Società

Transfer pricing, se il Fisco contesta la società deve provare i "valori di mercato"

La Cassazione, sentenze nn. 26695-26698 depositate oggi, accoglie il ricorso delle Entrate contro la Ferrari sulla determinazione del reddito di impresa. Il cavallino vince due ricorsi incidentali per vizi procedurali

Con quattro decisioni depositate oggi (nn. 26695-26698) la Cassazione ha accolto le tesi del Fisco, contro Ferrari Spa, sulle modalità di determinazione del reddito di impresa ai fini della repressione del fenomeno del cd. "transfer pricing". La Guardia di Finanza aveva contestato alla società di avere applicato nelle operazioni con proprie controllate estere, in particolare con la statunitense Ferrari NA (North America) Lmt, facente parte del medesimo gruppo, prezzi inferiori al "valore normale", in violazione dell'articolo110, comma 7, del Dpr n. 917/1986 (TUIR). Tuttavia, in due casi, a causa di un vizio procedurale negli accertamenti Irap e Ires del 2004 - la sentenza aveva infatti qualificato l'accertamento come "a tavolino" mentre vi era stato l'accesso in sede -, la Sezione tributaria ha accolto il ricorso (incidentale condizionato) del "Cavallino" che lamentava il mancato rispetto dei termini dilatori a difesa. Niente da fare invece per gli avvisi di accertamento Irap ed Ires 2005 che risultano regolari e sui quali ora dovrà nuovamente giudicare la Corte tributaria regionale dell'Emilia Romagna, in sede di rinvio.

Nelle fasi di merito invece la CTR aveva ritenuto che la norma in tema di transfer pricing, costituisse clausola antielusiva, per cui doveva essere condivisa la decisione di primo grado che, «con adeguata motivazione», aveva rilevato che l'Amministrazione non aveva assolto all'onere della prova dell'elusione fiscale attribuita alla società ricorrente, per avere praticato alle consociate estere prezzi inferiori al valore normale, senza avere tenuto in debito conto la comparazione dei prezzi praticati sia alle società consociate che a quelle indipendenti, rilevabili dalla copiosa documentazione prodotta».

Di diverso avviso la Cassazione secondo cui nella determinazione del reddito di impresa, la disciplina (articolo 110, comma 7, Dpr n. 917 del 1986) finalizzata alla repressione del fenomeno economico del "transfer pricing", cioè dello spostamento dell'imponibile fiscale in seguito ad operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti, "non richiede di provare, da parte dell'amministrazione, la funzione elusiva" (come invece avevano affermato sia la Ctp che la Ctr dando ragione alla contribuente), bensì la sola esistenza di "transazioni" tra imprese collegate a un prezzo apparentemente inferiore a quello normale. Grava dunque sul contribuente, in virtù del principio di vicinanza della prova (ex articolo 2697 c.c.) l'onere di dimostrare che tali "transazioni" sono intervenute per valori di mercato da considerare normali, tali essendo i prezzi di beni e servizi praticati in condizioni di libera concorrenza, al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e luogo in cui i beni e servizi sono stati acquistati o prestati e, in mancanza, nel tempo e luogo più prossimi e con riferimento, in quanto possibile, a listini e tariffe d'uso, non escludendosi dunque l'utilizzabilità di altri mezzi di prova.

Mentre con specifico riferimento al Transactional Net Margin Method o TNMM, la Suprema corte ha di recente affermato (15668/2022) che «al fine della determinazione dei prezzi ponderati di trasferimento è possibile utilizzare il metodo elaborato dall'Ocse che si basa sulla determinazione del margine netto della transazione (cd. "TNMM"), a condizione che sia selezionato il periodo di indagine, siano identificate le società comparabili, siano apportate le appropriate rettifiche contabili al bilancio della parte testata, siano tenute in debito conto le differenze tra la parte testata e le società comparabili in termini di rischi assunti o di funzioni svolte e sia assunto un indicatore affidabile del livello di profitto di redditività».

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