Penale

Dirigenti Pirelli non colpevoli per il decesso di alcuni operai esposti all’amianto

La Cassazione conferma la non colpevolezza degli amministratori Pirelli in relazione alle malattie contratte da lavoratori nella ciclo di produzione degli pneumatici in funzione dell'esposizione e del contatto con polveri di amianto.

La vicenda. La Corte si è trovata alle prese con l'appello proposto dalla procura contro l'assoluzione dei dirigenti e degli addetti alla sicurezza imputati di omicidio colposo. I Supremi giudici con la sentenza n. 25125/18 hanno precisato che loro non possono di certo assurgere a esperti medici e di qui arrivare a delle conclusioni proprie e ribaltare il verdetto di merito. Il loro ruolo è più semplicemente quello di valutare gli elementi acquisiti nella fase di merito e rilevare la loro coerenza. A tal proposito - si legge nella sentenza - l'iter motivazionale seguito dai giudici di secondo grado è immune da vizi. In particolare la Procura aveva eccepito come in diversi casi in funzione dell'esposizione prolungata all'amianto in certi casi, e a dosi massicce della sostanza cancerogena in altri si era verificata un'accelerazione della malattia (cosiddetta latenza) e il decesso sistematico di diversi lavoratori. Come rilevato, però, correttamente dai giudici di merito negli anni ottanta ancora non c'erano degli studi scientifici in materia che fornissero una sicurezza tra esposizione e malattia. Questo perché sulla base dei risultati scientifici esaminati dal primo giudice (II Consensus di Orbassano, Quaderno 15 del Ministero della Sanità, ricostruzioni Agenzia Iarc) e agli studi epidemiologici richiamati in sentenza (sperimentazioni Wagner e Berry), richiamati altresì gli approdi del terzo consensus Conference di Bari non era possibile formulare un giudizio scientifico di correlazione tra dose di amianto assunta e riduzione della latenza, ma solo una valutazione di aggravamento del rischio di contrarre la patologia e di aumento della frequenza della stessa in un determinato contesto lavorativo spazio temporale. Oltre a queste conoscenze che per l'appunto non fornivano alcuna certezza, c'era anche da valutare il fattore soggettivo. La predisposizione cioè individuale ad ammalarsi prima o dopo degli altri in funzione del proprio organismo.

Altre circostanze. Si legge, inoltre, nella sentenza che non potevano non considerarsi altri elementi esterni agli stabilimenti Pirelli, quali la circostanza che alcuni lavoratori si fossero recati per diverso tempo in acciaierie o comunque in altri luoghi dove erano potuti venire a contatto con materiali pericolosi e che avevano accelerato la malattia. In definitiva, quindi, è stata respinta la tesi della Procura per mancanza di dati certi (illo tempore) che dimostrassero il principio di causalità.

Corte di cassazione - Sezione IV civile - Sentenza 5 giugno 2018 n. 25125

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