Sovraindebitamento, i coniugi possono presentare un’unica istanza di liquidazione controllata
Lo ha chiarito il Tribunale di Verona, in applicazione delle nuove norme previste dal Codice della crisi
Nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento, i coniugi possono presentare un’unica istanza di liquidazione controllata anche se le procedure di liquidazione restano distinte. Lo ha chiarito il Tribunale di Verona con una sentenza del 5 ottobre 2022 che ha aperto una procedura di liquidazione controllata proposta da un imprenditore.
In primo luogo, il Tribunale ha affermato che, facendo applicazione della disciplina del procedimento unitario, dalla lettura degli articoli 40 e 41 Codice della crisi emerge come non sia necessaria un’udienza di comparizione delle parti, e ciò in continuità all’orientamento giurisprudenziale formatosi in relazione all’articolo 14 della legge fallimentare secondo cui il procedimento promosso dal debitore diviene contenzioso in senso proprio, e richiede, quindi, la convocazione delle parti, solo nell’ipotesi in cui siano individuabili specifici contraddittori.
In secondo luogo, il Tribunale ha affermato la possibilità di presentare un’istanza di liquidazione controllata da parti di due coniugi sotto la declinazione di procedura familiare, ai sensi dell’articolo 66 Codice della crisi, poiché la previsione che la regola è oggi collocata nel Codice della crisi tra le disposizioni di carattere generale in tema di sovraindebitamento che, come chiarito dal disposto dell’art 65, comma 1, Codice della crisi, comprendono non solo il concordato minore e la ristrutturazione dei debiti del consumatore, ma anche la liquidazione controllata del soggetto sovraindebitato.
Al contempo, il tribunale ha precisato che, pur avendo i ricorrenti proposto un unico ricorso, devono essere aperte due distinte procedure di liquidazione, una per ciascun coniuge, poiché devono essere tenute necessariamente distinte le masse attive e passive di pertinenza di ciascun ricorrente ai fini del soddisfacimento dei creditori dei due debitori.
Da ultimo, in relazione alla durata della procedura di liquidazione controllata, in assenza dell’indicazione del termine di durata di 4 anni, come invece previsto dalla legge 3/2012, il Tribunale ha affermato che la durata dipende dal tempo richiesto per la liquidazione dei beni, con la conseguenza essa non può essere chiusa finché vi siano dei beni da liquidare ovvero che i creditori concorsuali non siano già stati soddisfatti. Ne consegue che anche l’apprensione di quote di reddito/pensione del debitore rientra nella nozione di “liquidazione dei beni”, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente già affermatosi.
A parere del Tribunale, il Codice della crisi ha introdotto la possibilità per il debitore di ottenere l’esdebitazione, trascorsi tre anni dall’apertura della procedura, ferma restando la prosecuzione della procedura fino al termine delle operazioni di liquidazione dei beni oggetto della stessa, con la conseguenza che, una volta dichiarata l’esdebitazione, la liquidazione non può proseguire per l’acquisizione di beni futuri, come le quote di reddito non ancora maturate in quel momento laddove già liquidato ogni bene acquisito dalla procedura.