Civile

Sì al fallimento anche se il Pm non va in udienza

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di Patrizia Maciocchi

La mancata presenza all’udienza prefallimentare del Pubblico ministero, che ha richiesto di sua iniziativa il fallimento dell’azienda non può essere interpretata come la volontà di rinunciare alla domanda presentata. La Corte di cassazione, con la sentenza 643 depositata ieri, respinge il ricorso di una Srl contro la decisione del Tribunale di dichiarare il fallimento dell’impresa di costruzioni. Una pronuncia adottata , in accoglimento della richiesta del Pm, dopo il voto sfavorevole espresso dalla maggioranza dei creditori sul piano presentato dalla società, che aveva avuto come conseguenza la pronuncia di inammissibilità del concordato. Il passaggio successivo era stata la dichiarazione di fallimento, malgrado la parte pubblica avesse “disertato” le due udienze precedenti la decisione impugnata.

Due i passi falsi commessi dal giudice secondo la difesa della Srl.

Il Tribunale, una volta constatato che il Pm - informato della pendenza della procedura concorsuale minore - non aveva presentato istanza di fallimento nel corso dell’udienza, avrebbe dovuto limitarsi ad affermare l’inammissibilità del concordato bocciato dai creditori, senza preoccuparsi di comunicare alla parte pubblica l’avvenuta fissazione dell’udienza come conseguenza della “fumata nera” del suffragio. Con la comunicazione alla parte pubblica, i giudici avrebbero messo in atto una «indebita provocazione dell’iniziativa del Pm»

Per la Cassazione non è così. La legge fallimentare (articolo 179 comma 1) nel disciplinare la procedura dopo la presa d’atto del mancato raggiungimento delle maggioranze, non lascia dubbi sul fatto che il provvedimento finale - inammissibilità della proposta ed eventuale fallimento - debba essere adottato dopo aver sentito il debitore in camera di consiglio. La norma non prevede nulla invece per quanto riguarda il coinvolgimento del Pm.

Tuttavia anche in assenza di un’esplicita previsione che imponga di avvisare il Pm della fissazione dell’udienza camerale, la comunicazione comunque fatta alla cancelleria trova un suo fondamento nel codice di rito civile (articolo 134, comma 2) perché tesa a fornire informazioni alla parte pubblica. Sgombrato il campo dall’equivoco di aver indebitamente provocato l’iniziativa del Pm, la Cassazione, respinge anche la tesi, secondo la quale l’assenza di quest’ultimo, all’udienza andava interpretata come volontà di rinunciare al procedimento.

I giudici sottolineano che nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, se l’iniziativa è stata assunta dal Pm, per la pronuncia nel merito basta che il ricorso sia stato validamente notificato all’imprenditore. È poi ininfluente la presenza o meno della parte pubblica all’udienza prefallimentare. E l’assenza non può essere intesa come l’intenzione di fare un passo indietro. Una conclusione che estende anche al Pm il principio generale secondo il quale, quando la parte diserta l’udienza conclusiva e non presenta al giudice le sue richieste finali, si deve concludere che sia rimasta ferma nelle sue posizioni iniziali. E non che abbia cambiato idea.

Corte di cassazione – Sentenza 643/2019

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