Tre fronti aperti nel contenzioso sulle Srl e Spa a base ristretta
Nelle società di capitali a ristretta base azionaria i proventi dell’evasione si presumono distribuiti ai soci salvo prova contraria. Di fatto quindi, i maggiori redditi accertati nella Srl o Spa, al pari di una società di persone, vengono imputati ai soci.
Gli uffici, in queste circostanze, per evitare dimenticanze e/o la decadenza del potere di accertamento, notificano contemporaneamente l’atto impositivo sia alla società (per i maggiori redditi contestati) sia ai soci (per la parte ad essi imputabile), presumendone la distribuzione. Sebbene la correttezza di tale procedura sia - in linea di massima - confermata dalla Cassazione, occorre riscontrare alcuni elementi per la legittimità della pretesa.
In caso di rettifica della dichiarazione di una società, l’ufficio contesta quasi automaticamente al socio l’omessa indicazione di un reddito di capitale, in proporzione alle quote o azioni possedute. La presunzione si basa sul fatto che per le società a ristretta base azionaria e/o familiare esiste, tra i soci, una complicità tale che gli utili extracontabili sono divisi direttamente. Il ridotto numero dei soci consente di presumere che abbiano maggiore conoscibilità degli affari e vi sia un reciproco controllo della gestione.
Per la fondatezza di simili accertamenti va verificata innanzitutto la concreta possibilità che le somme accertate siano state distribuite. Il contribuente, in particolare, può fornire la prova contraria, dimostrando che gli utili sono stati in realtà reinvestiti nella società e non sono confluiti nella sua disponibilità. Vediamo i tre punti più delicati.
Costi indeducibili
Quando l’amministrazione considera indeducibile un costo sostenuto dalla società, si crea un maggior reddito, che di solito viene automaticamente attribuito al socio. A ben vedere, però, gli utili non possono essere stati incassati dal socio, proprio perché si è trattato di un costo sostenuto dalla società (anche se indeducibile ai fini fiscali) e il beneficio è del terzo (fornitore).
La giurisprudenza di legittimità si è espressa a favore di tale tesi con due pronunce datate (la 17959 e la 17960 del 2012). Più di recente, si è espressa la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 22/2/2018 secondo cui è illegittima l’attribuzione di maggiori redditi ai soci di società di capitali a ristretta base azionaria, per la parte riferita a costi disconosciuti perché indeducibili. La Ctp ha rilevato che affinché la presunzione sia applicabile occorre che l’utile extracontabile derivi da «maggiori ricavi imponibili», visto che solo da ciò i soci possono trarre la provvista per dividersi l’utile (si veda Il Sole 24 Ore 23 aprile scorso).
Perdite
La presenza di una perdita contabile difficilmente è compatibile con una distribuzione di utili ai soci.
Tuttavia, la Corte di cassazione ha costantemente ritenuto irrilevante il risultato negativo, nel presupposto che i ricavi extracontabili, non transitando dalla contabilità, non possono aver influito sul risultato. Da ciò ne viene fatto conseguire che i maggiori redditi accertati, sicuramente sono stati destinati ai soci.
Periodo d’imposta
Altro punto dibattuto è l’esatto periodo d’imposta in cui imputare gli utili extrabilancio. L’Agenzia, normalmente, fa coincidere l’anno della rettifica alla società con l’attribuzione di redditi di capitale ai soci: presume, cioè, che il “nero” prodotto dalla società sia stato immediatamente distribuito.
In genere i giudici di legittimità hanno confermato tale tesi, sul presupposto che gli utili “extrabilancio” non hanno una deliberazione ufficiale per la loro distribuzione, sicché si intende avvenuta nello stesso periodo d’imposta in cui gli utili sono stati conseguiti.
Le indicazioni della giurisprudenza