Se la cancelleria boccia la Pec, nuovo deposito con focus sui motivi del rifiuto
La Cassazione, ordinanza n. 15801 depositata oggi, chiarisce che la parte deve concentrare le proprie contestazioni (e allegazioni) sulle ragioni del rifiuto contenute nella quarta Pec, contestandone la fondatezza
Se il deposito telematico, a fronte di un’apparente “regolarità della dinamica comunicatoria”, non si perfeziona perché manca la quarta Pec - vala a dire, l’accettazione finale da parte del cancelliere -, la parte che procede ad un nuovo tempestivo deposito deve contestare unicamente le ragioni del rifiuto indicate dalla cancelleria (con la quarta Pec), e non provare la regolarità dell’intero procedimento. Spetta infatti alla controparte fornire la prova di eventuali diverse contestazioni. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 15801 depositata oggi, affermando un principio di diritto.
La Prima sezione civile ha così accolto il ricorso di una S.c.a.r.l. la cui opposizione allo stato passivo del fallimento di una S.p.A. era stato giudicato tardivo e inammissibile dal Tribunale di Teramo, in quanto sarebbe mancata la prova della validità del primo deposito telematico. Questo perché l’opponente aveva prodotto unicamente un file pdf con la scansione dei quattro messaggi Pec (1. di accettazione; 2. di consegna; 3. di esito positivo dei cd. controlli automatici; 4. di rifiuto della cancelleria) dai quali si poteva evincere soltanto la prova del deposito di un messaggio Pec riferito a un “ricorso generico”, senza poter conoscere il contenuto di quanto depositato, né il registro di cancelleria.
La Cassazione ricorda che il deposito di un atto giudiziario tramite PCT genera quattro distinte Pec di ricevuta: la prima (“ricevuta di accettazione”) attesta che l’invio è stato accettato dal sistema; la seconda (“ricevuta di consegna”) che l’invio è intervenuto con consegna nella casella di posta dell’ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito, che si considera perfezionato in tale momento, con effetto anticipato e provvisorio rispetto all’ultima Pec, e cioè subordinatamente al buon fine dell’intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva; la terza Pec attesta l’esito dei controlli automatici del deposito, sull’indirizzo del mittente, che dev’essere censito in ReGIndE, il formato del messaggio, che dev’essere aderente alle specifiche, e la dimensione del messaggio, che non deve eccedere quella massima consentita (30 MB); la quarta Pec, infine, attesta l’esito del controllo manuale del cancelliere, a seguito della cui accettazione, e solo con essa, si consolida l’effetto provvisorio anticipato dalla seconda ricevuta.
Tornando al caso specifico, risulta che il deposito telematico del primo ricorso, avvenuto il 14 marzo 2016, era stato rifiutato dalla cancelleria il successivo 18 marzo 2016. A quel punto, il creditore ha depositato, al fine di far registrare la tempestività della prima procedura, un ricorso in opposizione in forma cartacea il 30 marzo 2016 offrendo la prova dei quattro messaggi ricevuti dalla cancelleria. Il tribunale, tuttavia, l’ha ritenuto insufficiente in quanto manchevole del deposito dei file dei messaggi Pec e dei relativi allegati informatici.
Un approdo non condiviso dalla Cassazione secondo cui l’iniziativa del depositante diretta a far valere la ritualità della sua prima attività “non lo costringe a dare prova della legittimità dell’intera sua attività, che risulta attestata dall’apparenza della dinamica comunicativa emergente dall’esito delle prime tre Pec, dovendo egli concentrare le proprie contestazioni (e le correlate allegazioni probatorie) su quelli che sono stati i motivi posti a base del rifiuto del deposito dell’atto”.
Sul punto dunque la Suprema corte ha fissato il seguente principio: “Nell’ipotesi in cui la quarta p.e.c. dia esito non favorevole, la parte ha l’onere di attivarsi con immediatezza per rimediare al mancato perfezionamento del deposito telematico; la reazione immediata si sostanzia, alternativamente e secondo i casi, (a) in un nuovo tempestivo deposito, da considerare in continuazione con la precedente attività, previa contestazione delle ragioni del rifiuto; (b) in una tempestiva formulazione dell’istanza di rimessione in termini ove la decadenza si assuma in effetti avvenuta ma per fatto non imputabile alla parte; nel primo caso, a fronte di un’apparente regolarità della dinamica comunicatoria, la parte assolve l’onere di completezza delle proprie deduzioni allegando le ragioni del rifiuto indicate dalla cancelleria all’interno della quarta p.e.c. e contestando la fondatezza delle stesse, mentre spetta alla controparte promuovere e fornire la prova di eventuali contestazioni diverse da quelle che hanno giustificato il rifiuto”.
E allora, il tribunale, constatata la presenza delle quattro ricevute, non poteva pretendere che l’opponente desse prova anche “del contenuto effettivo di quanto depositato”, e, tanto meno, “del registro di cancelleria” , ma doveva verificare se la parte opponente si fosse attivata “quanto più tempestivamente possibile per rimediare al mancato perfezionamento del deposito, in modo da consentire di considerare il nuovo deposito come continuazione della precedente attività, e se le ragioni addotte dalla cancelleria a giustificazione del rifiuto dell’atto potessero ritenersi legittime”.
Giudizio da rifare presso il Tribunale di Teramo in diversa composizione.