Una bussola per la violazione degli obblighi di assistenza familiare
Prima della riforma, occorreva (ed occorre ancora oggi) distinguere tre ipotesi: ai soggetti coniugati in costanza di coabitazione, si applicava l'intero articolo 570 del Cp, compreso il comma 2, n. 2, nell'ipotesi in cui si facciano mancare i mezzi di sussistenza; ai divorziati, si applicava (e si applica) la legge n. 898 del 1970, con la conseguenza che una sola violazione degli obblighi poteva far scattare la responsabilità penale.
Le problematicità dell'art. 570 cod. pen. Prima di entrare nel vivo della trattazione sullo spinoso tema dell'art. 570 cod. pen., giova fare una premessa.
Nel contesto delle modifiche in materia di tutela della persona, l'art. 2, comma 1, lett. c) della L. 23 giugno 2017, n. 103, recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario (la c.d. riforma Orlando), ha introdotto nel codice penale l'art. 570-bis, rubricato "Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio", il quale dispone che "le pene previste dall'art. 570 si applicano al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovutoin caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli".
Prima della riforma, occorreva (ed occorre ancora oggi) distinguere tre ipotesi: ai soggetti coniugati in costanza di coabitazione, si applicava l'intero art. 570 c.p., compreso il comma 2, n. 2, nell'ipotesi in cui si facciano mancare i mezzi di sussistenza; ai divorziati, si applicava (e si applica) la L. n. 898 del 1970, con la conseguenza che una sola violazione degli obblighi poteva far scattare la responsabilità penale.
Il problema si presentava per i separati di fatto e per i separati legalmente, (sia consensualmente che giudizialmente), ai quali si poteva applicare soltanto l'art. 570, comma 2, n. 2, c.p. che fa riferimento a chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. E si poteva applicare in relazione al coniuge che faceva mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore o non autosufficiente. Ai separati dunque, non potevano applicarsi le altre fattispecie di cui all'art. 570 c.p., trattandosi di separate perchè tale norma è riferibile alla famiglia (fondata sul matrimonio o sulle unioni civili) ancora unita nella coabitazione. Alla categoria dei separate non era applicabile la L. 1° dicembre 1970, n. 898, perché riferita ai soli divorziati e neppure la L. n. 54 del 2006, perché riferita agli obblighi di natura economica a carico di un genitore (divorziato, separato, ex convivente di fatto) a favore dei figli e non riferita agli obblighi tra partners. Con la conseguenza che la "mera" violazione di un obbligo a carico di un coniuge separato a favore dell'altro coniuge separato non era punibile, mentre la reiterata violazione era punibile là dove si facessero mancare i mezzi di sussistenza.
Successivamente, a seguito della disparità di trattamento fra il coniuge divorziato e quello separato (la relativa questione di legittimità costituzionale era stata comunque dichiarata inammissibile da Corte cost., 31 luglio 1989, n. 472, in Cass. pen., 1990, I, 374 ss.), l'art. 3 della L. 8 febbraio 2006, n. 54 aveva stabilito che in caso di violazione degli obblighi di natura economica disposti dal giudice in sede di separazione dovesse applicarsi la disposizione di cui all' 12- sexies della L. 1° dicembre 1970, n. 898. Essendo ora inserite tali fattispecie nel codice penale, l'art. 7, comma 1, lett. b) ed o), del D. Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, ha provveduto ad eliminare sia l'art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970 sia l'art. 3 della L. n. 54 del 2006.
Quindi, quanto stabilito dagli art. 12-sexies della L. n. 898 del 1970 e dall'art. 3 della L. n. 54 del 2006 è ora confluito nell'art. 570-bis cod. pen., fermo restando che il rinvio di questa novella norma all'art. 570 è quoad poenam.
La condotta dell'art. 570 cod. pen. Viola gli obblighi di assistenza familiare la persona che pone in essere una delle seguenti condotte:
1. abbandono del domicilio domestico e mancato adempimento degli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità del coniuge (art. 570, co. 1, cod. pen.). Sul punto, si ricordi che il coniuge che si allontana per giusta causa, mantiene il diritto all'assistenza morale e materiale ex art. 143 c.c., e può chiedere all'altro la corresponsione di un assegno di mantenimento od alimentare; al contrario, il coniuge allontanatosi senza giusta causa perde il proprio diritto all'assistenza, ma non può sottrarsi all'obbligo di contribuzione (art. 143, 3° co., cod. civ.) ed al mantenimento della prole (art. 147 cod. civ.), essendo prevista la possibilità che il giudice ordini il sequestro dei beni del coniuge allontanatosi nella misura atta a garantire proprio l'adempimento di tali obblighi;
2. malversazione o dilapidazione dei beni del figlio minore o del coniuge (art. 570 co. 2 n. 1 cod. pen.);
3. omessa prestazione dei mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge non legalmente separato art. 570 co. 2, n. 2 cod. pen.
