Civile

Assegno di divorzio con i nuovi criteri per tutti i giudizio di «rinvio» della Cassazione

di Giorgio Vaccaro

La sentenza delle Sezioni unite 18287/2019, quella che ha rivoluzionato le regole per l’attribuzione dell’assegno divorzile ha molte ricadute. L’ultima quella affrontata dalla Cassazione, prima sezione civile, con la sentenza 11178/19 (relatore Campese) per la quale l’esistenza di vere e proprie “nuove regole” nell’interpretare la norma che riconosce l’assegno divorzile porta alla necessità di risolvere le questioni pendenti in materia davanti alla Suprema corte con rinvio in riforma alla corte di merito (si veda un primo commento sul Sole 24 ore del 3 maggio).

Questo, ogni volta che si debba provvedere a una nuova valutazione sulla spettanza o meno del diritto in favore del coniuge debole attraverso il riesame di tutto il quadro «desumibile dall’istruttoria svolta» alla luce, appunto, delle nuove regole. Nel giudizio di rinvio, inoltre, le parti potranno essere rimesse «nei poteri di allegazione e prove» conseguenti al nuovo indirizzo dato dalle Sezioni unite.

L’evoluzione della giurisprudenza
L’analisi svolta dalla prima sezione della Cassazione detta una vera e propria lettura ragionata della recente evoluzione della giurisprudenza sull’assegno divorzile: tutti i precedenti orientamenti, infatti, sono stati superati ed «è stata profondamente innovata» la stessa interpretazione dell’articolo 5 della legge 898/70 (legge sul divorzio) sino a portare l’assegno divorzile, appunto, ad avere «la funzione compensativa e perequativa che gli compete». I giudici ripercorrono la storia dei criteri per giungere all’attribuzione dell’assegno al termine del matrimonio e, nel condividere la «riaffermazione del principio di solidarietà post coniugale, agganciato ai parametri costituzionali degli articoli 2 e 29 della Costituzione» fissa, chiarendoli, i punti stabiliti dalle Sezioni unite per una corretta interpretazione della legge.

I criteri per quantificare l’assegno
Quindi, per stabilire se, ed eventualmente in quale entità, debba essere riconosciuto l’assegno divorzile il giudice:
a) procede, anche a mezzo dell’esercizio dei poteri officiosi, alla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti;
b) qualora risulti l’inadeguatezza dei mezzi del richiedente, o comunque l’impossibilità di procurarseli per ragioni obbiettive, deve accertarne rigorosamente le cause in base ai parametri indicati dall’articolo 5, comma 6, prima parte, della legge 898/70, e in particolare se quella sperequazione sia, o meno, la conseguenza del contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali, in relazione all’età dello stesso e alla durata del matrimonio;
c) quantifica l’assegno riportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, né al parametro dell’autosufficienza economica, ma in misura tale da garantire all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo sopra richiamato.

Questi, in breve, i principi che devono essere applicati dalle Corti d’appello, nella rilettura delle evidenze istruttorie dei giudizi di rinvio. Salva, come detto, la facoltà di ammettere le nuove prove che servano a supportare il nuovo accertamento.

Cassazione, sentenza 11178 del 23 aprile 2019

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