Famiglia

Separazioni giudiziali con affido, nel 35% dei casi ci sono tracce di violenza

Presentata al Senato l'indagine sulla vittimizzazione secondaria della Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio e la violenza di genere

Nel nostro Paese il 34,7% delle cause giudiziali di separazione con affido presenta indicazioni di violenza domestica mentre siamo in presenza di violenza domestica nel 34,1% dei procedimenti minorili sulla genitorialità e nel 28,8 per cento di violenza diretta su bambini e ragazzi, per l'85% compiuta dai padri. Si tratta di fenomeni per lo più "invisibili", perché non riconosciuti dagli operatori nel corso dei processi. Di più, in queste cause di separazione con figli in cui sono presenti tracce di violenza, nella quasi totalità dei casi (96%) i Tribunali ordinari non acquisiscono i relativi atti e non ne tengono conto anche per decidere sull'affido dei minori, mentre i Tribunali per i minorenni nei casi in cui c'è violenza finiscono con l'affidare i minori nel 54% dei casi alla sola madre, ma anche con incontri liberi con il padre violento. Sono questi in estrema sintesi i dati che emergono dall'ultima indagine della Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio e la violenza di genere - presieduta dal senatrice dem Valeria Valente - dal titolo 'La vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l'affidamento e la responsabilità genitoriale' che è stata approvata all'unanimità il 20 aprile 2022 e viene presentata oggi nella sala Koch di Palazzo Madama, al Senato.
"Questa è una relazione storica - sottolinea la senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione Femminicidio - perché per la prima volta il fenomeno della vittimizzazione secondaria viene indagato e quantificato in modo scientifico e per la prima volta, dati alla mano, si ricostruisce il percorso della violenza contro le donne e i minori nelle aule dei tribunali, anche attraverso i pregiudizi e gli stereotipi di cui sono vittime". "Tengo a sottolineare che molto è stato fatto sia dal legislatore (penso alla riforma del processo civile) che dagli operatori della giustizia (penso alle buone pratiche di molti Tribunali), ma molto resta da fare - prosegue Valente - per dare concreta attuazione alla Convenzione di Istanbul, soprattutto in termini di formazione per riconoscere la violenza ed evitare di penalizzare donne e minori due volte. Per questo il nostro lavoro, approvato all'unanimità, contiene proposte concrete per tutte le istituzioni". .

Cartabia, 'no spazio per teorie infondate come alienazione parentale'
"Non ci può e non ci deve essere spazio per teorie destituite di ogni fondamento scientifico come la sindrome di alienazione parentale, come ho già avuto modo di dire anche in Parlamento citando le ultime pronunce della Corte di Cassazione in linea di continuità con quanto espresso dalla Corte costituzionale". Lo ha ribadito la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, intervenendo in Senato alla presentazione della relazione sulla vittimizzazione secondaria. "Attraverso nuove norme - ha sottolineato la ministra Cartabia - si possono correggere alcuni problemi più macroscopici: ad esempio quando la riforma richiede che 'il consulente del giudice si attenga ai protocolli e alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica senza effettuare valutazioni - leggo dal testo della legge - su caratteristiche e profili di personalità estranee agli stessi'. Questa disposizione è stata scritta per contrastare quello che è già stato denunciato, il ricorso alla sindrome di alienazione parentale". " Per la Guardasigilli, comunque, "le norme, pur necessarie, non bastano, non basteranno. Occorrerà investire sul 'capitale umano', sulla formazione iniziale e permanente di tutti gli operatori. Come diceva Linda Laura Sabbadini 'è una questione culturale' ".
"Il presidente Lattanzi lo sa, ho chiesto alla Scuola Superiore della Magistratura - ha detto la ministra Cartabia - di potenziare l'offerta formativa già esistente sul tema della violenza estendendola, ove possibile, anche ai contenuti extra giuridici, secondo linee guida della Commissione Ue: più formazione, più specializzazione, più apertura a saperi altri, rispetto al diritto".

Veltri (D.i.Re), necessarie norme chiare
"È stato necessario effettuare l'indagine verificando manualmente i fascicoli nei tribunali, per la grande difficoltà a reperire informazioni e dati nei tribunali civili, per i quali - nella relazione - non è evidenziata la necessità di norme chiare e stringenti per il riconoscimento della violenza maschile sulle donne". Lo afferma, in una nota, Antonella Veltri, presidente D.i.Re-Donne in Rete contro la violenza. "Anche per quanto riguarda gli ordini di protezione - aggiunge - non abbiamo visto la richiesta di un rafforzamento, come già evidenziato dal Grevio e non ancora realizzato. Come Rete nazionale antiviolenza, ci preme rilevare che la valutazione del rischio, intesa come elemento di prevenzione, non viene presa in considerazione, nonostante l'esperienza dei centri antiviolenza evidenzi che risulta indispensabile poter intervenire tempestivamente valutando le condizioni di pericolosità. Auspichiamo che questa iniziativa istituzionale possa essere utile nel sollecitare risposte adeguate alle donne anche alla luce della attesa riforma del processo civile. È ormai indispensabile porre fine alle storture che consentono, ad esempio, l'affido condiviso dei figli pur in presenza di situazioni di violenza. C'è necessità di norme chiare e stringenti perché finalmente - conclude - la violenza maschile sulle donne sia riconosciuta anche nei Tribunali civili, per eliminare la tendenza a confondere i conflitti con violenza. C'è tanto da fare, da lavorare".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©