Sì all’abuso d’ufficio anche per violazione di misure regolamentari
Se permettono di specificare il contenuto di una norma primaria
Anche dopo la riforma dell'abuso d'ufficio la trasgressione di norme regolamentari può conservare rilevanza penale. Lo afferma la Cassazione, Sesta sezione penale, con la sentenza n. 33240, con la quale si sostiene che la violazione di norme contenute in regolamenti può rilevare «nel caso in cui esse, operando quali norme interposte, si risolvano nella specificazione tecnica di un precetto comportamentale già compiutamente definito nella norma primaria e purchè questa sia conforme ai canoni della tipicità e tassatività propri del precetto penale».
Esemplare, a suo modo, il caso approdato sino alla Cassazione, con la dirigente alle politiche sociale di un Comune condannata sia in primo grado sia in appello per avere omesso di astenersi nella procedura di assegnazione di un posto di co.co.co (rinnovato poi due volte) nella quale aveva dichiarato vincitrice una nipote, priva dei titoli richiesti anche dal Regolamento comunale sul punto.
Nel corso del procedimento penale è stata poi approvata la riforma dell'abuso d'ufficio, in vigore dall'estate 2020, con la quale, puntualizzava la difesa nei motivi di ricorso, è stata depenalizzata la violazione di semplici norme regolamentari, prive di forza di legge.
La sentenza, tuttavia, osserva da una parte che è certo necessaria la infrazione di una norma in grado di soddisfare i requisiti di tipicità e tassatività richiesti dal diritto penale. In questi casi è possibile , passo ulteriore, assegnare rilevanza penale alla fonte secondaria, alla disposizione cioè di natura regolamentare che della norma primaria, in grado di dettare le indicazioni di condotta, va a costituire una specificazione tecnica .
Soccorre anche in questo caso la vicenda concreta , alla quale la Cassazione pur alla fine riconoscendo l'avvenuta prescrizione continua ad attribuire rilievo penale. Infatti, la norma violata è costituita dall'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che ha una propria tipicità descrittiva, richiedendo che gli esperti ai quali il Comune può affidare incarichi devono avere una «comprovata specializzazione anche universitaria». E dove la norma secondaria, l'articolo 45 del Regolamento comunale, chiarisce nel dettaglio cosa si deve intendere per specializzazione universitaria.
Inoltre, fa ancora notare la Cassazione, la stessa riforma che pure innegabilmente ha ristretto l'area della rilevanza penale ha però espressamente ritenuto che deve ancora punita la mancata osservanza dell'obbligo di astensione. Obbligo questo che, verificata la condizione di parentela tra la dirigente e la candidata, appare del tutto evidente.
FOCUS Dlgs 231/2001
Rubrica di aggiornamento periodico sulla responsabilità amministrativa delle società e degli enti