Servitù convenzionale: estensione e modalità di esercizio vanno desunte dal titolo
Nel caso di servitù di fonte convenzionale, la sua estensione e le modalità del suo esercizio vanno desunte necessariamente dal titolo, il quale deve contenere tutti gli elementi atti a individuare il contenuto oggettivo del peso imposto sopra un fondo per l'utilità di altro fondo appartenente a diverso proprietario, restando inefficaci, per detti fini, le clausole cosiddette di stile. Lo chiarisce la sezione I civile della Cassazione con l'ordinanza 322/2019. Ai sensi del combinato disposto degli articoli 1063, 1064 e 1065 del Cc, ove la convenzione manchi di sufficienti indicazioni, divengono operanti i criteri di legge, in forza dei quali il diritto di servitù comprende quanto necessario per farne uso e deve essere esercitato in modo da consentire di soddisfare il bisogno del fondo dominante, senza peraltro impedire al proprietario del fondo servente la realizzazione di opere che non incidano sulla
utilitas essenziale determinata dal titolo.
La Suprema corte di cassazione ha precisato che le pattuizioni contenute nell'atto di acquisto di un'unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti la proprietà esclusiva dei singoli condomini, ovvero relative alle parti condominiali dell'edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunciate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni può essere convenzionalmente limitato soltanto in virtù di negozi che pongano in essere servitù reciproche; ne consegue l'invalidità delle clausole che, con formulazione generica, limitano il diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali, come delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Gli impegni contrattuali di non apportare modifiche di alcun tipo o consistenza nelle unità immobiliari comprese in un più ampio complesso edilizio si spiegano come costitutivi di servitù reciproche, giacché consistenti nell'assoggettare al peso dell'immodificabilità ciascuna porzione di proprietà esclusiva a vantaggio di tutte le altre o delle cose comuni, comportando limitazioni alle facoltà ed ai poteri dominicali, il che rende superfluo l'esame circa il pregiudizio che le modifiche eseguite arrechino all'edificio o a parti di esso.
Cassazione – Sezione II civile – Ordinanza 9 gennaio 2019 n. 322