Penale

Sì al patteggiamento anche se il debito non è stato saldato

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di Giovanni Negri

Non serve l’integrale pagamento del debito tributario per potere avere accesso al patteggiamento. Neppure dopo la riforma del 2015. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 38684 della Terza sezione penale depositata ieri. Con la pronuncia è stato respinto il ricorso presentato dalla Procura generale contro la condanna a 10 mesi di detenzione inflitta dopo patteggiamento per il reato di omesso versamento dell’Iva. La tesi della Procura generale era centrata sull’illegalità della pena inflitta perchè l’applicazione di una pena concordata tra le parti sarebbe esclusa nel caso non sia stato interamente saldato il debito con il Fisco.

La Cassazione arriva però a una conclusione diversa e ci arriva attraverso un ragionamento che fa perno sul rilievo da dare invece all’articolo 13 comma 1 del decreto legislativo n. 74 del 2000 che ammette espressamente come causa di non punibilità per i reati di omesso versamento di ritenute, di omesso versamento Iva e di indebita compensazione, l’estinzione dell’esposizione verso l’Erario attraverso il pagamento integrale di quanto dovuto. Pagamento che dovrà però arrivare prima dell’apertura del dibattimento di primo grado.

Per la linea della Procura generale invece da valorizzare sarebbe quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’articolo 13 bis del medesimo decreto(introdotti nel 2015 per effetto dell’ultima riforma del penale tributario), in base ai quali la condizione per l’applicazione della pena, per tutti i reati fiscali, sarebbe rappresentata dall’intervenuto integrale pagamento del debito, delle sanzioni e degli interessi, oltre che dal ravvedimento operoso.

Per la Cassazione, tuttavia, la coesistenza delle diverse disposizioni, a meno di non volere sostenere una insanabile contraddizione di tutto il sistema, non può che stare a significare, come del resto testimoniava la stessa relazione dell’Ufficio del Massimario all’indomani dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 158 del 2015, che se l’integrale pagamento è logicamente la condizione per la non punibilità, allora il medesimo integrale pagamento non può allo stesso tempo essere condizione per applicare una pena patteggiata.

Per quest’ultima allora non serve il saldo totale del debito. Per essere compresi nel perimetro del patteggiamento dunque potrebbe bastare un pagamento anche solo parziale o, al limite, anche nessun pagamento. «Sicché - conclude la Corte -, in altri termini, o l’imputato provvede entro l’apertura del dibattimento, al pagamento de debito, in tal modo ottenendo la declaratoria di assoluzione, per non punibilità di uno dei reati di cui agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, ovvero non provvede ad alcun pagamento, restando in tal modo logicamente del tutto impregiudicata la possibilità di richiedere e ottenere l’applicazione della pena per i medesimi reati».

E allora non si configura nessuna illegalità delle pena che costituiva invece un necessario presupposto per l’ammissibilità del ricorso del rappresentante della pubblica accusa.

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