Penale

«Ripensare la pena», a Torino il convegno della Compagnia di San Paolo

di Adriano Moraglio


«Una pena che non favorisca l'assunzione di responsabilità, individuale e sociale, non assolve alla funzione riabilitativa prevista dalla Costituzione». Antonella Ricci, responsabile dell'area Politiche sociali di Compagnia di San Paolo, lo dice in modo esplicito, sostenendo che «la pena non deve rappresentare soltanto una sanzione». «Gherardo Colombo – aggiunge - l'ha detto in modo molto chiaro: se la pena non crea responsabilità la distrugge». In Italia però ci sono segnali (e risultati) che vanno nella direzione dell'assunzione di responsabilità e la Compagnia di San Paolo ha voluto focalizzarsi su questo emergere di positività con il convegno “Guardiamoci dentro” apertosi ieri pomeriggio a Torino al Campus universitario Luigi Einaudi e che proseguirà oggi al Foyer del Toro del Teatro Regio. Il Presidente della Compagnia di San Paolo, Luca Remmert, introducendo il convegno, ha detto che «garantire un adeguato livello di dignità a queste persone è un dovere morale e un principio sancito dalla nostra Costituzione. Ma occorre andare oltre. Noi siamo convinti che offrire ai detenuti e alle detenute adeguate opportunità per riabilitarsi, per acquistare o riacquistare dignità e onore, pur nella severità necessaria e imprescindibile della pena, contribuisca in modo concreto e duraturo alla sicurezza sociale e di conseguenza al beneficio di tutta la comunità».

«Dobbiamo sempre di più domandarci qual è il senso della pena - ha sottolineato Antonella Ricci – e considerare anche che nel mondo della illegalità e della criminalità la pena detentiva non contrasta il crimine, ma favorisce il ricambio generazionale di coloro che lo commettono; non favorisce neppure un'azione riparativa nei confronti delle vittime. Sull'onda della strada intrapresa già dal Governo Monti, dobbiamo individuare quali azioni possono essere caldeggiate per sostenere una concezione di pena orientata alla responsabilità individuale e collettiva». Innanzitutto – è quanto è emerso ieri al convegno – occorre un'alleanza più stretta tra personale penitenziario, operatori di cooperative sociali e associazioni, garanti, ministri di culto, volontari, con l'obiettivo «dell'assunzione di responsabilità individuale e sociale costituisce per la persona detenuta l'avvio di un processo di ricostruzione di una identità diversa; ma tale ricostruzione identitaria necessita di essere sostenuta anche dall'attività lavorativa: sappiamo quanto il lavoro permetta il recupero di dignità».

Occorre «una responsabilità collettiva», ha aggiunto la Ricci, nel percorso di ripensamento delle modalità di gestione della pena: «Il territorio può diventare una risorsa fondamentale per creare inclusione, ma la condizione imprescindibile è un cambiamento culturale che parta dal riconoscere una responsabilità collettiva nella costruzione di un nuovo patto di cittadinanza. Come favorire questo processo?». Quesiti su cui ha cominciato a rispondere il convegno con quattro tavoli di lavoro: sul senso della pena in relazione al quadro normativo, su come far lavorare insieme volontari, cooperative e personale penitenziario, su come contrastare la pena del “non lavoro” e sulle risorse da attivare sul territorio.

Oggi sarà la volta del racconto di esperienze, alla presenza del viceministro della Giustizia, Enrico Costa. E Compagnia di San Paolo porterà la sua personale esperienza, dettagliata anche da numeri rilevanti. Nell'ambito delle iniziative a favore della popolazione carceraria, l'impegno della Compagnia di San Paolo conta una molteplicità di interventi in diverse direzioni con contributi che arrivano complessivamente a 13,4 milioni di euro, di cui 6 investiti tra il 2011 e il 2014 con “Progetto Libero”, iniziativa di sostegno all'opera di volontari e cooperative. A questi si aggiungono gli importi assegnati dall'Ufficio Pio per oltre 2 milioni di euro relativi al progetto Logos, che quest'anno compie dieci anni ed è rivolto ai detenuti in uscita dal carcere, e ad altri interventi in sostegno alle necessità primarie dei detenuti della casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino.

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