbligo vaccinale da parte dello stesso personale medico e sanitario, prevedendo una dettagliata procedura per la sua operatività e adeguate misure in caso di inottemperanza: dall’assegnazione a diverse mansioni alla sospensione della retribuzione.

Misure di opposto contenuto, dunque, aventi i medesimi destinatari: medici e personale sanitario in genere. Ma c’è già delusione tra i diretti interessati: la Federazione nazionale dei medici chirurghi e odontoiatri, dopo le prime indiscrezioni di stampa sulle bozze in circolazione del Dl, giudica incompleto e insufficiente lo scudo penale per i professionisti e poco incisive le norme sull’obbligo vaccinale“limitandosi alla sospensione, tramite un iter piuttosto farraginoso, dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali”. Per il presidente della FNOMCeo, Filippo Anelli, “i provvedimenti a tutela dell’operato dei professionisti durante il Covid non recepiscono appieno le richieste avanzate dal mondo medico, limitandosi a esimere i vaccinatori dalla punibilità per omicidio colposo e lesioni colpose a seguito della somministrazione del vaccino”. Avevamo auspicato – ha aggiunto – che a condizioni straordinarie corrispondessero interventi straordinari, che sollevassero il medico da atti professionali compiuti in un contesto emergenziale, da medicina delle catastrofi, e con il solo obiettivo di salvare vite. Invece, da queste prime notizie, il provvedimento del Governo sembra riguardare esclusivamente la fase di vaccinazione. Argomento che, se ha fatto molta presa sui media, non preoccupava più di tanto i medici, abituati ad assumersi responsabilità in tutte le campagne vaccinali. Oltretutto, permangono forti dubbi che la punibilità possa essere esclusa laddove non vi siano atti medici propedeutici alla somministrazione del vaccino”.

E anche tra la dottrina penalistica c’è da pronosticare che l’odierna previsione esentativa sarà giudicata inutile da parte di quanti sostengono la presenza all’interno del sistema di “anticorpi” che si attivano proprio in presenza di situazioni non di normalità, ma di emergenza.

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LA NORMA DI RIFERIMENTO

Decreto legge ° aprile 2021 n. 44 recante
Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, i
n materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici (estratto
)

Articolo 3
(Responsabilità sanitaria da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2)

1. Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale
verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la
prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso
della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui
all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la
punibilità è esclusa quando l'uso del vaccino è conforme alle
indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione
all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle
circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della
salute relative alle attività di vaccinazione.

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L’occasio legis emergenziale e la ratio “rassicuratrice”dell’esimente

Nelle ultime settimane, dopo le note vicende collegate alla somministrazione del vaccino Astrazeneca, si è (ri)acceso il dibattito politico sulla necessità di uno “scudo” penale per il personale medico e paramedico: dibattito, stavolta, concentrato sugli effetti indesiderati o sugli eventi avversi correlati all’inoculazione dei vaccini anti-Covid ma che, sin dalla “fase 1” dell’emergenza sanitaria, ha interessato l’operato dei professionisti in genere nel contesto pandemico da medicina “delle catastrofi” in cui hanno agito, specie nelle primissimi mesi di approccio di cura totalmente “off label”.

Finora le proposte normative di “protezione” – che via via hanno interessato anche altre categorie: dai dirigenti scolastici ai datori di lavoro, ritenuti a vario titolo eccessivamente esposti al rischio penale data la diffusione ubiquitaria del virus Sars-Cov-2 – non si sono mai tradotte in legge (i vari emendamenti in tal senso al Dl 17 marzo 2020, n. 18 e al Dl 19 maggio 2020, n. 34 non sono mai stati approvati, e neppure quelli abbinati al Dl 16 luglio 2020 n. 76 ed al Dl 14 agosto 2020, n. 104).  

