231, responsabilità dell’ente solo per reati dei vertici o di chi è sottoposto alla loro vigilanza
L’autore dell’illecito presupposto deve rientrare nel perimetro ex Dlgs 231/2001 delle figure apicali al fine di appurare poi eventuali carenze organizzative che fanno scattare la colpa dell’ente
La responsabilità amministrativa dell’ente a norma della “231” per il reato presupposto commesso da persona inserita nella vita societaria scatta solo se sussiste un rapporto qualificato tra l’ente e la persona fisica che ha commesso il reato di cui indirettamente possa essersi avvalsa la società. Il rapporto deve poter rientrare nel perimetro organizzativo della società stessa al fine di poter accertare il presupposto della sua responsabilità amministrativa in quella che viene definita “colpa in organizzazione”.
La Cassazione penale - con la sentenza n. 19096/2025 - ha accolto il motivo di ricorso dell’ente sanzionato a norma del Dlgs 231 per i furti di carburante presso altra società e la sottrazione dello stesso al pagamento delle accise commesso da persona intranea all’ente ma di cui non era stata dimostrata la posizione apicale rivestita o la sua sottoposizione alla vigilanza dei vertici aziendali.
In effetti l’imputato del reato presupposto, condannato anche per associazione a delinquere con gli esponenti della società spoliata illecitamente del carburante, non era stato inquadrato né a norma della lettera a) né della lettera b) dell’articolo 5 del Dlgs 231/2001 nelle categorie dei soggetti i cui reati presupposti possono essere imputati anche alla responsabilità amministrativa dell’ente se questo non ha adottato o lo ha fatto in maniera negligente le regole organizzative interne facendo mancare la possibilità di vigilare sull’andamento della vita societaria. Si tratta di adempimento di cautele che sono integrate dall’adozione dei modelli organizzativi sempre targati “231” e che consentono di seguire l’andamento e le finalità delle condotte messe in atto dai soggetti interni all’azienda al fine di valutarne la legittimità il rispetto delle rispettive attribuzioni.
Nel caso concreto il soggetto condannato per il reato presupposto era stato definito in giudizio un consulente o un addetto al settore commerciale della società. Mancava, quindi, la sua qualificazione in una posizione apicale dell’ente o di figura sottoposta alla vigilanza di chi sia posto ai vertici dell’azienda.
Il giudice del rinvio, in sintesi, al fine di confermare o escludere la responsabilità amministrativa dell’ente dovrà fare la verifica che è mancata nelle due fasi di merito dl giudizio sulla possibilità di far rientrare l’autore del reato presupposto in una delle due definizioni dettate dalla legge:
a) persona che riveste funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché persona che esercita, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) persona sottoposta alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).