Civile

Voluntary disclosure e ravvedimento operoso, sì al rimborso dell’Euroritenuta

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 33282 depositata oggi, rigettando il ricorso del Fisco

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di Francesco Machina Grifeo

Il diritto al rimborso dell’imposta pagata all’estero - nel caso, l’Euroritenuta sugli interessi di un conto corrente presso una banca svizzera - da un soggetto fiscalmente residente in Italia, che abbia aderito alla procedura di “collaborazione volontaria” va applicato anche all’ipotesi del “ravvedimento operoso”. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 33282 depositata oggi, rigettando il ricorso del Fisco contro la decisione della Ctr Lombardia che per evitare una “doppia imposizione” aveva riconosciuto il diritto al rimborso ad una cittadina italiano. La contribuente, infatti, aveva presentato l’istanza restitutoria allegando di avere aderito alla voluntary disclosure per il 2012 e 2013, ed al ravvedimento operoso per il 2014 e 2015, e di avere adempiuto ad ogni onere previsto dalla legge.

Dunque, prosegue la Cassazione, il fatto che la dichiarazione contra se del contribuente avvenga nell’ambito di una procedura di collaborazione volontaria, prevista da una normativa speciale ed agevolativa, che consente al contribuente di regolarizzare plurimi anni di imposta, usufruendo di un trattamento sanzionatorio più favorevole, non esclude a priori il rimborso della ritenuta pagata all’estero.

Del resto, prosegue la decisione, la circostanza che la disciplina delle nuove voluntary disclosure faccia salvo lo scomputo di talune ritenute estere costituisce indice rivelatore della situazione di potenziale doppia imposizione pregiudizievole che viene a crearsi. Né può dimenticarsi che lo Stato estero, quale mero adiectus solutionis causa, trattiene una modesta quota delle ritenute quale aggio per la riscossione e ne riversa la maggior parte allo stato italiano, beneficiario effettivo.

Pertanto, le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, impongono un’applicazione delle norme interne (articolo 165 T.u.i.r., e disciplina della collaborazione volontaria) “comunitariamente e convenzionalmente orientata”.

L’irretrattabilità, nel caso della voluntary disclosure, spiega la Corte, riguarda il contenuto della dichiarazione confessoria, ma “non preclude al dichiarante di richiedere il rimborso dell’euroritenuta precedentemente versata, in conformità con quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia, così come attuata nell’ordinamento italiano (art. 10 d.lgs. 18 aprile 2005, n. 84)”.

In tal senso, prosegue, appare “significativo” il superamento, in tema di ravvedimento operoso, delle limitazioni previste dall’articolo165 Tuir. Nella circolare n. 9/E del 5 marzo 2015, infatti, la stessa Agenzia delle Entrate ha sostenuto che il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi, comunque, dichiarato e conseguentemente al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero.

In sostanza, ciò che rileva ai fini del riconoscimento del credito d’imposta è la circostanza che il contribuente abbia provveduto ad integrare la propria dichiarazione dei redditi per correggere errori od omissioni, mediante una successiva dichiarazione, il che è analogo a ciò che avviene con il meccanismo della voluntary disclosure.

In definitiva, in applicazione della normativa comunitaria (art. 14 della direttiva 2003/48/CE, come recepita nell’ordinamento italiano dall’art.10, d.lgs. del 18 aprile 2005, n. 84, attuativo della citata direttiva, che costituisce disciplina normativa speciale prevalente su quella interna), deve riconoscersi il diritto al rimborso dell’euroritenuta pagata all’estero sugli interessi relativi a disponibilità finanziarie detenute su conto corrente presso una banca svizzera da un soggetto fiscalmente residente in Italia, che abbia aderito alla procedura di “collaborazione volontaria”, la quale consente al contribuente, mediante una dichiarazione confessoria spontanea, di regolarizzare plurimi anni di imposta relativamente a tali interessi, usufruendo di un trattamento sanzionatorio più favorevole. Ad analoghe conclusioni deve giungersi in materia di ravvedimento operoso, anch’essa una procedura che, in sostanza, si risolve in una dichiarazione integrativa contra se, tardiva, ma autorizzata dalla legge.

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