Amministrativo

Subappalto necessario: l'indicazione dell'impresa non è indispensabile in sede di offerta

di Giulia Laddaga

Dopo le altalenanti posizioni della giurisprudenza in tema di subappalto necessario, recentemente anche in contrasto con la posizione dell'Anac, finalmente è arrivata la decisione dell'Adunanza Plenaria in materia. In sede di offerta, non è necessaria l'indicazione nominativa dell'impresa subappaltatrice, qualora la concorrente sia sprovvista del requisito di qualificazione per alcune categorie scorporabili e abbia manifestato l'intenzione di subappaltare le relative lavorazioni. Questo il principio affermato dal Supremo Consesso nella decisione n. 9 dello scorso 2 novembre, che ha così superato il contrasto giurisprudenziale registrato dalla Quarta Sezione rimettente.

La rimessione all'Adunanza Plenaria - Secondo un primo maggioritario orientamento, ai fini della partecipazione alla procedura, è necessaria la dimostrazione della qualificazione per tutte le lavorazioni, compresa l'indicazione del nominativo del subappaltatore. Ciò già nella fase dell'offerta, in modo da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso di tutti i requisiti di capacità richiesti per l'esecuzione dell'appalto.
Un secondo e minoritario orientamento esclude invece che, ai fini della partecipazione alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell'esecuzione dell'appalto), e quindi impone il solo obbligo di indicazione delle lavorazioni che il concorrente intende affidare in subappalto, ma non anche del nome dell'impresa subappaltatrice.

Il quadro normativo - L'articolo 92, commi 1 e 3, del Dpr 207/2010 sui requisiti di partecipazione alla gara, stabilisce che, ai predetti fini, è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente quando il concorrente, singolo o associato, non la possieda anche per le categorie scorporabili, purché per l'importo totale dei lavori. Il combinato disposto degli articoli 92, comma 7 e 109, comma 2, del Dpr 207/2010 e 37, comma 11, del Dlgs 1163/2006 chiarisce, poi, che il concorrente che non possiede la qualificazione per le opere scorporabili cosiddette a qualificazione necessaria non può eseguire direttamente le relative lavorazioni, ma le deve subappaltare a un'impresa provvista della relativa, indispensabile, qualificazione.
L'articolo 118 del Codice dei contratto si occupa di definire le modalità e le condizioni per il valido affidamento delle lavorazioni in subappalto e prevede che all'atto dell'offerta siano indicati (solo) i lavori che il concorrente intende subappaltare e che l'affidatario depositi, poi, il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di inizio delle relative lavorazioni.

Dalle citate norme si desumono alcuni chiari e logici principi:
a) per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l'importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili;
b) se le lavorazioni relative alle opere scorporabili a qualificazione necessaria non possono essere eseguite direttamente dall'affidatario, perchè sprovvisto della relativa qualificazione, si deve necessariamente ricorrere al subappalto per l'esecuzione delle relative lavorazioni a imprese provviste di qualificazione;
c) la validità e l'efficacia del subappalto postula, quali condizioni indefettibili, che il concorrente abbia indicato nella fase dell'offerta le lavorazioni che intende subappaltare e che abbia, poi, trasmesso alla stazione appaltante il contratto di subappalto almeno venti giorni prima dell'inizio dei lavori subappaltati;
d) il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell'appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), con la conseguenza che il suo mancato funzionamento dev'essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice (tra le quali, ad esempio, l'incameramento della cauzione).
Pertanto, da tutte le norme citate, non può farsi derivare un obbligo non espressamente prescritto: l'indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all'atto dell'offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell'esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile il loro subappalto a un'impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come “subappalto necessario”).

Le argomentazioni dell'Adunanza Plenaria - L'avallo della tesi maggioritaria da parte dell'Adunanza Plenaria trova fondamento, in un «apparato regolativo compiuto, coerente, logico e, soprattutto, privo di aporie, antinomie o lacune», che, pertanto, non può ammettere opzioni ermeneutiche additive, analogiche, sistematiche o estensive che si tradurrebbero nell'introduzione di una regola non scritta.
La correttezza di tale soluzione è peraltro avvalorata da ulteriori e diversi argomenti.
La precedente Legge Merloni, prevedeva espressamente l'obbligo dell'indicazione, già nella fase dell'offerta, di una rosa di imprese subappaltatrici, entro le quali avrebbe poi dovuto essere scelta quella affidataria delle lavorazioni subappaltate. La successiva abrogazione di tale previsione, nonché la mancata reintroduzione, implica, secondo l'Adunanza. la chiara ed univoca volontà del legislatore del 2006.
Inoltre, l'Avcp prima e l'Anac poi hanno ripetutamente affermato il principio dell'obbligatorietà della sola indicazione delle lavorazioni che si intendono affidare in subappalto e contestualmente hanno escluso l'obbligatorietà dell'indicazione nominativa del subappaltatore, approvando gli schemi dei bandi in coerenza con tali enunciazioni.
Alla stessa conclusione deve giungersi esaminando le direttive europee, dalle quali emerge l'assenza di un vincolo europeo all'introduzione dell'obbligo in discussione, in mancanza del quale resta precluso all'interprete il suo riconoscimento.
Allo stesso modo, anche il rigetto della tesi non condivisa dall'Adunanza Plenaria sembra essere supportata da ulteriori argomenti.
In primo luogo, l'obbligatorietà dell'indicazione del nominativo del subappaltatore non potrebbe essere accettata perché si tradurrebbe in un'eterointegraizone del bando, e diverrebbe una clausola espulsiva atipica, in palese spregio del principio di tassatività delle cause di esclusione.
Inoltre, un tale obbligo produrrebbe un effetto distorsivo, in quanto creerebbe confusione tra avvalimento e subappalto nella misura in cui il rapporto con l'impresa subappaltatrice sarebbe anticipato alla fase della gara, anziché in quella dell'esecuzione dell'appalto, così assimilando i due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse.

Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria – Sentenza 2 novembre 2015 n. 9

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