Stop alla «Pas»: i giudici anticipano la riforma civile
Il disegno di legge delega prevede di usare solo teorie validate dalla comunità scientifica
Stop all’utilizzo nei tribunali di teorie non riconosciute dalla comunità scientifica, come la sindrome dell’alienazione parentale (Pas). Lo prevede uno dei principi di delega contenuti nel disegno di legge di riforma del processo civile, approvato dal Senato e ora in attesa di iniziare l’esame alla Camera. Ma a mettere un argine all’adesione a questa controversa teoria è già stata a più riprese la Cassazione.
I principi della giurisprudenza
Lo ha ricordato da ultimo l’ordinanza 25339 del 20 settembre 2021, in cui la Suprema corte ha richiamato la sua precedente giurisprudenza: va esclusa «la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare». Per questo, se un genitore denuncia comportamenti dell’altro genitore di allontamento morale e materiale del figlio da sé, indicativi di una sindrome di alienazione parentale (Pas), per arrivare a modificare le modalità di affidamento, il giudice di merito deve accertare «la veridicità» di questi comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, e motivare in modo adeguato la decisione, «a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e sana».
La decisione
Sulla base di questi principi, la Cassazione, con l’ordinanza 25339/2o21 ha confermato il provvedimento della Corte d’appello di Venezia che aveva ribadito l’affidamento esclusivo di un minore al padre, alla luce «dell’ostinazione» con la quale la madre, disattendendo le indicazioni del Ctu e dei servizi sociali, aveva rifiutato di consentire, anche all’altro genitore, di mantenere un rapporto con il figlio.
Contro la pronuncia dei giudici territoriali aveva fatto ricorso la madre, affermando che la Corte d’appello avrebbe deciso aderendo acriticamente alla Ctu senza pronunciarsi sulle sue difese in merito all’erronea diagnosi di Pas e alla sua infondatezza scientifica; e che la Ctu utilizzata sarebbe in contrasto con alcuni principi della scienza medica dato che i giudici di merito avevano trascurato varie denunce per violenza presentate nei confronti del padre del minore, avevano “stravolto” le finalità della Ctu per aver attribuito rilevanza al «genitore che favorisce l’accesso all’altro» senza tener conto dei diritti primari del figlio e avevano «utilizzato costrutti non fondati scientificamente, come il conflitto di lealtà e di alienazione parentale».
Ma la Cassazione non ha accolto il ricorso: «Il giudice territoriale - si legge nella pronuncia - ha fondato la propria decisione sul contenuto della Ctu, i cui punti salienti non sono censurabili in questa sede». Anzi: «Nel caso concreto, il contenuto e le conclusioni della Ctu sono chiari circa la ritenuta carenza delle capacità genitoriali della ricorrente». Hanno infatti messo in luce il rapporto conflittuale tra la madre e l’ex partner e il fatto che in alcune occasioni la donna abbia cercato di ostacolare le visite del padre al figlio, la mancata collaborazione con il Ctu e con i servizi sociali e la non osservanza dei disposti del giudice.
Tanto che per la Cassazione «la Corte d’appello ha pronunciato senza uno specifico o aprioristico riferimento alla sindrome di alienazione genitoriale, ma ha dettagliatamente argomentato da una complessiva e persistente condotta della ricorrente ritenuta lesiva del principio di bigenitorialità» e constatato «l’atteggiamento ostinato della madre volto a impedire all’altro genitore l’accesso al figlio».
La riforma
È in linea con queste conclusioni il principio di delega contenuto nella riforma civile per cui «il consulente del giudice eventualmente nominato si attiene ai protocolli e alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica senza effettuare valutazioni su caratteristiche e profili di personalità estranee agli stessi».
Si tratta, appunto, di una delega: dopo l’approvazione definitiva dovrà essere attuata dai decreti legislativi che il Governo è incaricato di emanare entro un anno.
I punti chiave
La Cassazione, con la sentenza 6919 del 2016, ha affermato che l’assenza di collaborazione tra i genitori in conflitto e, talora, l’atteggiamento ostile (da dimostrare nel caso concreto) del genitore collocatario nei confronti dell’altro genitore, che impedisca di fatto al minore di frequentarlo, comporta una grave violazione del diritto del figlio al rispetto della vita familiare e non dispensa le autorità nazionali, dall’obbligo di ricercare ogni mezzo efficace al fine di garantire il diritto del minore di frequentare, adeguatamente e tempestivamente, entrambi i genitori.
Inoltre, sempre per la Cassazione (sentenza 13274 del 16 maggio 2019), il giudizio prognostico che il giudice deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella situazione determinata dalla fine dell’unione va formulato tenendo conto del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, delle loro personalità e consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che sono in grado di offrire al minore, fermo restando in ogni caso il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendere come presenza comune dei genitori nella vita del figlio.
Infine, la sentenza 25339 del 20 settembre 2021 della Cassazione ha confermata la pronuncia con cui la Corte d’appello ha riconosciuto l’affidamento esclusivo del minore al padre non sulla base di uno specifico o aprioristico riferimento alla sindrome dell’alienazione parentale, ma argomentando in modo dettagliato da una complessiva e persistente condotta della madre ritenuta lesiva del principio di bigenitorialità per il suo atteggiamento ostinato volto a impedire al padre l’accesso al figlio.
Nella riforma del processo civile si prevede che il consulente del giudice eventualmente nominato si deve attenere ai protocolli e alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica, senza effettuare valutazioni su caratteristiche e profili di personalità estranee agli stessi. Il disegno di legge delega è già stato approvato dal Senato ed entro fine ottobre dovrebbe essere votato anche dalla Camera. Dopo l’approvazione finale, la delega dovrà essere attuata dai decreti legislativi che il Governo è incaricato di emanare entro un anno.