Civile

Tasse vendita per il recesso con mutuo consenso

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di Angelo Busani

Il contratto con il quale le parti contraenti convengono di risolvere un precedente contratto di compravendita immobiliare, tra esse stipulato, è soggetto all’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota propria dei trasferimenti immobiliari e non in misura fissa.

Lo affermano le Entrate nella risposta a interpello 439 del 28 ottobre 2019. La materia affrontata dalla risposta è quella del cosiddetto “mutuo dissenso” o “mutuo consenso risolutivo”, vale a dire l’accordo che provoca la risoluzione di un precedente contratto: nel caso della risoluzione di un contratto a effetti reali, come la compravendita, il mutuo dissenso comporta il ritorno in capo al soggetto alienante della titolarità del diritto che venne trasferito al soggetto acquirente con il contratto poi risolto.

Ci si chiede, dunque, se questa vicenda comporti l’applicazione dell’imposizione propria degli atti traslativi di beni immobili.

Sotto il profilo civilistico, l’opinione tradizionale (che è stata accolta anche in Cassazione: 5065/1993, 6488/1997, 7270/1997, 17503/2005) è nel senso di ritenere l’atto risolutivo come una retrocessione, mentre una tesi più recente, avallata anche dalla Cassazione nella celebre sentenza 20445/2011 (peraltro non menzionata nella risposta 439) è nel senso che le parti del mutuo dissenso non manifestano tanto una volontà di disporre nuovamente, ma solo di porre nel nulla l’originario atto di disposizione (i giuristi esprimono questo concetto parlando di negozio “eliminativo” o “di annientamento”): da questa considerazione discenderebbe l’effetto retroattivo del mutuo dissenso e il suo carattere non traslativo, in quanto il ripristino della titolarità in capo al soggetto cedente sarebbe una mera automatica conseguenza dell’annientamento.

L’Agenzia invece osserva che, ai fini dell’imposta di registro, occorre distinguere (ai sensi dell’articolo 28 del Dpr 131/1986, il testo unico del registro) due ipotesi:

la risoluzione provocata da una clausola risolutiva espressa, contenuta nel contratto poi risolto, o pattuita in un contratto risolutivo stipulato entro il secondo giorno dalla stipula del contratto risolto;

la risoluzione che si verifica in ogni altro caso diverso dai precedenti.

Ebbene, dato che nel primo caso si applica l’imposta proporzionale solo se per la risoluzione è previsto un corrispettivo (il quale funge da base imponibile) mentre nel secondo caso si applica l’imposta in misura proporzionale, il contratto risolutivo rientrerebbe dunque in quest’ultimo ambito. Al riguardo, l’Agenzia menziona, a suo supporto, alcune conformi decisioni della Cassazione (4134/2015, 8032/ 2016, 5745/2018, 24506/2018).

L’Agenzia infine afferma che, per ragioni di diversità di fattispecie, non può applicarsi al caso del mutuo dissenso espresso su un contratto di compravendita immobiliare quanto l’Agenzia stessa ebbe ad argomentare (nella risoluzione 20/14) in ordine al mutuo dissenso verso un contratto di donazione immobiliare: in quell’occasione si disse che «tenuto conto dell’effetto eliminativo che esplica l’atto di risoluzione per mutuo consenso, si ritiene che tale fattispecie non integra il presupposto per l’applicazione della disciplina prevista per i trasferimenti immobiliari». Ora, risolvere una donazione è cosa diversa dal risolvere una compravendita: ma se si concorda sul punto dell’effetto eliminativo (e quindi retroattivo) della risoluzione, non c’è ritrasferimento né nel caso di eliminazione di una donazione né nel caso di eliminazione di una compravendita.

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