Responsabilità

Suscettibili di sequestro preventivo i crediti dei terzi cessionari maturati per gli interventi del cd. "Superbonus"

Sono suscettibili di sequestro preventivo impeditivo, in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, i crediti dei terzi cessionari, di cui all'art. 121, comma 1, lett. b), d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (oggetto del cd. "superbonus" 110%), posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato. 

di Elia Cascone* 


*ESTRATTO da "Responsabilità e Risarcimento - Il Mensile", 2 gennaio 2023, n. 20 - p. 4 - Commento a cura dell' Avv. Elia Cascone 

Corte di Cassazione, pen., sez. III, sentenza 28 ottobre 2022 n. 40865


Sono suscettibili di sequestro preventivo impeditivo, in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, i crediti dei terzi cessionari, di cui all'art. 121, comma 1, lett. b), d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (oggetto del cd. "superbonus" 110%), posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato. 
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Inquadramento giuridico e normativo


Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, Sez. 3^, si è pronunciata sulla fattispecie di sequestro impeditivo ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen., e sulla sua ammissibilità in relazione ai crediti ceduti a terzi in forza del c.d. ‘‘superbonus'' previsto dall'art. 121, del d.l. n. 34 del 2020, conv. con modd. in L. n. 77 del 2020, c.d. decreto rilancio. 
Con riferimento alla fattispecie di sequestro preventivo impeditivo, occorre anzitutto premettere che lo stesso è misura cautelare reale e può essere disposto quando "la libera disponibilità della cosa pertinente al reato può aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati". Proprio per la sua finalità, possono essere oggetto del sequestro preventivo anche beni nella disponibilità di terzi non indagati; e ciò in quanto, diversamente opinando, sarebbe precluso il soddisfacimento delle esigenze di prevenzione che impongono l'adozione della misura cautelare (Cass., 27 febbraio 1997, Cinque, C.E.D. Cass., n. 2084463).

Nel caso in esame, la questione attiene alla possibilità di procedere al sequestro impeditivo dei crediti del terzo cessionario, in buona fede ed estraneo al reato, collegati alla misura del cd. superbonus. La questione muove dalle disposizioni del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 recante "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19", che riconosce alcune detrazioni fiscali per determinati interventi edilizi. 

In particolare l'art. 121, d.l. 19 maggio 2020 n. 34, disciplina le opzioni concesse al beneficiario della detrazione, e stabilisce che i soggetti che sostengono spese per determinati interventi - di recupero del patrimonio edilizio, di efficienza energetica, di adozione di misure antisismiche, di recupero o restauro della facciata di edifici esistenti, di installazione di impianti fotovoltaici, di installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche -, negli anni di riferimento, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente per:
1) il cd. sconto in fattura;
2) la cessione di un credito d'imposta, di pari ammontare, ad altri soggetti;
b) la compensazione con debiti erariali.


Vi è, quindi, un collegamento diretto tra la detrazione originariamente riconosciuta e i crediti di imposta ceduti a terzi. Gli stessi crediti, infatti, derivano dal diritto alla detrazione di imposta spettante al committente delle opere e costituiscono cose pertinenti al reato; a nulla rileva la condizione soggettiva di detti terzi, in conformità alle norme processualpenalistiche, che non risultano derogate dalla disciplina in oggetto.

Il sequestro preventivo, non finalizzato alla confisca, implica, infatti, l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all'illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all'art. 321, comma 1, cod. proc. pen. È in questo contesto che si sviluppa la vicenda in esame.

I fatti di causa

La Corte di Cassazione Penale, Sez. 3^, con sentenza n.40865, pubblicata in data 28 ottobre 2022, si è occupata del sequestro preventivo impeditivo, in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, dei crediti dei terzi cessionari, maturati per gli interventi del cd. "superbonus". La vicenda trae origine dall'ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli del 21.02.2022, che confermava l'ordinanza del Gip del Tribunale di Napoli del 18.01.2022 di sequestro impeditivo ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen., emesso nei confronti di alcuni soggetti accusati di aver beneficiato indebitamente del c.d. superbonus previsto dal d.l. n. 34 del 2020, conv. con modd. in L. n. 77 del 2020, c.d. decreto rilancio.

Nell'ordinanza si disponeva il sequestro impeditivo a seguito di più delitti di truffa, evasione fiscale e falso al fine di beneficiare indebitamente del c.d. superbonus, nonché dei reati di truffa aggravata ai danni dello Stato, emissione di fatture per operazioni inesistenti ed indebita compensazione tentata, nei confronti del [omissis], qui ricorrente, era legale rappresentante. Il Tribunale aveva ritenuto i crediti di imposta, ceduti dal beneficiario della misura del superbonus al Banco [omissis], "pertinenze" dei reati contestati, ovvero profitti del reato di cui all'art. 8, d. Lgs. n. 74 del 2000 "Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti".

Tuttavia, il Tribunale nulla aggiungeva circa la posizione del Banco [omissis] quale terzo in buona fede, che non poteva risalire ai lavori in relazione ai quali era sorto in origine il diritto alla detrazione, poi rinunciato a seguito della cessione del credito. In altri termini, il cessionario del credito d'imposta non poteva conoscere l'origine del proprio credito e, dunque, non poteva effettuare alcun controllo, vedendosi riconosciuto nel proprio cassetto fiscale un importo pari al credito acquistato, da portare in compensazione nei tempi stabiliti dalla legge rispetto a qualsiasi tipologia di debito erariale.

Inoltre, il Banco [omissis] riteneva il suo credito ormai indipendente rispetto all'originaria detrazione fiscale riconosciuta al beneficiario, ritenendo quest'ultima estinta a fronte della costituzione di un nuovo diritto. Pertanto, il signor [omissis] di l.r. del Banco [omissis] proponeva ricorso per Cassazione avverso la citata ordinanza.

Le motivazioni della Corte di Cassazione ...CONTINUA SU
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