Tribunali d'impresa, patto tra le parti sulle consulenze
In attesa di una prognosi favorevole dai tavoli tecnici (domani a Londra) e da quelli politici (la Germania entro l’anno) - passaggi comunque non scontati - magistrati, avvocati e commercialisti provano a preparare il terreno operativo per il Tribunale unico dei brevetti targato Milano. Lo fanno passando dal punto più sensibile e più nevralgico di un segmento della giurisdizione già delicato - le consulenze del giudice - e che in questo ambito particolarmente tecnico diventano ancor più difficili e più dirimenti. Non è un caso che - ha detto il presidente della XV Sezione del tribunale di Milano, Impresa B, Angelo Mambriani nel corso di un webinar organizzato dall’Ordine dei commercialisti milanesi - negli ultimi 5 anni sono stati attivati 292 incarichi consulenziali, in media 10 per anno a giudice. Giudici che possono contare su 170 professionisti registrati nell’elenco dedicato ma, ha aggiunto Mambriani, 47 di questi dal 2016 ad oggi non ha ricevuto alcun incarico. Tra i 123 consulenti attivati, sono solo 3 quelli con numero di incarichi ricevuti superiore a 6, delineando quindi un criterio di rotazione tra professionisti sostanzialmente rispettato. Il punto però è proprio questo, e cioé che coniugare il criterio di rotazione con l’esigenza di affidamento (e perciò di tranquillità) del magistrato è impresa non facilissima, considerato l’alto grado di padronanza della materia richiesto. Per uscire da questo circolo “inevitabile”, e soprattutto per preparare al meglio l’auspicato approdo del Tub a MIlano, l’Ordine dei commercialisti, l’Università Statale, la Corte d’appello e il Tribunale milanesi hanno stipulato una convenzione per varare un master rivolto alle nuove leve della Ctu (e Ctp) dei brevetti e degli intangibles. L’obiettivo è far circolare conoscenze e, non meno importante, far spiegare ai magistrati gli standard metodologici richiesti al consulente del giudice.
Il bilancio della giustizia d’impresa nel distretto più rappresentativo del Paese appare comunque soddisfacente, soprattutto sul versante della fase cautelare, cioè sostanzialmente difensiva. Maggiori problemi si hanno invece nel processo di merito - definizione e delimitazione del danno, ricerca della prova etc - con esiti numerici che meritano un approfondimento: solo il 10% delle sentenze di primo grado viene infatti impugnato, ha rivelato il presidente della Sezione IP della Corte d’appello, Domenico Bonaretti, secondo cui al 2 settembre scorso i fascicoli aperti in secondo grado sono 1377, ma solo 153 riguardano tematiche d’impresa: 50 cause su brevetti, 70 su responsabilità degli organni di controllo societario, 30 in materia di antitrust, diritto d’autore e appalti per opere pubbliche. E, tanto per tornare al tema consulenze, sono 10 quelle incaricate in appello ma con valori in ballo che variano da qualche decina di milioni fino a oltre il miliardo di euro per causa. Determinare il “quantum” delle pretese, ha detto il presidente della XIV Sezione del tribunale, Claudio Marangoni, resta il nodo più delicato di questi procedimenti: «È auspicabile che la (ri)qualificazione dei professionisti impegnati tocchi anche i consulenti di parte».