Se il Fisco perde la compensazione delle spese di lite va motivata in dettaglio
Lo ha chiarito la Cassazione, con l’ordinanza n. 18799 depositata oggi, accogliendo il ricorso di un contribuente contro la decisione della Commissione tributaria regionale
A fronte della soccombenza dell’amministrazione erariale (con conferma della sentenza di primo grado), la Commissione tributaria regionale non può disporre la compensazione delle spese di secondo grado sulla base dell’apodittico presupposto della “particolarità delle questioni esaminate”. Senza dunque fornire, ulteriori specificazioni al riguardo. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 18799 depositata oggi, che ha accolto il ricorso del contribuente contro l’Agenzia delle Entrate. Per la Sezione tributaria, infatti, diversamente opinando si arriverebbe alla “obliterazione” dell’art. 92, co. 2, c.p.c., considerata la piena soccombenza dell’Ufficio appellante, così violando il principio generale prescritto dall’art. 91, comma 1, c.p.c.
Il Fisco aveva emesso un avviso di accertamento per 2.110 euro per il maggior reddito asseritamente conseguito nel 2011 (accertato in complessivi 15.227 euro). Il cittadino si era difeso sostenendo che i canoni di affitto non erano stati incassati nel 2011. La C.t.p., nel 2016, ha accolto il ricorso del contribuente. L’Ufficio appellava la decisione e la C.t.r., nel 2021, confermava la sentenza di primo grado, per l’inesistenza della prova dell’incasso delle somme a titolo di canone di locazione (e l’inapplicabilità dell’art. 67 Tuir ai proventi relativi al diritto di superficie di terreno agricolo non edificabile).
Contro questa decisione il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione lamentando l’avvenuta “compensazione delle spese”, nonostante la soccombenza dell’Ufficio, motivata semplicemente con la “particolarità delle questioni”.
La Sezione tributaria ricorda che la compensazione delle spese legali sancita dall’art. 92, comma 2, c.p.c. (nella versione “ratione temporis” applicabile, art. 13, co. 1, Dl n. 132/2014) e richiamata dall’art. 15 del Dlgs n. 546/1992, al di là dell’ipotesi della soccombenza reciproca, fa riferimento ai casi di “assoluta novità della questione trattata” o di “mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”, nonché - a seguito dell’intervento della Corte costituzionale (n. 77/2018) - a quelli in cui sussistano “analoghe gravi ed eccezionali ragioni, da motivare espressamente”.
Pertanto, prosegue la decisione la compensazione delle spese “può trovare applicazione in presenza di una situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso” e di eventuali “gravi ed eccezionali ragioni”, con la conseguenza che la relativa valutazione del giudice di merito “può essere sindacata in sede di legittimità ove esso si sia limitato a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, restando in tal caso violato il precetto di legge e versandosi, se del caso, in presenza di motivazione apparente”.
E allora, tornando al caso in esame, conclude la Cassazione, la C.t.r. è incorsa nel vizio denunciato, laddove, a fronte della soccombenza del Fisco, ha disposto la compensazione affermando la “particolarità delle questioni esaminate” senza però darne alcune giustificazione.