Penale

Un riconoscimento pieno del ruolo dell’informazione

di Caterina Malavenda

Se ci fosse un premio speciale per i fautori della buona informazione, bisognerebbe quest’anno darlo a Giovanni Melillo, Procuratore della Repubblica di Napoli, una piazza tutt’altro che facile, che ha incluso i giornalisti fra i soggetti cui l’articolo 116 del Codice di procedura penale riconosce la facoltà di avere copia di atti del procedimento, siccome titolari del diritto- dovere di informare e di farlo nel migliore dei modi.

Dopo le necessarie consultazioni e con il prezioso contributo degli avvocati, si è assunta, perciò, la diretta responsabilità di decidere, caso per caso, se e a quali provvedimenti giudiziari gli organi di informazione potranno avere accesso, pagando il dovuto.

Certo la circolare, il cui oggetto non lascia adito a dubbi, contiene numerosi distinguo e tiene debito conto degli interessi, spesso confliggenti, di parti processuali, terzi estranei e operatori del diritto, oltre che della superiore tutela delle investigazioni in corso, ma individua e tenta di risolvere i due problemi che, più di altri, in questi anni, hanno alimentato un dibattito acceso fra sordi.

Innanzi tutto, le modalità di redazione degli atti processuali, a volte scritti con il malcelato intento di far “uscire” dal fascicolo profili, estranei alle indagini, privi di reale interesse pubblico, ma che fanno audience, ben sapendo che attireranno l’attenzione, a tratti morbosa, dei mass media, incentivando dibattiti e serate televisive, spesso a scapito del vero oggetto delle indagini.

La circolare richiama, perciò, impersonalmente il pubblico ministero ad aver cura, nello scrivere gli atti, di evitare i riferimenti a fatti e circostanze irrilevanti ai fini processuali, “vieppiù” –avverbio insolito, ma appropriato- se riferiti a dati personali.

I terzi estranei e i profili più delicati della vita degli stessi indagati, così, potranno esser sottratti, a patto che non assumano autonomo interesse pubblico, alle luci della ribalta, riservata a temi più pertinenti alla cronaca giudiziaria.

Subito dopo, il “mercato” degli atti, presso le parti processuali che ne hanno il legittimo possesso, descritto con una perifrasi fulminante, se pure fra parentesi -«(sottraendo il giornalista alla evidente necessità di adoperarsi per ottenere, in via indiretta e informale, i documenti in possesso del giudice e delle parti..)»- del quale non sfugge all’estensore lo scopo, siccome «necessari alla responsabile e completa informazione del pubblico».

Ed è proprio questo il fine cui tende l’impianto esplicativo, «la libertà e la correttezza dell’informazione», che può perseguire i suoi scopi più alti solo se è completa; e la completezza, in questo caso, passa per la possibilità di esaminare tutti gli atti importanti e non solo quelli che parti, legittimamente interessate all’esito del processo, ma anche al palcoscenico mediatico, sono disponibili a passare sottobanco per avere “buona stampa”.

Certo non è la panacea di tutti i mali, perché poi è l’uso che degli atti a far la differenza e perché il rilascio delle copie è soggetto pur sempre ad una decisione discrezionale e non impugnabile, come tale non immune da influenze esterne e da errori di valutazione.

Ma è una vera apertura e soprattutto un prezioso riconoscimento concreto del ruolo che l’informazione gioca in una società democratica, in cui l’andamento di un’indagine e il controllo sociale, cui deve essere soggetta, debbono camminare di pari passo, aiutandosi l’un l’altro.

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