Valida la scrittura privata tra ex-conviventi sul mantenimento del figlio
Può essere azionata con il procedimento monitorio, in ipotesi di inadempimento del genitore onerato
La scrittura privata, sottoscritta dagli ex conviventi prima dell'entrata in vigore della modifica delle disposizioni in materia di filiazione e avente ad oggetto la regolamentazione del contributo ordinario al mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio e la suddivisione tra i genitori delle spese-extra assegno sostenute per i figli, è valida ed efficace e può essere azionata con il procedimento monitorio, in ipotesi di inadempimento del genitore onerato. L'accordo non viola il previgente articolo 317-bis del codice civile - poi sostituito con il Dl 28 dicemvre 2013 n.154 (articolo 2 legge 10 febbraio2012 n.219) entrato in vigore il 7 febbraio 2014 – e non necessita di un vaglio preventivo del Giudice, come invece nella separazione o nel divorzio. Così ha statuito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 29995, depositata il 31 dicembre 2020.
Il caso
Cessata la convivenza, i genitori avevano concordato, con scrittura privata del 6 settembre 2002, che il padre, quale contributo per il mantenimento della figlia, versasse alla madre l'importo mensile di € 520,00, oltre al pagamento integrale delle spese extra-assegno.
Il Tribunale per i minorenni di Catania, con decreto del 12 dicembre 2007, aveva provveduto in merito alla regolamentazione della frequentazione padre-figlia e, in quell'ambito, aveva statuito, genericamente, il mantenimento diretto della figlia da parte di ciascun genitore nei periodi di rispettiva permanenza.
Dal giugno 2008 il padre aveva cessato di adempiere alle obbligazioni assunte con la scrittura privata e la madre della minore, oltre a promuovere un procedimento ex articolo 148 Cc accolto in data 20 febbraio 2010, aveva presentato un ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti del padre della minore, sulla base della scrittura privata per il mancato pagamento degli importi dovuti dal giugno 2008 a marzo 2010. Il Tribunale di Catania, in data 5 giugno 2010, emetteva decreto ingiuntivo nei confronti del padre della minore, intimandogli di pagare € 41.014,86 in favore dell'ex convivente, a titolo di arretrati per mensilità non pagate dal giugno 2008 a marzo 2010 e per spese extra della figlia non pagate; tutti importi dovuti e quantificati sulla base della scrittura privata del 2002. Il padre della minore incardinava giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e il Tribunale di Catania dichiarava la nullità della scrittura privata, revocava il decreto ingiuntivo e condannava il padre opponente al pagamento della minor somma di € 2.799,00, quale rimborso di alcune spese extra effettuate dalla madre per la figlia.
La madre della minore impugnava la sentenza del Tribunale di Catania avanti la Corte di Appello.
La Corte di merito, con sentenza n. 858 del 2018, in riforma della sentenza di primo grado, ritenuta valida ed efficace la scrittura privata del 6 settembre 2002, condannava il padre della minore al pagamento della somma di € 41.014,86 oltre interessi e spese di giudizio di primo e secondo grado.
Le motivazioni respinte
Il padre della minore impugnava la sentenza della Corte di appello avanti la Corte di Cassazione, per tre motivi.
Si premette che l'articolo 317 bis Cc, ante modifica, regolamentava l'esercizio della potestà genitoriale (oggi responsabilità genitoriale) in caso di filiazione naturale, a seconda che i genitori fossero o meno conviventi e prevedeva il possibile intervento del giudice per l'adozione di provvedimenti limitativi o ablativi della potestà.
Con il primo motivo, il ricorrente lamentava l'erronea applicazione da parte della Corte di Appello dell'articolo 317 bis Cc, vigente all'epoca dei fatti, poiché tale articolo, secondo la sua prospettazione, non riguardava la regolamentazione del diritto al mantenimento del figlio naturale. Lo stesso lamentava, inoltre, la nullità della scrittura privata, in quanto regolamentava una materia sottratta alla disponibilità delle parti, in violazione degli articoli 155 e 158 Cc, così come novellati dalla legge n. 54 del 2006.
La Suprema Corte ha dichiarato il primo motivo infondato, evidenziando che non vi fosse alcun elemento per dichiarare la nullità dell'accordo: quest'ultimo, infatti, era stato concluso nell'interesse della minore, in attuazione di un obbligo di legge, e non necessitava di alcun vaglio preventivo da parte del Giudice, posto che i genitori che lo avevano sottoscritto non erano coniugati.