Soggetti attivi del reato possono essere solo i genitori, il coniuge o la parte di un'unione civile. Quanto ai genitori, è indifferente che essi siano uniti o meno il matrimonio e può trattarsi anche di genitori adottivi. Sono soggetti attivi anche l'adottante e la figlia in quanto titolari della responsabilità genitoriale.
La condotta tipica del reato è omissiva e consiste appunto, nel non adempiere agli obblighi di assistenza previsti dalla legge nei confronti dei figli articolo 147 cod. civ. e art. 30 Costituzione.
Il reato si configura solo attraverso una delle seguenti modalità esecutive:
a) abbandono del domicilio domestico, ossia, allontanamento per un lungo periodo di tempo fondato sulla decisione di lasciare la casa con la volontà di non farvi ritorno;
b) adozione di una condotta contraria all'ordine o alla morale familiare: ad esempio, rientra in questo tipo di condotta, l'incesto senza pubblico scandalo oppure l'uso di pratiche antifecondative da parte di un coniuge all'insaputa dell'altro o la costante indifferenza verso i figli.
Il reato non sussiste se l'abbandono è giustificato o quando opera un esimente: è il caso, ad esempio, dell'allontanamento dovuto a ragioni di lavoro, malattia o una condanna penale.
L'abbandono è giustificato anche quando segue la proposizione della domanda di separazione o annullamento, di scioglimento cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Il reato è punito a titolo di dolo generico che consiste nella rappresentazione e volontà dell'inosservanza degli obblighi di assistenza che consegue alla volontà di porre in essere le modalità esecutive sopra descritte. Il giudice in tal caso può applicare al soggetto attivo durante il procedimento la misura cautelare dell'allontanamento anche d'urgenza dalla casa familiare a cui può conseguire l'ordine di pagare un assegno periodico a favore del convivente rimasto privo dei mezzi di sussistenza.
Quanto all'ipotesi di cui al n. 2 del 2° co. dell'art. 570 c.p., la dottrina nega l'ammissibilità del tentativo, per il carattere omissivo della condotta: trattandosi di pura omissione, non è concepibile iter criminis, e, dunque, se si fanno mancare i mezzi di sussistenza, il delitto è consumato, in caso contrario, manca ogni elemento di punibilità.
Quali le ipotesi incluse nell'articolo 570, co. 2, n. 2 cod. pen. ? Innanzitutto, soggetto attivo del reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza ai familiari può essere:
- il genitore che fa mancare i mezzi ai figli minorenni o inabili al lavoro. Come sopra detto, la tutela riguarda anche i figli adottivi e anche il minore in stato di affidamento. A differenza dell'art. 12 sexies l. n. 869/1970 - che punisce il mero inadempimento dell'obbligo di corresponsione ai figli (senza limitazione di età) affidati al coniuge divorziato, dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di divorzio, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell'avente diritto - l'art. 570, co. 2, n. 2, cod. pen. appresta tutela penale alla violazione dei genitori dell'obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli minori in stato di bisogno.
- il coniuge può far mancare tali mezzi all'altro coniuge anche se è intervenuta la separazione, purché la separazione non gli sia stata addebitata con sentenza passata in giudicato;
- il figlio o il nipote può far mancare i mezzi di sussistenza ai genitori o ad altri ascendenti.
Perché si configuri il reato devono sussistere i seguenti elementi:
- il soggetto offeso deve versare in stato di bisogno. Rispetto ai figli minori, lo stato di bisogno è presunto ed insito nel fatto stesso che si tratta di soggetti che non possono procurarsi un reddito proprio (Cass. pen., 31 gennaio 2019 n. 8047, Cass. pen. 4 aprile 2016 n. 13.413), salvo i casi in cui essi abbiano personali autonome risorse economiche che consentono a chi ne ha il contingente affidamento l'utilizzazione finalizzata all'autonomo sostentamento cassazione penale 17 dicembre 2015 n. 44.683);
- il soggetto obbligato deve avere la concreta capacità di fornire i mezzi di sussistenza.
