Violazione della correttezza professionale per cessione a terzi del marchio patronimico
Beni - Immateriali - Marchio (esclusività del marchio) - In genere marchio patronimico - Cessione a terzi - Inserimento dello stesso nome anagrafico in un altro marchio - Limiti - Principi di correttezza professionale - Individuazione - Fattispecie.
L'imprenditore che abbia ceduto a terzi un marchio patronimico, incentrato sul proprio nome anagrafico, può procedere alla registrazione di altro marchio che rechi lo stesso nome, ma deve rispettare i principi di correttezza professionale, sicché il giudice di merito deve considerare insieme all'indebito beneficio che l'imprenditore tragga dallo sfruttamento del patronimico contenuto nel marchio ceduto, anche il pregiudizio che in tal modo viene arrecato al nuovo titolare dello stesso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, che aveva omesso di valutare la conformità ai principi di correttezza professionale del comportamento dell'imprenditore che, dopo aver ceduto il marchio patronimico "Fiorucci", aveva registrato un altro marchio, recante la sequenza linguistica "Love Therapy by Elio Fiorucci", riferito a prodotti riconducibili al medesimo "brand" commerciale dell'acquirente del marchio anteriore).
•Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 29 maggio 2020 n. 10298
Beni - Immateriali - Marchio (esclusività del marchio) - In genere art. 1 - bis del r.d. n. 929 del 1942, interpretato alla luce della disciplina comunitaria - Marchio contenente un patronimico - Inserimento dello stesso nome anagrafico in altro marchio - Limiti - Principi della correttezza professionale - Assenza di pregiudizio per il primo marchio - Necessità - Accertamento da parte del giudice di merito.
In tema di marchi, ai sensi dell'art. 1-bis del r.d. n. 929 del 1942, "ratione temporis" vigente, interpretato alla luce della direttiva n. 89/104/CE, contrasta coi principi della correttezza professionale l'uso del proprio nome anagrafico che pregiudichi il valore di un marchio già registrato contenente lo stesso patronimico, in quanto in tal modo si trae indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà, sicché il giudice di merito avanti al quale si dibatta della nullità della registrazione del successivo marchio deve sempre accertare l'eventuale produzione di tale effetto, che normalmente avviene, anche in assenza di rischio di confusione, laddove l'utilizzazione sia priva di funzione descrittiva e determini, pertanto, un agganciamento dei segni e l'attenuazione della funzione distintiva del primo. •Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 24 maggio 2017 n. 12995
Beni - Immateriali - Marchio - In genere (esclusività del marchio) - Marchio contenente un patronimico - Cessione dal suo titolare a terzi - Successivo inserimento dello stesso patronimico in altro segno distintivo della persona - Legittimità - Limiti.
In tema di cessione di marchio (nella specie "Fiorucci"), l'inserimento, in quest'ultimo, di un patronimico coincidente con il nome della persona che in precedenza l'abbia incluso in un marchio registrato, divenuto celebre, e poi l'abbia ceduto a terzi, non è conforme alla correttezza professionale se non sia giustificato, in una ambito strettamente delimitato, dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all'attività, ai prodotti o ai servizi offerti dalla persona, che ha certo il diritto di svolgere una propria attività economica ed intellettuale o creativa ma senza trasformare la stessa in un'attività parallela a quella per la quale il marchio anteriore sia non solo stato registrato ma abbia anche svolto una rilevante sua funzione distintiva.
•Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 25 maggio 2016 n. 10826
Beni - Immateriali - Marchio - In genere (esclusività del marchio) - Artt. 21, comma 1, lett. a), e 22 del d.lgs. n. 30 del 2005 - Inserimento nella denominazione sociale, in funzione distintiva, del patronimico di un socio corrispondente a marchio già registrato da altri - Divieto - Fondamento - Limiti - Conformità al principio della correttezza professionale - Necessità.
Ai sensi degli artt. 21, comma 1, lett. a), e 22 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, un segno distintivo costituito da un nome anagrafico validamente registrato come marchio non può essere, di regola, adottato, in settori merceologici identici o affini, né come marchio, né come denominazione sociale, salvo il principio della correttezza professionale, neppure dalla persona che legittimamente porti quel nome, in quanto, nell'ambito dell'attività economica e commerciale, il diritto al nome subisce una compressione ove sia divenuto oggetto di registrazione ad opera di altri. Ne consegue che non è conforme alla correttezza professionale l'inserimento, nella denominazione sociale, del nominativo di uno dei soci, coincidente con il nome proprio precedentemente incluso in un marchio registrato da terzi, che non sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all'attività, ai prodotti o ai servizi offerti, la cui ravvisibilità non può consistere nella sola circostanza che il nome sia patronimico di un socio.
•Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 25 febbraio 2015 n. 3806