Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 7 e il 12 dicembre

di Federico Ciaccafava

Nell’appuntamento settimanale con la giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si segnalano, tra le numerose depositate, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: cartella di pagamento, preavviso di iscrizione ipotecaria e tempestività dell’opposizione agli atti esecutivi; associazione non riconosciuta, legale rappresentante e limiti di efficacia del titolo esecutivo;  giudizio di appello, adesione alla consulenza tecnica d’ufficio ed assolvimento del dovere motivazionale; giudizio di appello, omessa fissazione dell’udienza di discussione orale ritualmente richiesta e nullità della sentenza; arbitrato, lodo parziale e condizioni di autonoma impugnabilità; omessa pronuncia su motivo di appello e scrutinio della relativa questione in sede di legittimità; esecuzione forzata e portata del divieto di spedizione del titolo in forma esecutiva in plurime copie; spese di giudizio, criterio della soccombenza e contumacia della parte.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

ESECUZIONE FORZATA Cassazione n. 27957

La sentenza ribadisce che l’opposizione agli atti esecutivi va proposta nei venti giorni dalla conoscenza del successivo atto che presupponga quello che si assume viziato, il quale, pertanto, comporta la conoscenza, anche di fatto, dell’atto precedente.

ESECUZIONE FORZATA Cassazione n. 27959

Aderendo a una dictum del 2019 di indubbio rilievo nomofilattico in tema di esecuzione forzata, l’ordinanza riafferma che l’efficacia esecutiva del titolo formatosi contro la sola associazione non riconosciuta in un giudizio di cognizione nel quale il creditore non abbia convenuto, in proprio, anche l’eventuale soggetto responsabile in via solidale con questa ai sensi dell’art. 38 c.c., al fine di ottenere l’accertamento della sua responsabilità solidale e la sua condanna, unitamente a quella dell’ente stesso, non si estende automaticamente al predetto soggetto.

IMPUGNAZIONI/APPELLO Cassazione n. 28073

Soffermandosi sul corretto assolvimento del dovere motivazionale da parte del giudice di appello, la Suprema Corte, in conformità ad un recente precedente, ritiene non adeguatamente motivata la sentenza la quale si limiti ad evocare una C.T.U. dichiarando genericamente di condividerne gli assunti.

IMPUGNAZIONI/APPELLO Cassazione n. 28188

Nella pronuncia la Suprema Corte, muovendo dall’assunto che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, riafferma che l’omessa fissazione, nel giudizio d’appello, dell’udienza di discussione orale, pur ritualmente richiesta dalla parte ai sensi dell’art. 352 cod. proc. civ., non comporta necessariamente la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa.

ARBITRATO Cassazione n. 28190

L’ordinanza ribadisce che il lodo parziale è immediatamente impugnabile, ai sensi dell’art. 827, terzo comma, cod. proc. civ., solo nel caso in cui, decidendo su una o più domande, abbia definito il giudizio relativamente ad esse, attesa l’esecutività che il lodo stesso può assumere in questa ipotesi; viceversa, l’immediata impugnabilità deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni preliminari di merito senza definire il giudizio.

SENTENZA Cassazione n. 28192

Chiamata a pronunciarsi sull’impugnazione della pronuncia emessa all’esito di un reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, la Corte riafferma che una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, si può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello, sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto.

ESECUZIONE FORZATA Cassazione n. 28303

La decisione individua la portata del divieto di spedizione del titolo in forma esecutiva in plurime copie sancito dall’art. 475, primo comma, cod. proc. civ., affermando che esso riguarda ciascuna parte in favore della quale è stato pronunciato il titolo stesso: ne deriva che potranno essere spedite in forma esecutiva tante copie dello stesso titolo quanti siano i titolari attivi dell’obbligazione, mentre la copia rilasciata con la formula dovrà essere unica in favore di ogni titolare attivo, laddove per tale si intende ciascuna persona a favore della quale il titolo è stato emesso ovvero il successore che subentra nella stessa posizione di diritto.

 SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 28311

 La pronuncia consolida l’indirizzo secondo il quale nella regolamentazione delle spese di giudizio, la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia poi rimasta contumace.