L'indigenza dell'obbligato quale esimente. Il soggetto obbligato deve avere la concreta capacità di fornire i mezzi di sussistenza: non può essere punito il familiare che non può prestare tali mezzi perché si trova in uno stato di indigenza tale da non consentire neppure un adempimento parziale. È necessario che tale condizione si protragga per tutto il tempo in cui si è verificata l'inosservanza del precetto (Cass. Pen., 15 novembre 2012 n. 6348, Cass. pen., 21 ottobre 2010 n. 41362, Trib. Napoli 19 ottobre 2012 n. 12.494).
Infatti, la Suprema Corte ha affermato più volte come l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli inadempimenti sanzionati dall'art. 570 cod. pen., deve essere assoluta e deve integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti (Cass. pen., sez. VI, 21 ottobre 2010, n. 41362). Solamente entro i limiti menzionati, l'incapacità economica dell'obbligato può assumere valore esimente in virtù del principio ad impossibilia nemo tenetur (Cass. pen., sez. VI, 23 novembre 2010, n. 41362). Orbene, in tale contesto, incombe sull'interessato l'onere di allegare elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere all'obbligazione.
A tal fine, la responsabilità non può essere esclusa dalla generica indicazione dello stato di disoccupazione, dovendo l'imputato allegare idonei e convincenti elementi indicativi della concreta e totale impossibilità di far fronte ai propri obblighi (Cass. pen., sez. VI, 29 gennaio 2013, n. 7372; Cass. pen., sez. VI, 15 febbraio 2011, n. 5751).
Gli effetti e le conseguenze del reato in caso di separazione. La mancata assistenza deve avere l'effetto di privare totalmente o parzialmente il beneficiario dei mezzi di sussistenza, nozione questa, diversa da quella civilistica, e comprensiva di tutto ciò che attiene ai bisogni elementari dell'esistenza: vitto, abbigliamento, abitazione, medicinali, spese per l'istruzione dei figli; beni importanti, anche se relativi a esigenze qualificabili come secondarie o complementari alla vita quotidiana come libri di istruzione per i figli minori mezzi di trasporto i canoni per luce gas e riscaldamento.
Il reato sussiste anche se non c'è alcun provvedimento del giudice che impone al familiare di pagare un assegno poiché gli obblighi sanzionati derivano, ancor prima che dall'ordinamento, da inderogabili principi di solidarietà e da esigenze morali.
La Suprema Corte esclude che, automaticamente, la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento possa essere ricondotta all'art. 570, 2° co., n. 2. L'illiceità penale sarà integrata solo se il coniuge venga a trovarsi privo di mezzi di sussistenza in conseguenza della mancata corresponsione dell'assegno.
Diversa, infatti, è la nozione di mezzi di sussistenza, sia rispetto a quella di mantenimento, sia a quella di alimenti, come è stato precisato dal Supremo Collegio (Cass. pen., Sez. VI, 10 aprile 2001, n. 586; cfr., altresì, Cass. pen., Sez. VI, 13 febbraio 2007, n. 14103; Cass. pen., Sez. VI, 31 ottobre 2006, n. 40708), che ha ribadito la definizione dei diversi concetti: più ampia, la nozione di mantenimento, che ricomprende tutto quanto sia richiesto per un tenore di vita adeguato alla posizione economico-sociale dei coniugi; intermedia, quella di alimenti, in cui rientra, oltre a ciò che è indispensabile per le primarie esigenze di vita, anche ciò che è soltanto utile o che è conforme alle condizioni dell'alimentando e proporzionale alle sostanze dell'obbligato.
Ne discende, data la non coincidenza tra la nozione civilistica di assegno di mantenimento e quella penalistica di mezzi di sussistenza, che si deve escludere che, automaticamente, la mancata o parziale corresponsione dell'assegno post-matrimoniale integri il reato previsto dalla norma richiamata.
Nella prassi, le ipotesi in cui più frequentemente il giudice è chiamato ad accertare se esiste o meno il reato, riguardano i casi di mancato pagamento dell'assegno di mantenimento al coniuge separato.
