Civile

Società, sanzioni per violazioni tributarie: sì al concorso del terzo nella condotta illecita

La Cassazione, sentenza n. 23229 depositata oggi, con un principio di diritto ha chiarito che l’applicazione della sanzione alla sola società dotata di personalità giuridica non esclude il concorso del terzo nella condotta illecita

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di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenza n. 23229 depositata oggi, con una innovativa sentenza, apre al concorso del Terzo, nel caso legale rappresentate di una srl, nella condotta illecita di una società sanzionata per la violazione di norme fiscali. La Sezione tributaria ha così accolto il ricorso del Fisco contro la decisione della Ctr Lombardia secondo la quale, invece, l’articolo 7 del Dl 30 settembre 2003, n. 269, nel prevedere l’imputazione delle sanzioni amministrative, relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica, esclusivamente a carico della compagine sociale, impedisce la comminazione di sanzioni nei confronti “di altri soggetti e quindi dei consulenti, nonché degli amministratori o dipendenti di altre persone giuridiche”.

La Suprema corte, al termine di un complesso ragionamento, con un principio di diritto, ha affermato che “in tema di sanzioni amministrative relative al rapporto tributario, la ratio che giustifica ai sensi dell’art. 7, Dl n. 269 del 2003 (convertito con modificazioni in l. n. 326 del 2003) l’applicazione della sanzione alla sola società dotata di personalità giuridica non esclude il concorso del terzo nella condotta illecita, quando essa si concretizzi in una compartecipazione interessata e autonoma al perseguimento di finalità illecite, con conseguente applicazione nei suoi confronti dell’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997”.

Il caso era quello di una maxi-frode erariale nell’ambito dell’Expo di Milano, attuata mediante un consorzio e alcune società cooperative, appositamente costituite per conseguire vantaggi economici attraverso condotte illecite, sul piano fiscale e contributivo, nello specifico mediante reclutamento di manodopera e un giro di fatture per operazioni inesistenti. L’Agenzia delle entrate aveva evidenziato il “fattivo affiancamento” di professionisti, quali commercialisti, consulenti del lavoro e di società di elaborazione dati, tra cui, anche una srl, la cui legale rappresentante – attuale convenuta - si riteneva avesse conseguito cospicui vantaggi.

Per il Fisco infatti la pronuncia di merito, affermando che soggetto passivo delle sanzioni è la sola società dotata di personalità giuridica (ex articolo 7 del Dl 269 del 2003) sarebbe errata laddove ha escluso il concorso del consulente di società di capitali (regolato dall’articolo 9 del Dlgs n. 472 del 1997). E la Sezione tributaria gli ha dato ragione.

Per i giudici di legittimità è necessario vagliare se l’area applicativa degli articoli 7 del Dl n. 269 del 2003 e 9 del Dlgs n. 472 del 1997 possa ritenersi unica, e dunque sovrapponibile, oppure no. Ad essere corretta è la seconda risposta. Infatti, una cosa è l’identificazione del soggetto giuridico cui indirizzare la sanzione; altro è invece constatare che alla consumazione dell’illecito possa partecipare un soggetto oppure una pluralità di soggetti, che pertanto rispetto alla commissione di una violazione si trovino in posizione concorrenziale. Si tratta di due aspetti ontologicamente distinti – spiega la Corte -, perché il primo afferisce alla relazione tra società e suoi organi, il secondo all’unità o pluralità di soggetti, la cui condotta illecita abbia concorso al compimento dell’illecito. Al primo aspetto è rivolta la regola dell’articolo 7 cit., al secondo la regola dell’articolo 9 citato. L’illecito fiscale cioè, al pari di quello penale, può avere un autore, oppure una pluralità di autori, intendendosi per tali ciascun soggetto giuridicamente individuabile nella sua unitarietà.

La società dotata di personalità giuridica – continua la Cassazione - emerge nella sua “unicità” e, per la regola introdotta dall’articolo 7 del Dl n. 269 del 2003, essa è l’unica imputabile per essere venuta meno, a certe condizioni, la solidale responsabilità, già regolata dall’articolo 11 del Dlgs n. 472 del 1997. Ma la condotta illecita può essere il frutto di un concorso di condotte plurisoggettive, e a tal fine la regola che ne presiede la disciplina non va cercata nell’articolo 7, bensì nell’articolo 9. Quest’ultima norma non riguarda dunque il rapporto tra “società e suo amministratore”, ma solo il concorso con altri soggetti nel compimento dell’illecito, che dunque devono essere soggetti estranei alla compagine sociale, trovando altrimenti applicazione le regole d’imputazione del solo articolo 7 citato.

E allora, prosegue il ragionamento, escludere il concorso di più soggetti nella commissione di un illecito fiscale vorrebbe dire escludere la pluralità di autori di un illecito, che costituisce principio irrinunciabile nella teoria dell’illecito, anche fiscale, e al quale non era di certo preposto l’articolo 7 cit., rivelandosi altrimenti irragionevole rispetto al diverso trattamento di enti privi di personalità giuridica, oppure di persone fisiche, parimenti soggetti d’imposta.

Il concorso, precisa la decisione, deve afferire ad un soggetto terzo, a sua volta autonomo centro di imputazione di interessi, a cui sia addebitabile il comune interesse nella condotta illecita, per il perseguimento di suoi “specifici” vantaggi, distinti cioè da quelli della società contribuente. Diversamente, la fattispecie deve necessariamente ricondursi nell’alveo dell’articolo 7 del Dl 269 del 2003.

Non solo, il terzo, consulente o altro, non si deve porre rispetto alla società come soggetto esercente le sue tipiche attività, ma, anche tradendo il suo codice deontologico, rivestire altri ruoli, ad esempio di “suggeritore interessato”, curando operazioni finalizzate a raggiungere obiettivi illeciti o elusivi, oppure occupando la posizione del mediatore o ancora ideatore di operazioni complesse, elusive oppure evasive.

Tornando al caso concreto, la Cassazione conclude che la Ctr ha errato perchè senza soffermarsi sulla condotta concretamente addebitata dall’Amministrazione finanziaria alla legale rappresentante della società, ha escluso la sua assoggettabilità alle sanzioni, invocando una interpretazione giuridica dell’articolo 7 del Dl 269 del 1997, di fatto abrogatrice dell’articolo 9 cit. per tutte le ipotesi in cui la condotta del terzo si relazioni alla condotta illecita di società dotata di personalità giuridica, configurando una sua “compartecipazione” interessata ed autonoma alla condotta medesima.

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