 

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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Esecuzione forzata – Opposizione agli atti esecutivi – Proposizione – Termine perentorio – Dies a quo. (Cpc, articolo 617; Dpr 602/1973, articolo 77)

 L’opposizione agli atti esecutivi va proposta nei venti giorni dalla conoscenza del successivo atto che presupponga quello che si assume viziato, il quale, pertanto, comporta la conoscenza, anche di fatto, dell’atto precedente (Nel caso di specie, concernente la contestazione della regolarità degli atti di riscossione e, in particolare, del preavviso di iscrizione ipotecaria, rilevato che il tribunale, sulla base di un’interpretazione letterale dell’art. 617 cod. proc. civ., aveva ritenuto tempestiva l’opposizione affermando che il termine per la sua proposizione avrebbe potuto decorrere solo dalla data del successivo pignoramento, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso in applicazione dell’enunciato principio, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiarato inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi; ciò in quanto presupponendo l’iscrizione ipotecaria l’avvenuta notifica della cartella di pagamento – e a tale notifica in essa si fa anche riferimento – gli eventuali vizi di notifica della cartella di pagamento avrebbero dovuto essere fatti valere entro venti giorni dalla notificazione del successivo atto della riscossione oggetto di contestazione, e cioè entro venti giorni dalla notificazione del preavviso di iscrizione ipotecaria, sulla cui regolarità non erano insorte contestazioni.(Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 28 settembre 2012, n. 16529; Cassazione, sezione civile III, sentenza 9 maggio 2012, n. 7051; Cassazione, sezione civile III, sentenza 13 maggio 2012, n. 11597).

Cassazione, sezione III civile, ordinanza 7 dicembre 2020 n. 27957 – Presidente Vivaldi; Relatore Tatangelo

Esecuzione forzata – Titolo esecutivo – Associazione non riconosciuta – Efficacia esecutiva – Responsabile solidale – Estensione – Esclusione. (Cpc, articoli 474 e 615; Cc, articolo 38)

L’efficacia esecutiva del titolo formatosi contro la sola associazione non riconosciuta in un giudizio di cognizione nel quale il creditore non abbia convenuto, in proprio, anche l’eventuale soggetto responsabile in via solidale con questa ai sensi dell’art. 38 cod. civ., al fine di ottenere l’accertamento della sua responsabilità solidale e la sua condanna, unitamente a quella dell’ente stesso, non si estende automaticamente al predetto soggetto (Nel caso di specie, in cui il ricorrente aveva contestato l’efficacia del titolo esecutivo, in quanto, pur assumendo la veste di presidente e legale rappresentante dell’associazione debitrice, il decreto ingiuntivo era stato emesso esclusivamente nei confronti di quest’ultima, non avendo egli partecipato al relativo procedimento giudiziario, la Suprema Corte, in applicazione dell’enunciato principio, accogliendo il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accolto l’opposizione all’esecuzione proposta dal ricorrente medesimo, dichiarando l’inesistenza del diritto della società controricorrente di procedere ad esecuzione forzata nei suoi confronti sulla base del titolo esecutivo posto a base del precetto opposto). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 14 maggio 2019, n. 12714).

Cassazione, sezione III civile, ordinanza 7 dicembre 2020 n. 27959 – Presidente Vivaldi; Relatore Tatangelo

Impugnazioni – Giudizio di appello – Natura e funzione – Assolvimento obbligo motivazionale. (Cpc, articoli 112, 115, 116 e 132 e 360)

Posto che il giudizio di appello continua ad ispirarsi ad una logica devolutiva, e, quindi, di “revisio prioris istantiae”, sebbene nei limiti della specificità dei motivi di appello, si deve ritenere non adeguatamente motivata la sentenza di appello che si limiti ad evocare una C.T.U. dichiarando genericamente di condividerne gli assunti. Non è consentito, infatti, al giudice di secondo grado procedere all’adempimento del dovere motivazionale non come giudice di appello ma come fosse investito di un giudizio di legittimità (Nel caso di specie, relativo ad una controversia avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno cagionato da un incidente stradale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la decisione gravata, avendo la corte distrettuale non solo non spiegato le ragioni per le quali aveva fondato la propria decisione esclusivamente sulla base delle risultanze della C.T.U., omettendo del tutto di prendere in considerazione il pur ampio compendio istruttorio già oggetto di valutazione da parte del giudice di prime cure, ma neppure fornito una giustificazione logica e coerente con quanto dalla stessa accertato). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 5 maggio 2020, n. 8460).

