Penale

Decreto 231, il sequestro preventivo non è applicabile senza motivare sul periculum in mora

L’apprensione anticipata di parte del patrimonio dell’ente non è automaticamente giustificata dall’attuale stato di incapienza e l’obbligo motivazionale sussiste anche se vi è anticipazione di confisca obbligatoria

di Paola Rossi

Il giudice che stabilisca di applicare il sequestro preventivo nel caso di responsabilità dell’ente derivante dalla sottrazione di merci importate al pagamento dei dazi doganali e della relativa Iva all’importazione - da cui deriva la confisca patrimoniale stabilita dal Dlgs 231/2001 quale sanzione per l’illecito vantaggio conseguito dall’ente - deve motivare sul periculum in mora. L’obbligo motivazionale è stato già affermato dalle sezioni Unite della Cassazione senza operare distinzioni tra il caso in cui la confisca, una volta conseguita la condanna in sede penale, sia obbligatoria o facoltativa.

Con la sentenza n. 20078/2025 la terza sezione penale della Corte di cassazione ha accolto il ricorso dell’ente che lamentava l’ingiustificato rischio di paralisi della propria attività economica dall’applicazione, a una parte ingente del proprio patrimonio della misura adottata sul solo presupposto del proprio stato di incapienza patrimoniale.

La misura cautelare è stata infatti annullata in sede di legittimità, affinché il giudice del rinvio completi la motivazione con la necessaria esposizione nel provvedimento di sequestro del rischio di dispersione del patrimonio dell’ente tale da giustificare l’anticipazione della misura ablativa della confisca.

Afferma quindi la Cassazione che, in caso di sequestro preventivo impeditivo a carico degli enti per somme dovute all’Erario, applicato su beni che costituiscono il prezzo e il profitto del reato ex articolo 53 della 231 (per cui è obbligatoria la confisca, anche per equivalente) non scatta alcuna automatismo in base alla sola generica indicazione dello stato di incapienza momentanea della società al punto di non richiedere alcuna giustificazione in tema di rischio di dispersione dei beni, ossia lo stato di incapienza non costituisce in sé la dovuta motivazione da cui deve essere sorretta la misura impeditiva e anticipatoria della confisca che di fatto può porsi in contrasto con la garanzia di altri rilevanti diritti costituzionalmente garantiti quali il diritto di proprietà e di libertà di iniziativa economica.

Dalla contrapposizione del diritti in gioco deriva la necessità che la misura impeditiva che anticipa la possibile ablazione dei beni patrimoniali dell’ente in caso di condanna in sede penale sia applicata nel rispetto del principio di proporzionalità garantito dall’esposizione del concreto rischio di dispersione del patrimonio dell’ente. In particolare, a fronte di un sequestro di ingente estensione tale da bloccare del tutto l’attività economica della società fino a impedirgli illegittimamente la possibilità di conseguire utili e di proseguire la propria attività futura.

Non basta, in conclusione, a giustificare il sequestro preventivo la sola indicazione, da parte del giudice che lo applica, della circostanza che il patrimonio del soggetto passibile di ablazione in caso di condanna sia di consistenza inferiore alla somma sino alla cui concorrenza questa dovrebbe operare. Tale presupposto, in caso di applicazione della misura ex articolo 53 del Dlgs 231/2001, non è spendibile come valida motivazione che sarebbe invece sufficiente a giustificare la diversa fattispecie del sequestro conservativo in caso di mancanza o insufficienza della garanzia patrimoniale.

Nessuna diminuzione dell’obbligo motivazionale in tema di periculum in mora deriva quindi dal fatto che il sequestro sia anticipatorio di confisca obbligatoria invece che facoltativa.

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