La Corte di legittimità, al riguardo, ha così argomentato: in primo luogo, per legge, i genitori naturali devono mantenere, istruire ed educare i figli sin dalla nascita ex articolo 147 Cc, come i genitori coniugati, come si desumeva dall' articolo 261 Cc (ora abrogato), che poneva a carico del genitore, che aveva effettuato il riconoscimento, tutti i doveri e i diritti che aveva nei confronti dei figli legittimi. In secondo luogo, la Suprema Corte, pur convenendo con il ricorrente che l'articolo 317 bis Cc, in vigore all'epoca dei fatti, non prendeva esplicitamente in esame eventuali accordi relativi al mantenimento, ha ritenuto che il mantenimento dei figli costituiva comunque una delle attività in cui si esplicava la potestà genitoriale di cui all'articolo 317 bis Cc. Conseguentemente, non poteva trarsi alcun elemento in merito alla invocata illegittimità dell'accordo, come erroneamente dedotto dal ricorrente.
La Corte di Cassazione ha quindi ritenuto corretto il richiamo operato dalla Corte territoriale ai principii elaborati dalla sentenza n. 5847 del 25 maggio 1993 della Cassazione a Sezioni Unite sul differente intervento del Giudice in ordine all'affidamento dei figli in caso di separazione o di divorzio e in caso di regolamentazione dell'affidamento dei figli naturali. Infatti, secondo le Sezioni Unite, mentre nel primo caso l'intervento del Giudice è preventivo, nel secondo era eventuale e successivo, come preordinato a correggere eventualmente il cattivo funzionamento dei criteri previsti ed eventualmente diretto a stabilire regole alternative fino all'ipotesi estrema di escludere entrambi i genitori dall'esercizio della potestà.
Conseguentemente, la Corte di legittimità ha proseguito ritenendo che la mancanza di una previsione legislativa espressa sugli accordi relativi al mantenimento dei figli naturali non era indicativa della loro illeceità, ma al contrario era rappresentativa della loro liceità, come correttamente espresso dalla Corte di Appello, perché tali accordi erano rispondenti all'interesse della figlia e presi in attuazione di un obbligo di legge, ferma la possibilità dell'intervento successivo del Giudice, solo se necessario.
La sentenza della Cassazione ha, quindi, ritenuto non pertinente le disposizioni richiamate dal ricorrente sulla separazione personale dei coniugi.
Con il secondo motivo il ricorrente, in via subordinata, lamentava l'omesso esame di un fatto deciso per il giudizio: la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sulla prevalenza del decreto del Tribunale per i minorenni del 12 dicembre 2007 sulla scrittura privata del 2002 e sul superamento della stessa quantomeno dalla data del provvedimento del Tribunale per i minorenni.
La Suprema Corte ha ritenuto il secondo motivo inammissibile, poiché non vi è stata alcuna omissione nell'esaminare i fatti dedotti da parte della Corte di Appello di Catania. La Corte di legittimità ha evidenziato, infatti, che i Giudici del merito hanno escluso, con motivazione convincente, la dedotta rinuncia all'assegno da parte della madre della minore. La mancata sottoposizione della scrittura privata del 2002 da parte di entrambe le parti al Tribunale per i minorenni e la prosecuzione dell'adempimento da parte del padre al mantenimento della figlia nei termini di cui alla scrittura privata del 2002, proseguito anche dopo l'adozione del decreto del Tribunale per i minorenni, con il consenso della madre creditrice, erano tutte circostanze incompatibili con la dedotta rinuncia all'accordo ad opera di alcuno dei genitori. Infatti gli stessi, concordemente, vi hanno dato attuazione fino al maggio 2008. La Suprema Corte ha ritenuto che il predetto comportamento concludente, tenuto da entrambi i genitori, in assenza di forma, potesse essere valutato anche ai fini novativi. Inoltre, i Giudici di legittimità hanno evidenziato che la decisione del Tribunale per i minorenni relativa al mantenimento diretto da parte di ciascun genitore nei periodi di permanenza della figlia era da considerarsi semplicemente riproduttiva di principi generali, ma priva di contenuto specifico per il caso esaminato. Conseguentemente, la Suprema Corte ha considerato legittimo il comportamento della madre della minore che, a fronte dell'inadempimento dell'altro genitore, si è rivolta al Tribunale ordinario per ottenere un provvedimento giudiziale ex articolo 148 Cc che, a valere dal momento della domanda e per il futuro, sostituiva la scrittura privata del 2002, e dall'altra ha richiesto il decreto ingiuntivo volto al recupero di somme dovute per il passato, salvo il divieto del doppio incasso, che nella fattispecie non vi è stato.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamentava l'omessa motivazione sul carattere straordinario o meno delle spese richieste in sede monitoria. La Corte di Cassazione ha dichiarato il motivo infondato, poiché il riconoscimento delle spese straordinarie è avvenuto sulla considerazione di quanto concordato tra le parti, le quali avevano preventivamente individuato alcune voci di spesa poste esclusivamente a carico del padre. Pertanto la Corte di Appello legittimamente si è limitata a verificare che la madre avesse effettivamente sostenuto per la figlia le spese richieste.