Amministrativo

Lo stato di necessità di un tetto familiare non giustifica l'occupazione abusiva dell'alloggio pubblico

di Francesco Clemente

In tema di “diritto alla casa”, lo «stato di necessità» di un tetto famigliare non giustifica l'occupazione abusiva dell'alloggio pubblico. Ad affermarlo è il Tar del Lazio nella sentenza n. 4407/2015, depositata dalla sezione Terza-Q il 20 marzo scorso. I giudici hanno respinto il ricorso di un occupante che contestava il provvedimento di sgombero ordinatogli da un Comune per aver preso possesso sine titulo di un alloggio di edilizia residenziale pubblica rinvenuto libero da cose e persone. Il ricorrente aveva contribuito a proprie spese al recupero dell'immobile in stato di abbandono e aveva poi presentato all'Ente richiesta di sanatoria. Nel ricorso, tra le altre cose, si sosteneva che l'occupazione fosse legittimata dallo «stato di necessità» di reperire una casa per la propria famiglia, ovvero di dover godere di quella «componente essenziale dei diritti fondamentali riconosciuti ad ogni individuo per consentirgli la partecipazione piena alla società», appellandosi ai principi del “Patto internazionale sui diritti civili e politici” del 1966 e ratificato in Italia con legge n. 881/1977.

A detta del collegio, invece, anche se la «necessità» è data dall'«impossibilità di reperire sul mercato un alloggio adeguato al proprio nucleo familiare», tale status «non può in alcun modo, essere legittimamente invocato quale titolo per la detenzione dell'immobile; il predetto istituto, infatti, può operare quale scriminante specifica rispetto alla comminatoria di eventuali misure sanzionatorie, ma non può essere, invece, utilmente invocato al precipuo fine di contrastare i provvedimenti che pacificamente non hanno alcuna finalità sanzionatoria concretizzando ed integrando esclusivamente l'esercizio del potere di autotutela spettante all'amministrazione pubblica». Questo perché, hanno sottolineato i giudici, lo scopo dell'atto di sgombero non è «procedere alla punizione degli occupanti abusivi e prescinde, pertanto, integralmente, da ogni accertamento circa la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi di un fatto illecito, in quanto funzionalmente teso essenzialmente al solo recupero degli immobili facenti parte del proprio patrimonio al precipuo fine di consentire il loro corretto utilizzo in base alle procedure di legge».


Secondo quanto affermato nella sentenza poi, l'appellato “diritto alla casa” che, come nel caso di specie, viene derivato dalla legge nazionale di ratifica del “Patto di New York” («gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che includa un'alimentazione, un vestiario, ed un alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita», art. 11, legge n. 881/1977) - «non legittima comunque sotto alcun profilo l'occupazione senza titolo di un alloggio di edilizia residenziale pubblica», posto che, come è stato ribadito, «le risposte date dall'ordinamento agli stati di bisogno abitativo anche grave consistono nell'attivazione dei servizi preordinati a fornire aiuto alle fasce meno abbienti, che possono concretarsi in sussidi economici, nella temporanea ospitalità presso strutture convenzionate o nell'assegnazione in deroga di alloggi di edilizia economica e popolare».

Tar Lazio - Sezione Terza-Quater - Sentenza 4407/2015 del 20 marzo 2015

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