Il mancato pagamento dell'assegno non comporta automaticamente la configurazione del reato che sussiste solo se ricorrono gli elementi propri della condotta ossia, come sopra ricordato, lo stato di bisogno e la capacità di fornire i mezzi di sussistenza.
Le conseguenze differiscono se:
- l'obbligato non versa l'assegno o lo versa in misura inferiore a quella stabilita e ciò non assicura al beneficiario la possibilità di soddisfare le sue esigenze vitali: in tal caso sussiste il reato (Cass. pen. 17 maggio 2004 n.32.508);
- l 'obbligato verso un segno per un importo inferiore a quello stabilito dal giudice, ma comunque adeguato a soddisfare i bisogni primari: in tal caso sussiste un inadempimento civilistico, ma si deve escludere che sussista il reato;
- si può avere il caso in cui l'obbligato versi integralmente l'assegno il cui importo però, non è adeguato a soddisfare le esigenze vitali. In tal caso, non sussiste l'inadempimento civile, ma sussiste reato.
Commette il reato, ad esempio, il soggetto che pur essendo formalmente disoccupato e invalido civile ha sempre lavorato presso il negozio del fratello ricevendone un reddito sufficiente a versare l'assegno (Cass. pen., 31 marzo 2015 n. 20.133).
Altro caso particolare, in cui si configura il reato, è quello relativo al mancato parziale pagamento dell'assegno di mantenimento dei figli - sia in caso di separazione che di divorzio
- ed è configurabile quando sono violati gli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza (Cass. pen. 3 maggio 2018 n. 29.902). In ogni caso, è esclusa ogni automatica equiparazione dell'inadempimento dell'obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale (Cass. pen., 8 gennaio 2016 n. 535).
Casistica giurisprudenziale
Di seguito, si segnalano alcuni casi, in cui la giurisprudenza ha affermato la sussistenza del reato:
1) rifiuto del genitore di procurare i mezzi di sussistenza al figlio minore prima che divenga definitiva la sentenza di accertamento della paternità naturale (Cass. pen., 10 ottobre 2018 n. 10.091);
2) completa omissione da parte del genitore di versare l'assegno di mantenimento (oppure lo versa in minima parte) per i figli minori o effettua un versamento parziale, a prescindere da ogni accertamento sulla sufficienza della somma prestata in concreto alla loro sussistenza (Cass. pen., 4 aprile 2016 n. 13.413, Cass. pen., 17 dicembre 2015 n. 44.683, Cass. pen., 15 maggio 2014 n. 27.989);
3) omissione da parte del genitore di versare l'assegno di mantenimento formando però un nuovo nucleo familiare totalmente a suo carico (Appello Trento 5 aprile 2012);
4) non adempie al mantenimento del figlio limitandosi a dedurre il suo stato di disoccupazione senza allegare adeguati 20 utili a provare la presenza di difficoltà economiche tali da tradursi in un vero e proprio stato di indigenza economica (Cass. pen., 29 gennaio 2013 n. 7372);
5) decide unilateralmente di sottrarsi ai propri doveri a causa della difficoltà di sistemazione lavorativa riscontrati a seguito di un trasferimento senza sollecitare il competente giudice civile a modificare le statuizioni economiche fissate a suo carico in sede di separazione (Cass. pen., 3 luglio 2012 n. 48.210);
6) non presta i mezzi di sussistenza e cura delle esigenze dei figli a causa delle condizioni di grave ristrettezza economica cassazione penale 15 novembre 2012 numero 6348;
7) genitore che sostituisce di proprio iniziativa la somma di denaro stabilita dal giudice a titolo di mantenimento, con cose o beni che secondo una sua scelta arbitraria, meglio corrispondono alle esigenze del minore beneficiario cassazione penale 27 giugno 2019 n.28.250;
8) non presta al figlio minore il denaro necessario per le esigenze basilari della vita pur facendo numerosi versamenti periodici o regali costosi o di valore superiore alla somma che il genitore avrebbe dovuto sborsare per fornire i mezzi di sussistenza (Cass. pen., 29 maggio 2014 n. 23.017).
Il reato sussiste anche se altri soggetti ad esempio l'altro genitore o i nonni provvedono in concreto al mantenimento del figlio (Cass. pen., 27 aprile 2018 n. 31361; Cass. pen.,4 febbraio 2011 n. 8912).
*a cura dell'avv. Valeria Cianciolo, Foro di Bologna