Comunitario e Internazionale

Titolarità delle invenzioni realizzate dal dipendente, no alla competenza esclusiva

Secondo i giudici europei, determinare la titolarità di un'invenzione è questione che attiene non tanto all'esistenza o alla validità del titolo brevettuale, quanto all'oggetto dello stesso, con la conseguenza che non sussiste l'esigenza di attribuirne la competenza esclusiva ai giudici che hanno una prossimità materiale e giuridica rispetto al registro

di Barbara Sartori, Giulia Cipriani*

Con sentenza dell'8 settembre scorso (causa C-399-21) , la CGUE si è pronunciata sulla competenza giurisdizionale delle controversie internazionali riguardanti la titolarità delle invenzioni realizzate dal dipendente, affermando l'inapplicabilità ad esse dell' art. 24 del Regolamento Bruxelles 1-bis , che attribuisce le controversie in materia di registrazione e validità di brevetti alla competenza esclusiva dei giudici dello stato membro nel cui territorio è stato rilasciato il brevetto, indipendentemente dal domicilio delle parti.

Secondo i giudici europei, determinare la titolarità di un'invenzione è questione che attiene non tanto all'esistenza o alla validità del titolo brevettuale, quanto all'oggetto dello stesso, con la conseguenza che non sussiste l'esigenza di attribuirne la competenza esclusiva ai giudici che hanno una prossimità materiale e giuridica rispetto al registro: la competenza giurisdizionale in simili controversie segue, quindi, i criteri generali del foro del convenuto, o del foro scelto di comune accordo tra le parti.

Sebbene la pronuncia citata non affronti il tema della legge applicabile, è opportuno rammentare come, nel frequente caso di invenzioni coperte da brevetto europeo, trovi applicazione l'art. 60 della Convenzione sul Brevetto Europeo, ai sensi del quale la titolarità dell'invenzione sviluppata dal dipendente è determinata dalla legge del luogo in cui il soggetto svolge la propria attività principale o, in subordine, dalla legge del luogo in cui ha sede il datore di lavoro.

Più complesso è, invece, lo scenario che si prospetta nel caso in cui l'invenzione del lavoratore venga protetta da brevetto unitario su cui, nel silenzio del Regolamento n. 1257/2012, sussiste una certa opacità.

Laddove, poi, i predetti criteri di collegamento conducano all'applicazione della legge italiana, rileverà la disciplina delineata dagli artt. 64 e 65 del CPI la quale, nell'attribuire i diritti morali e patrimoniali spettanti al lavoratore e al datore di lavoro, distinguono tra invenzioni realizzate nell'esercizio dell'attività lavorativa e quelle invece del tutto occasionali, ma che hanno comunque un'attinenza con l'attività del datore di lavoro, operando un delicato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco: da un lato il legittimo interesse del lavoratore ad essere riconosciuto come inventore; dall'altro lato, l'interesse del datore di lavoro – che sopporta costi e rischio di impresa – di poter sfruttare economicamente i risultati del lavoro del proprio di dipendente – tanto più quando è stato assunto appositamente per inventare.

Il legislatore italiano riconosce al lavoratore i diritti morali sull'opera da lui inventata e assegna invece al datore di lavoro i relativi diritti patrimoniali, in base a meccanismi differenziati.

Nel caso in cui il dipendente sia stato assunto appositamente per inventare e percepisca una retribuzione specifica per detta attività inventiva (invenzione di servizio), il datore di lavoro acquisisce automaticamente i diritti economici sull'invenzione realizzata dal lavoratore, senza necessità di corrispondergli alcuna remunerazione ulteriore.

Diversamente, nel caso in cui il dipendente sviluppi l'invenzione durante lo svolgimento della sua attività lavorativa, senza tuttavia che sia prevista alcuna remunerazione per detta attività (invenzione d'azienda), i diritti patrimoniali sull'invenzione vengono si acquisiti automaticamente dal datore di lavoro ma a fronte del riconoscimento di un equo premio, determinato sulla base dell'importanza dell'invenzione, delle mansioni svolte e della retribuzione percepita dall'inventore, nonché del contributo che questi ha ricevuto dall'organizzazione del datore di lavoro.

Ed ancora, nell'ipotesi in cui l'invenzione sebbene non sia stata sviluppata in esecuzione del rapporto di lavoro, rientri nel campo di attività del datore di lavoro (invenzione occasionale); in tal caso spettano al lavoratore anche i diritti patrimoniali sull'invenzione, ma il datore di lavoro ha il diritto di esercitare l'opzione per l'uso, esclusivo o non esclusivo del brevetto o per il suo acquisto.

Diventa, quindi, essenziale per il datore di lavoro che intenda eliminare eventuali incertezze sulla titolarità delle invenzioni sviluppate dai propri dipendenti, approntare la relativa contrattualistica con approccio strategico, specificando in modo chiaro le mansioni inventive assegnate, la relativa retribuzione e le conseguenze in termini di titolarità dei relativi diritti patrimoniali.

A seguito dell'approvazione del disegno di legge per la revisione del CPI dello scorso aprile, la materia potrebbe essere riformata con riferimento alle invenzioni dei dipendenti delle Università. Coerentemente con le istanze di valorizzazione della ricerca universitaria e ribaltando l'attuale regola che vede i ricercatori universitari acquisire automaticamente la titolarità dei brevetti ivi realizzati, il legislatore intende ora attribuire all'Università i diritti patrimoniali su tutte le invenzioni realizzate dai soggetti che, a vario titolo, hanno un rapporto di lavoro con l'Università.

È auspicabile che il superamento del cd. professor's privilege ed il conseguente potenziamento del ruolo delle Università conduca ad aumentare le occasioni di collaborazione tra queste ultime ed il tessuto imprenditoriale, secondo l'approccio dell'innovazione collaborativa che si è venuto affermando negli ultimi anni e che, in un mercato technology-driven, è destinato ad assumere un ruolo sempre più determinante per la competitività del nostro sistema economico. Per le aziende, pubbliche e private, diviene quindi essenziale acquisire consapevolezza del valore del proprio patrimonio intangibile e mettere in campo specifiche strategie e strumenti, contrattuali e non, per la sua migliore valorizzazione e protezione.

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*A cura dell' Avv. Barbara Sartori, partner e Avv. Giulia Cipriani, Studio CBA

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