Civile

Società di persone, risarcisce il socio recedente che acquisisce per sé il pacchetto clienti

La responsabilità per violazione del divieto di concorrenza non è limitata al periodo tra annuncio ed efficacia del recesso

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di Paola Rossi

Il socio accomandatario che recedendo trasferisce il pacchetto clienti in altra società familiare facente a lui capo viola il divieto di concorrenza e risarcisce il danno a titolo di lucro cessante all'ente. La condotta compiuta durante il periodo tra l'annunciato recesso e la sua efficacia non limita il danno soltanto a tale periodo. In quanto la condotta ha privato la società della chance di proseguire la propria attività a prescindere che il socio recedente fosse l'unico iscritto all'albo professionale che consentiva la stipula del contratto di agenzia assicurativa. Infatti, a fronte dell'annunciato recesso i restanti soci avrebbero potuto dare ingresso a un altro soggetto in possesso del medesimo titolo professionale. Al contrario nella vicenda affrontata il socio accomandatario, nonché amministratore della Sas, aveva disdetto il contratto inducendo la compagnia di assicurazioni a stipularlo ex novo con un'altra società sempre a lui riferibile e acquisendo lo spostamento dell'intero pacchetto clienti.

La Corte di cassazione - con la sentenza n. 23010/2023 - ha accolto il ricorso dell'altro socio e in nome dell'ente contro l'accomandatario che era receduto e aveva di fatto indotto la compagnia di assicurazioni ha concludere il contratto di agenzia ancora in essere al momento dell'annunciato recesso e a stipularne uno nuovo di contenuto identico con altra società a quest'ultimo appartenente.

I giudici di legittimità hanno appurato la sussistenza della violazione del divieto di concorrenza previsto dall'articolo 2301 del Codice civile senza riconoscere alcuna scusante nella circostanza che la compagine sociale fosse priva di altre figure professionali iscritte all'albo degli agenti assicurativi.

La Cassazione annulla perciò la decisione di appello che aveva riconosciuto il danno anticoncorrenziale, ma solo per il periodo di un anno coincidente con il tempo trascorso tra l'annuncio della scelta di recedere e l'efficacia del recesso stesso. Il danno andava individuato secondo i giudici di appello nella differenza tra i mancati introiti e i costi non sostenuti. Ossia una quantificazione limitata senza tener conto dell'ostacolo posto alla sopravvivenza della società al di là del recesso del professionista amministratore e socio accomandatario. Ciò che di fatto costituisce il lucro cessante per l'ente vittima del comportamento infedele - rectius anticoncorrenziale - del socio recedente.

Ai fini della decisione del giudice del rinvio la Cassazione detta un esplicito principio per la soluzione definitiva della controversia: "Ai sensi dell'articolo 2301 del Codice civile, integra attività di concorrenza illecita, rilevante ai fini dell'azione di responsabilità per i danni cagionati alla società, la condotta dell'accomandatario di una società di persone titolare di rapporto di agenzia di assicurazioni, allorché egli, dopo aver disdetto a nome della società il contratto di agenzia da essa intrattenuto, lo abbia poi assunto in proprio, procurando il trasferimento del portafoglio in capo ad una nuova società a lui riferibile, senza che il legittimo recesso dell'unico accomandatario, titolare del requisito della iscrizione all'albo degli agenti di assicurazione, possa in sé escludere l'esistenza di un danno, solo perché valido ed efficace; la quantificazione del danno, così cagionato, va accertata dal giudice del merito, anche a mezzo di Ctu, secondo i metodi di valutazione del reddito aziendale prospettico, tenuto conto della differenza fra l'ammontare complessivo dei mancati ricavi e quello dei costi non sostenuti, che la società avrebbe conseguito o sopportato, in mancanza della condotta di illecita concorrenza».

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