Separazione: sì all'abuso del diritto se il marito che si lascia vende al padre la casa avuta poi in comodato
I due contratti e la domanda di rilascio solo dopo due anni dalla scadenza "ostacolano" di fatto il diritto dell'ex moglie assegnataria
Può ben essere sintomo di abuso del diritto l'operazione "complessa" con cui un figlio vende al padre la propria abitazione familiare per poi mantenerne l'uso attraverso la concessione in comodato avuta dal genitore, che successivamente pretende il rilascio dell'immobile da parte dell'ex nuora diventata assegnataria in quanto collocataria dei figli. Così la Corte di cassazione, con la sentenza n.26541/2021, ha rinviato al giudice di merito l'esame del tema dell'abuso del diritto, che aveva pretermesso ritenendo che il diritto al rilascio del bene dopo la scadenza indicata nel contratto di comodato stipulato con il figlio fosse la "ragione più liquida" in base alla quale respingere l'opposizione della madre separata al rilascio della casa familiare.
In particolare, secondo la Cassazione l'abuso del diritto era tema sicuramente da valutare in quanto la vendita e la stipula del contratto di comodato sono non solo praticamente contestuali, ma soprattutto realizzati nell'imminenza della separazione personale tra i coniugi. Infatti, il figlio del controricorrente - prima proprietario e poi comodatario del medesimo immobile destinato dall'inizio del matrimonio a casa familiare - aveva trasferito al padre la proprietà del bene subito dopo aver ricevuto la lettera della moglie che apriva la crisi coniugale e pochi giorni prima di aver presentato egli stesso il ricorso per la separazione. Inoltre il padre ormai proprietario della casa familiare assegnata all'ex nuora dai giudici (sia della separazione sia del divorzio) aveva richiesto il rilascio dell'immobile ben due anni dopo la scadenza del contratto di comodato che aveva concluso con il figlio. I giudici di merito hanno ragionato de plano sul diritto formale alla restituzione del bene non solo omettendo la necessaria valutazione della buona fede delle parti avvinte dallo stretto legame parentale (padre-figlio), ma tralasciando del tutto le decisioni del giudice civile in sede di separazione e divorzio e la totale mancata opposizione tanto del marito della ricorrente quanto del suocero.