La legge Gelli-Bianco

Peraltro, non sono mancate neppure voci contrarie nel rilievo che, quanto in particolare all’eventuale responsabilità penale del personale vaccinatore, la legge n. 24/2017 (cosiddetta Gelli-Bianco) sarebbe più che sufficiente a “schermarne” l’operato: lo statuto della responsabilità dei professionisti sanitari (compresi gli odontoiatri, da ultimo resisi disponibili a supportare il piano vaccinale), così come disciplinato dagli artt. 5, 6 e 7 della legge 24/2017, si fonda sul principio – trasfuso nell’articolo 590- sexies nel Codice penale – in base al quale non può considerarsi responsabile chi si sia comportato correttamente ed abbia diligentemente attuato linee guide e buone pratiche assistenziali. Dunque, anche la corretta somministrazione di un vaccino – che altro non è che un’iniezione intramuscolo sul deltoide – non comporterebbe rischi operativi di sorta, mentre eventuali reazioni avverse (ove oggetto di corretta informativa preventiva) non potrebbero essere imputate all’operatore, trattandosi di farmaci autorizzati in via amministrativa.

Ora il Governo, con il varo dell’ultimo Dl Covid, onde non compromettere il buon esito della campagna vaccinale in atto, in vista dell’auspicato obiettivo dell’immunizzazione di massa, si è fatto carico dell’esigenza – segnalata da più parti per contrastare la temuta “epidemia di responsabilità” – di interporre un barrage all’avvio di iniziative giudiziarie inopportune nel rilievo, evidentemente condiviso, che la sola iscrizione della notizia di reato nominativa a carico del personale vaccinatore nel registro delle notizie di reato: (evenienza che, invero, neppure la norma appena approvata potrà mai scongiurare del tutto, NdA), comporta costi (umani ed economici) insostenibili e, comunque, disincentiva. E ciò a prescindere dall’esito del procedimento penale stesso ovvero dell’eventualità – davvero marginale a livello statistico, se non del tutto irrealistica – che l’evento avverso che sia riconosciuto causalmente riconducibile a proprio all’operato dei medici vaccinatori (e non agli effetti collaterali del vaccino inoculato).

Sembra evidente la finalità perseguita dall’esecutivo: non solo orientare l’interprete penale (scongiurando iscrizioni nominative nel Re.ge troppo precoci) ma soprattutto comunicativo: offrire una garanzia di certezza giuridica per rassicurare il personale sanitario coinvolto in prima linea nello svolgimento di un’attività sulla quale sono riposte le maggiori speranze per il contrasto dell’epidemia e il “ritorno alla normalità”.

 

Articolo 3 del Dl Covid feat. Articolo 590-sexies Cp

A livello di tecnica normativa l’esimente di nuovo conio – nel testo allo stato disponibile in bozza – si atteggia a clausola eccezionale, la cui operatività è circoscritta alla fase contingente: non tanto allo stato di emergenza sanitaria in atto quanto, alla campagna vaccinale straordinaria attuativa del Piano vaccini di cui all’articolo 1, comma 457, della legge n. 178/2020.

La norma non ha dunque – dichiaratamente – alcuna velleità di rimodellazione del sistema di responsabilità medica nel contesto dell’emergenza da Covid-19: è norma eccezionale avente natura – verosimilmente – di esimente procedurale circoscritta ad una fase ben precisa.

Per come formulata, la norma-scudo sembra contemplare un automatismo, senza distinguere tra ipotesi di colpa lieve o colpa grave: il rispetto delle indicazioni determina ex se l’esclusione della responsabilità penale (ma non anche di quella civile, che non è affatto considerata).

Rispetto al modello codicistico di cui all’articolo 590-sexies del Cp, le differenze sono consistenti perché mentre quest’ultimo esclude la punibilità – a determinate condizioni (rispetto delle raccomandazioni previste dalle Linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza, delle buone prassi clinico-assistenziali) quando l’evento si sia verificato a causa di imperizia lieve nella fase esecutiva, in questo caso non vi è alcuna valorizzazione del canone di cui all’articolo 2236 c.c. (pure auspicato de iure condendo dall’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale: vedi AIPDP, Il regime di responsabilità penale dell’esercente una professione sanitaria).

L’esclusione dell’ipotesi dolosa, invece, deriva dall’espresso richiamo ai «fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale».

