Civile

Tremonti-ambiente, il giudice riconosce l’istanza di rimborso

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di Giorgio Gavelli

Continua il contenzioso sull’agevolazione di cui all’articolo 6, commi da 13 a 19, della Finanziaria 2001, meglio nota come Tremonti-ambiente. La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con la decisione 681/03/2019 depositata il 29 maggio scorso (presidente Giusta, relatore Steinleitner), ha confermato il rimborso Ires a una società – già vittoriosa in primo grado – che aveva presentato apposita istanza per vedersi riconosciuta una maggior perdita rispetto a quella originariamente dichiarata e per ottenere la restituzione delle imposte versate nei successivi periodi.

In base alla norma istitutiva dell’agevolazione, abrogata dal Dl 83/2012, la quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali non concorreva a formare il reddito imponibile. Per investimento ambientale si intende il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’articolo 2424, primo comma, lettera B), numero II del Codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente, escludendo in ogni caso gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge.

L’avvento del fotovoltaico ha reso l’agevolazione assai più interessante di quanto non fosse al momento della sua istituzione, ma ha fatto sorgere mille dubbi sulla metodologia di calcolo e, soprattutto, sulla cumulabilità con i benefici del Conto energia (risoluzione 58/E/2016) e sulla possibilità di recupero retroattivo della agevolazione originariamente non fruita (Ctr Toscana 164/1/2019, Ctp Milano 1689/03/17 e Ctp Treviso 456/02/2016). La responsabilità di questi “ripensamenti” non va ascritta alle imprese perché è stato il legislatore a chiarire tardivamente, solo con l’articolo 19 del Dm 5 luglio 2012, che la Tremonti ambiente era cumulabile (anche se con il limite del 20% del costo dell’investimento) con il sistema incentivante delle tariffe, almeno sino al secondo Conto energia.

La controversia
Nel caso in esame, una società cuneese aveva riapprovato nel 2014 il bilancio 2010, inserendo in nota integrativa l’intervenuto investimento, e presentato istanza di rimborso per l’Ires asseritamente non dovuta nel periodo 2011-2013. A fronte del silenzio dell’ufficio, era stato presentato ricorso, a cui l’Agenzia si era opposta per una serie di motivi, tra i quali la presunta necessità di presentare dichiarazione integrativa e l’inapplicabilità dell’agevolazione nell’ipotesi in cui l’attività svolta consistesse nella mera produzione di energia. La tesi delle Entrate è stata bocciata sia in primo grado che in appello.

Circa il primo punto, la decisione dei giudici piemontesi è in linea con le pronunce della Cassazione (sentenze 13378/2016 e la più recente 19002/2019), secondo cui istanza di rimborso e dichiarazione integrativa «costituiscono due opzioni concorrenti, e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso)». Circa la seconda contestazione, non vi è alcun espresso divieto nelle norme, anche in relazione alla disciplina comunitaria in materia.

Ctr Piemonte 681/03/2019

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