Penale

Traffico stupefacenti: non c'è concorso del convivente se è solo consapevole della detenzione

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di Giuseppe Amato


In ordine al reato di detenzione di sostanze stupefacenti rinvenute in un immobile nella proprietà o nel possesso in comune con chi è chiaramente dedito al traffico di stupefacenti, per poter affermare il concorso del comproprietario/codetentore è necessario distinguere da tale ipotesi quella della connivenza non punibile, e, a tal fine, occorre individuare il limite che il godimento comune dell'immobile comporta rispetto al concorso nella detenzione della droga, non essendo configurabile a carico del comproprietario o codetentore alcun obbligo giuridico di impedire l'evento ex articolo 40 del Cp. Questo il principio espresso dalla Cassazione con la sentenza 18015/2019.

In proposito, ha argomentato la Cassazione, è da escludere il concorso, dovendosi ritenere la connivenza non punibile, in ipotesi di semplice comportamento negativo e inerte di colui che si limiti ad assistere passivamente alla perpetrazione del reato e non ne impedisca od ostacoli in vario modo la esecuzione, giacché il solo comportamento omissivo di mancata opposizione alla detenzione in casa di droga da parte di altri non costituisce segno univoco di partecipazione morale.

Per converso, per la configurazione del concorso, occorre un quid pluris rispetto alla mera consapevolezza della detenzione delle sostanze stupefacenti da parte del convivente e, dunque, una volontà di adesione all'altrui attività criminosa, a integrare la quale è sufficiente una qualsiasi forma agevolativa della detenzione, che può manifestarsi nelle modalità più varie, comprendenti anche soltanto l'occultamento e il controllo della droga custodita nell'immobile comune, così da assicurare all'agente una certa sicurezza, ovvero garantendogli, anche implicitamente, una collaborazione su cui questi, in caso di bisogno, può contare, e comunque rivelatrice di un previo accordo sulla detenzione.

Da queste premesse, nella specie, è stata annullata la condanna a carico dell'imputato cui era stato contestato il concorso con il fratello nella detenzione di n. 102 piante di marijuana rinvenute, appese a essiccare, all'interno di un box, ubicato nell'area di proprietà della famiglia dove insisteva un'azienda agricola, un'officina meccanica, nonché le abitazioni di entrambi: secondo la Corte, la mera ubicazione della droga nel box all'interno della azienda agricola di proprietà comune non consentiva di riferire la detenzione anche al ricorrente, in assenza di altri elementi idonei provare l'esservi stato un efficiente contributo causale alla condotta criminosa del fratello.

Il principio affermato dalla Cassazione è consolidato nel senso che, appunto, in tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso di persone nel reato va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone è richiesto un contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione, l'occultamento e il controllo della droga, assicurando all'altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare (tra le tante, sezione III, 4 aprile 2013, Bruccoleri, che, nella specie, ha ritenuto corretta e congruamente motivata la sentenza che aveva ravvisato il concorso di persone nella condotta dell'imputato, che risultava avere partecipato al viaggio, a bordo di un'autovettura, finalizzato all'acquisto della sostanza illecita, pur materialmente detenuta da altra correa, minorenne).

Cassazione - Sezione III penale - Sentenza 2 maggio 2019 n. 18015

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