Quanto al novero dei soggetti che beneficeranno della norma-scudo, è limitato al solo personale vaccinatore, come lo si desume dai referenti eziologico-temporali che ne definiscono l’ambito oggettivo («…fatti verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del Piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178…»). Anche da questo punto di vista, dunque, è evidente la “distanza” rispetto alla previsione codicistica, applicabile a tutti gli esercenti la professione sanitaria (quali, segnatamente, quelli che dovessero essere intervenuti nelle fasi antecedenti alla somministrazione del vaccino, nel caso di eventi avversi).

 

Presupposto operativo: l’Autorizzazione al commercio

Il presupposto per l’operatività della norma-scudo è la conformità della condotta «alle indicazioni» contenute in due tipologie di atti aventi diverso valore prescrittivo (oltreché diversa natura) e, quindi, dal contenuto vincolante assai eterogeneo:

1)   il provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio (Aic), di promanazione dell’Aifa, Autorità di farmacovigilanza nazionale.

Si tratta di un provvedimento complesso – e, quindi, di non sempre agevole intellegibilità a fini “cautelari” esimenti che qui rilevano – contenente regole puntuali su aspetti che spaziano dall’uso clinico alla posologia fino alle modalità di somministrazione del medicinale. Tra i vari documenti di cui si compone, vi rientrano il cosiddetto foglietto illustrativo e il riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP), specificamente rivolto al personale sanitario e redatto quindi in vista di un suo utilizzo tecnico-specialistico.

2)   le circolari del ministero della salute, pubblicate sul sito istituzionale, relative all’attività di vaccinazione (tra queste, da ultimo, si annoverano i moduli di consenso informato alla vaccinazione Covid-19, nei quali, da ultimo, si prevede che la presenza del secondo professionista sanitario non sia più indispensabile in caso di vaccinazione in ambulatorio o altro contesto ove operi un singolo medico, al domicilio della persona vaccinanda o in stato di criticità logistico-organizzative: vedi circolare prot. 001246 del 28/03/2021; vedi altresì la circolare recante la nota AIFA sul parere di sospensione e revoca del divieto d’uso del vaccino COVID-19 AstraZeneca).

Le indicazioni contenute nei documenti richiamati potrebbero già costituire – in linea con i principi generali in materia di imputazione soggettiva del fatto – un solido ed esaustivo riferimento per il giudizio di colpa, alla stregua di regole di colpa specifica (così Lazzeri, in Sistema Penale, 1 aprile 2021).

Senonché il grado di (in)determinatezza contenutistica di tale congerie di documenti non sembra assicurare certezze a fini esimenti.

 

Quid iuris in caso di AIC subordinate?

Quanto alla tipologia provvedimentale sub 1), problematica potrebbe essere la portata esimente della previsione in commento nel caso di Autorizzazioni all’immissione in commercio subordinate a condizioni - come verificatasi per il vaccino AstraZeneca - che sono uno degli strumenti previsti dalla legislazione dell’UE per rendere prioritaria la procedura di autorizzazione per la rapida approvazione di trattamenti e vaccini durante situazioni di emergenza per la salute pubblica.

Le AIC subordinate a condizioni consentono di autorizzare i medicinali che rispondono a un’esigenza medica non soddisfatta sulla base di dati meno completi di quelli normalmente richiesti. Ciò accade se il beneficio per il paziente derivante dall’immediata disponibilità di un medicinale o di un vaccino supera il rischio inerente al fatto che non tutti i dati sono ancora disponibili. Tuttavia, i dati devono dimostrare che i benefici del medicinale o del vaccino superano i rischi.

Nel caso di AstraZeneca, una volta rilasciata l’autorizzazione all’immissione in commercio subordinata a condizioni (rispetto di requisiti anagrafici, piuttosto che esclusione di determinate categorie), AstraZeneca dovrà fornire ulteriori dati dagli studi in corso entro termini predefiniti per confermare che i benefici continuano a superare i rischi. L’azienda condurrà inoltre studi volti a fornire garanzie aggiuntive sulla qualità farmaceutica del vaccino in seguito all'aumento della produzione.

 

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