Civile

Secondo la Corte di Cassazione l‘estinzione di un debito mediante “datio in solutum” è assoggettabile a revocatoria

Nota a Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 14 maggio 2024, n. 13227

Con una recente decisione del 14 maggio 2024 n. 13227 la Corte di Cassazione ha offerto importanti precisazioni in materia di azione revocatoria, nella specie promossa dal curatore.

Il caso riguarda una compravendita, posta in essere poco prima della dichiarazione di fallimento di una società, attuata mediante datio in solutum , nello specifico mediante la cessione di beni, con imputazione del prezzo a estinzione di un debito scaduto.

Il principale quesito al quale ha dato riscontro la Corte riguarda il fatto se tale attività sia o meno assoggettabile a revocatoria, in quanto collegata al pagamento di un debito scaduto, che è sottratto all’inefficacia ex art. 2901 comma 3 c.c.

In primo luogo la Corte ha avuto modo di verificare la sussistenza del requisito dell’eventus damni ritenendo corrette le riflessioni della Corte di merito che aveva valorizzato una serie di elementi, tra i quali:

  • (i) il fatto che il prezzo pattuito non era congruo, essendo inferiore alle stime peritali,
  • (ii) che solo due anni prima il bene immobile oggetto della datio in solutum era stato acquistato ad un prezzo notevolmente superiore e che
  • (iii) l’atto di vendita aveva compromesso il patrimonio della società fallita, in quanto il bene era l’unico immobile della società fallita ed era libero da trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli.

In particolare la Corte ha richiamato il principio per cui il requisito oggettivo dell’eventus damni ricorre, non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche qualora determini una variazione anche solo qualitativa del patrimonio che comporta una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito.

La Corte ha poi rilevato che a fronte di un’ipotesi di datio in solutum attuata mediante la cessione di beni con imputazione del prezzo a compensazione di un debito scaduto si ha una modalità anomala di estinzione dell’obbligazione, che è quindi assoggettabile all’azione revocatoria.

E’ infatti esente da tale rimedio solo l’adempimento di un debito scaduto in senso tecnico e non un atto discrezionale, dunque non dovuto, come la predetta cessione, in cui l’estinzione dell’obbligazione è l’effetto finale di un negozio soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto.

In altri termini, la Corte ha ritenuto che, una cosa, sia il pagamento del debito puro e semplice, in quanto tale non soggetto a revocatoria, altra l’estinzione di quel debito tramite datio in solutum , che costituisce invece un negozio diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto ed è dunque soggetto a revocatoria.

In definitiva sono stati affermati i seguenti principi di diritto:

(i) una compravendita comportante una datio in solutum costituisce una modalità anomala di estinzione dell’obbligazione ed è quindi assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore,

(ii) sul presupposto che l’azione revocatoria era stata esercitata a tutela di crediti anteriori alla stipulazione della compravendita, sul curatore fallimentare gravava solo l’onere di dimostrare la consapevolezza in capo al disponente di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori.

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*A cura degli Avv. ti Antonio Martini, partner, Ilaria Canepa e Alessandro Botti, dott.ssa Arianna Trentino – CBA Studio Legale Tributario

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