Civile

Vendita a prezzo inferiore alla perizia: rivalutazione in salvo

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di Alessandro Borgoglio

Non decade dalla rivalutazione del terreno edificabile il contribuente che lo abbia ceduto a un prezzo inferiore a quello rivalutato. Il Fisco, in tal caso, non può accertare la plusvalenza sulla base del costo di acquisto originario del terreno. Lo ha stabilito la Ctr Puglia con la sentenza 1476/1/2019 (presidente Ventura, relatore Merra).

La questione è quella riguardante la cessione di terreni edificabili che siano stati preventivamente rivalutati in base all’articolo 7 della legge 448/2001, ma poi ceduti a un prezzo inferiore a quello risultante dalla perizia giurata di stima necessaria per la rivalutazione.

Secondo il Fisco, qualora il contribuente intenda avvalersi del valore rideterminato, deve necessariamente indicarlo nell’atto di cessione anche se il corrispettivo è inferiore: in tal caso, le imposte di registro, ipotecarie e catastali devono essere assolte sul valore di perizia indicato nell’atto di trasferimento. Diversamente, nell’ipotesi in cui nell’atto di trasferimento sia indicato un valore inferiore a quello rivalutato, si rendono applicabili le regole ordinarie di determinazione delle plusvalenze indicate nell’articolo 68 del Tuir, senza tener conto del valore rideterminato. Tuttavia, il contribuente ha anche la possibilità di rideterminare nuovamente il valore del terreno detenuto (circolare 1/E/2013, paragrafo 4.1; in senso conforme, circolari 47/E/2011 e 35/E/2004).

Due filoni
I giudici di legittimità, invece, hanno formato nel tempo due filoni giurisprudenziali contrapposti. Secondo quello maggioritario, confermato anche dalla Ctr Puglia, la pregressa scelta del contribuente di aderire al regime speciale agevolativo consistente nella rivalutazione del valore o costo di acquisto, in deroga al sistema ordinario, facendo redigere apposita perizia giurata ed effettuando il relativo versamento dell’imposta sostitutiva, non preclude all’amministrazione finanziaria di procedere all’accertamento del valore della cessione, né impedisce al cedente di alienare il bene a un prezzo inferiore a quanto dichiarato ai fini della rivalutazione.

In tal caso, deve escludersi la decadenza del contribuente dal beneficio e la possibilità per l’amministrazione finanziaria di calcolare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri, cioè a partire dal vecchio valore di acquisto (da ultimo, la sentenza di Cassazione 2894/2019, conforme alle sentenze 7037 e 25501 del 2018).

La parola alle Sezioni unite
D’altra parte, però, la Suprema corte ha anche stabilito che, nel caso in cui viene dichiarato nell’atto di vendita un prezzo inferiore a quello oggetto della perizia di stima, ciò non può essere considerato preclusivo dell’esercizio del potere di accertamento dell’ufficio, quanto alle imposte dirette sulla plusvalenza non dichiarata e realizzata con la cessione. Accertamento che, in mancanza del riferimento del prezzo del valore periziato, legittimamente assume, ai fini della quantificazione della plusvalenza il criterio ordinario di cui all’articolo 68 del Tuir (Cassazione 19465/2016).

Quest'ultimo filone giurisprudenziale sfavorevole al contribuente ha visto di recente un ulteriore ampliamente operato dalla Cassazione 19351/2019, con cui la questione, però, è stata finalmente rimessa alle Sezioni unite.

Ctr Puglia 1476/1/2019

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