Civile

Uno schiaffo alla moglie è riprovevole ma non giustifica l’addebito della separazione

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di Mario Finocchiaro

La circostanza – pacifica – che almeno in una occasione il marito abbia dato uno schiaffo alla moglie integra sicuramente un comportamento riprovevole, che costituisce violazione degli obblighi matrimoniali, ma non giustifica la pronunzia dell'addebito della separazione al marito, qualora manchino indicazioni specifiche sul rapporto tra tale comportamento e la intollerabilità della convivenza. Lo ha stabilito la Suprema corta con l’ordinanza n. 24473 depositata lo scorso 2 dicembre.

L’addebito di colpa - Nella stessa ottica della pronunzia in rassegna, e, in particolare, per l'affermazione che l'addebito di colpa presuppone la violazione dei doveri coniugali derivanti dal matrimonio e il nesso di causalità tra tale violazione e l'intollerabilità della convivenza, che deve essere provato dal richiedente, Cassazione, sentenza 12 settembre 2011 n. 18618, in Diritto & Giustizia, 2011, p. 17 settembre, ove la precisazione che, fallita la riconciliazione, non rileva il comportamento pregresso della moglie, e la mancanza di prove sulla prosecuzione della relazione extra coniugale, nonché sulla causalità di tale circostanza con la nuova crisi e l'intollerabilità della convivenza, preclude l'accoglimento dell'istanza di addebito di colpa.

Analogamente, in altra occasione si è precisato che presupposto dell'addebito è il nesso causale che deve intercorrere tra la violazione dei doveri coniugali e la crisi dell'unione familiare, che va accertato verificando se la relazione extraconiugale che - di regola - si presume causa efficiente di situazione di intollerabilità della convivenza, non risulti comunque priva di efficienza causale, siccome interviene in un menage già compromesso ovvero perché nonostante tutto la coppia ne abbia superato le conseguenze, recuperando un rapporto armonico, Cassazione, sentenze 17 dicembre 2010 n. 25560, in Giust. civ., 2011, I, p. 1248, che, in applicazione del riferito principio, ha confermato la pronunzia del giudice del merito che aveva escluso tale nesso di causalità tra la relazione extraconiugale della moglie e la crisi della coppia, essendo stato accertato che dopo la cessazione della esperienza extraconiugale il rapporto coniugale era durato ancora sei anni e 7 dicembre 2007, n. 25618, in Guida al diritto, 2008, f. 7, p. 31, con nota di Fiorini.

Gli orientamenti di merito - Per i giudici di merito, sempre nel senso che il presupposto dell'addebito è rappresentato dal nesso causale che deve intercorrere tra la violazione dei doveri coniugali e la crisi dell'unione familiare che va accertato verificando se la relazione extraconiugale che di regola si presume causa efficiente di situazione di intollerabilità della convivenza, rappresentando violazione particolarmente grave, non risulti comunque priva di efficienza causale, in quanto intervenuta in un menage già compromesso, ovvero perché, nonostante tutto, la coppia ne abbia superato le conseguenze recuperando un rapporto armonico, sì che sulla parte che richieda l'addebito della separazione all'altro coniuge incombe l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento di questi ai doveri che derivano dal matrimonio e sia l'efficacia causale di questo comportamento nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, Tribunale Cassino, sentenza 8 maggio 2014, n. 486, in Guida al diritto, 2014, f. 38, p. 42.

I presupposti per l’accoglimento della domanda di addebito - Nella stessa ottica della pronunzia in rassegna, tra le altre, e, in particolare, per il rilievo che in tema di separazione personale dei coniugi, il presupposto per l'accoglimento della domanda di addebito è, ai sensi dell'art. 151 comma 2 Cc, un comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio e dunque la violazione cosciente e volontaria di uno dei doveri reciproci dei coniugi previsti con l'elencazione non tassativa dagli art. 143, 144 e 145 Cc, ovvero dei doveri nei confronti della prole, di cui agli art. 147 e 148 Cc, ovvero ancora più in generale, la violazione del principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, sancito dall'art. 29 secondo comma, Cost. La violazione dei doveri coniugali costituisce peraltro il presupposto necessario ma non sufficiente per l'addebito, essendo a tal fine necessario che tale violazione abbia avuto efficienza causale nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza.

Ne discende che il giudice non può fondare la pronuncia di addebito sulla mera inosservanza dei doveri posti a carico dei coniugi, ma deve verificare l'effettiva incidenza di detta violazione nel determinarsi della situazione di intollerabilità della convivenza, Tribunale Bari 28 giugno 2012 n. 2348, in Giurisprudenzabarese.it., 2013.

Gli indirizzi contrari - Diversamente, peraltro, in altre occasioni si è affermato che anche un solo episodio di non lieve violenza, con percosse, consumato dal marito ai danni della moglie, per di più per un banale, futilissimo motivo (avere gettato nella spazzatura un tozzo di pane raffermo), legittima la moglie a chiedere la separazione personale dal coniuge con addebito a quest'ultimo, rendendo verosimile l'affermazione della moglie che il marito fosse solito “alzare le mani”, pur non potendo essere data la prova di ciò, trattandosi di condotte verificatesi all'interno delle mura domestiche e in assenza di persone estranee (Cassazione, sentenza 14 gennaio 2011 n. 817, in Dir. famiglia, 2011, p. 1200).
In questo ultimo senso, altresì, Tribunale Velletri, sentenza 21 aprile 2015, n. 1490, in Ilfamiliarista.it, 2015, 9 novembre, secondo cui la separazione va addebitata al coniuge che abbia determinato episodi di violenza in danno dell'altro coniuge e dei figli, nonché Appello Palermo, sentenza 12 giugno 2013, n. 991, in Guida al diritto, 2013, f. 45, p. 55 secondo cui la violenza consumata all'interno delle mura domestiche, assume rilevanza determinante anche quando si estrinsechi in un solo episodio di violenza fisica e a essa possa riconnettersi efficacia risolutiva del rapporto coniugale.

Invero, il fatto che risulti provato per testi, un solo episodio di percosse, non può far ritenere che l'episodicità del fatto presupponga in re ipsa che vi sia un contesto di normalità fisiologica del quadro relazionale interno alla coppia. Anche un solo episodio di violenza costituisce affermazione della supremazia di una persona su di un'altra, nonché disconoscimento della parità della dignità di ogni persona, quale principio posto alla base dei diritti fondamentali riconosciuti dalla costituzione ed è quindi comportamento idoneo a sconvolgere definitivamente l'equilibrio relazionale della coppia.

Una fattispecie singolare - Per una fattispecie singolare in cui si è ravvisato l'addebito della separazione, cfr. Cassazione, sentenza 18 novembre 2013, n. 25843, in Dir. famiglia, 2014, p. 601: qualora un coniuge (nella specie, la moglie) sia affetto, come da c.t.u., da irrefrenabile e, peraltro, non contestato Shopping compulsivo, caratterizzato da una crescente tensione e da un impulso ossessivo, irrefrenabile e senza alcuna giustificazione, ad acquistare mobili, quali vestiti, gioielli, borse, tutti di notevole valore, arrivando a sottrarre a familiari e terzi non lievi somme di denaro allo scopo di poter disporre delle somme necessarie sempre crescenti, rendendo per ciò intollerabile al proprio coniuge la convivenza, il giudice può concedere la separazione personale, richiesta dal coniuge offeso, per grave, costante violazione dei doveri coniugali, con addebito al coniuge ammalato e con esclusione di un assegno di mantenimento in favore di quest'ultimo.

Corte di cassazione – Sezione VI-1 – Ordinanza 2 dicembre 2015 n. 24473

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