Sussiste la calunnia se la falsa incolpazione incide sull’essenza del fatto
Sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia diverso e più grave di quello effettivamente commesso dalla persona incolpata, condizione che si verifica allorché la diversità, incidendo sull'essenza del fatto, riguardi modalità essenziali della sua realizzazione, che ne modifichino l'aspetto strutturale e incidano sulla sua maggiore gravità ovvero sulla sua identificazione. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 9874 del 9 marzo 2016.
Nel caso specifico è stata ravvisata la calunnia nel comportamento dell'imputato che, nel denunciare alcuni Carabinieri di condotte violente e lesive effettivamente commesse nei suoi confronti, aveva peraltro falsamente denunciato anche una condotta diversa posta in essere dagli accusati, ovvero avergli procurato con un pugno l'avulsione di un dente, in termini tali da avere comportato una modifica essenziale della qualificazione giuridica del fatto addebitato agli accusati, segnatamente la ulteriore contestazione del reato di cui all'articolo 583 del Cp, che, invece, era stato accertato essere stato commesso da altri.
Gli altri orientamenti - In termini, di recente, sezione VI, 29 gennaio 2015, Messina. In senso apparentemente diverso, sezione VI, 20 novembre 2006, Zitelli e altro, dove, dopo essersi precisato che sussiste il reato di calunnia anche quando il fatto, oggetto della falsa incolpazione, sia essenzialmente diverso da quello realmente accaduto, ovvero quando al denunciato sia attribuito un reato diverso per titolo e più grave, si è precisato che questa condizione non si realizza allorché la diversità, non incidendo sull'essenza del fatto, comporti soltanto la configurazione di circostanze aggravanti che non ne alterino la gravità oggettiva.
In realtà, non sembra esservi sostanziale contrasto perché tale ultima decisione si riferiva a una fattispecie (quella dell'oltraggio) in relazione alla quale la contestazione di una mera circostanza aggravante della condotta, riguardante modalità secondarie, non aveva comportato modifiche della qualificazione giuridica del fatto: ciò che, invece, si era verificato nel caso qui esaminato dalla Cassazione, laddove la divergenza del racconto aveva riguardato modalità essenziali della condotta, che avevano inciso qualitativamente sulla contestazione del fatto, importando nello specifico alla contestazione delle lesioni gravissime ex articolo 583, comma 2, numero 4, del Cp (sfregio permanente del viso).
Corte di cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 9 marzo 2016 n. 9874