Cassazione, sezione III civile, ordinanza 9 dicembre 2020 n. 28073 – Presidente Graziosi; Relatore Gorgoni

Impugnazioni – Giudizio di appello – Sentenza – Discussione orale – Omessa fissazione pur ritualmente richiesta dalla parte – Lesione del diritto di difesa – Limiti. (Costituzione, articolo 24; Cpc, articoli 156, 190, 352 e 360)

L’omessa fissazione, nel giudizio d’appello, dell’udienza di discussione orale, pur ritualmente richiesta dalla parte ai sensi dell’art. 352 cod. proc. civ., non comporta necessariamente la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa, atteso che l’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo, onde, poiché la discussione della causa nel giudizio d’appello ha una funzione meramente illustrativa delle posizioni già assunte e delle tesi già svolte nei precedenti atti difensivi e non è sostitutiva delle difese scritte di cui all’art. 190 cod. proc. civ., per configurare una lesione del diritto di difesa non basta affermare, genericamente, che la mancata discussione ha impedito al ricorrente di esporre meglio la propria linea difensiva, ma è necessario indicare quali siano gli specifici aspetti che la discussione avrebbe consentito di evidenziare o di approfondire, colmando le lacune ed integrando gli argomenti ed i rilievi già contenuti nei precedenti atti difensivi (Nel caso di specie, relativo ad una controversia in materia di intermediazione finanziaria, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il motivo addotto, in quanto l’argomentazione prospettata dal ricorrente, di formulazione eccessivamente generica, si rivelava insufficiente a giustificare la pretesa di nullità della sentenza impugnata). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 21 novembre 2016, n. 23638; Cassazione, sezione civile V, sentenza 18 dicembre 2014, n. 26831; Cassazione, sezione civile I, sentenza 5 dicembre 2003, n. 18618)

Cassazione, sezione I civile, ordinanza 10 dicembre 2020 n. 28188 – Presidente De Chiara; Relatore Caiazzo

Arbitrato – Impugnazione – Lodo parziale – Condizioni – Fondamento. (Cpc, articolo 827)

Il lodo parziale è immediatamente impugnabile, ai sensi dell’art. 827, terzo comma, cod. proc. civ., solo nel caso in cui, decidendo su una o più domande, abbia definito il giudizio relativamente ad esse, attesa l’esecutività che il lodo stesso può assumere in questa ipotesi, mentre l’immediata impugnabilità deve essere esclusa quando il lodo abbia deciso questioni insorte nel procedimento arbitrale, ma senza definire il giudizio. La scelta del legislatore è infatti quella di limitare l’autonoma impugnazione ai soli lodi che in concreto definiscono il giudizio quantomeno relativamente ad una o più domande e risponde alla ragionevole esigenza di evitare la proliferazione di giudizi di impugnazione che potrebbero rivelarsi del tutto inutili, dovendo, per altro verso, la ratio della immediata impugnabilità collegarsi alla eventuale esecutività del lodo parziale ed all’interesse dell’esecutato di opporvisi immediatamente (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la pronuncia impugnata con la quale la corte territoriale aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta dalla società ricorrente avverso il lodo parziale, osservando che quest’ultimo non poteva formare oggetto di autonoma impugnazione, dovendo eventualmente essere impugnato unitamente al lodo definitivo, non avendo deciso il giudizio arbitrale quantomeno una o più domande, ma solo due questioni insorte in via preliminare). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 24 luglio 2014, n. 16963)

Cassazione, sezione I civile, ordinanza 10 dicembre 2020 n. 28190 – Presidente De Chiara; Relatore Fidanzia

Sentenza – Omessa pronuncia – Accertamento della sussistenza di vizio “in procedendo” – Conseguenze – Cassazione con rinvio – Necessità – Esclusione – Condizioni – Fondamento. (Costituzione, articolo 111; Cpc, articoli 112, 360, 383 e 384)

Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a essi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, la Corte deve omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo sia infondata. In tal modo, la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza impugnata (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto; è allora sufficiente correggere la motivazione della sentenza anche a fronte dell’error in procedendo, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta (Nel caso di specie, la Suprema Corte, ritenuto inammissibile il ricorso,  si è limitata a correggere la motivazione della sentenza gravata ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.; infatti, pur essendo innegabile che la corte territoriale avesse omesso la pronuncia su di un motivo di reclamo proposto avverso la dichiarazione di fallimento, la questione prospettata dal ricorrente doveva comunque ritenersi infondata sulla base di quanto dalla sentenza medesima risultava accertato in fatto). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 12 maggio 2017, n. 11838; Cassazione, sezione civile I, sentenza 27 dicembre 2013, n. 28663; Cassazione, sezione civile III, sentenza 17 giugno 2013, n. 15112; Cassazione, sezione civile II, sentenza 1° febbraio 2010, n. 2313)

Cassazione, sezione I civile, ordinanza 10 dicembre 2020 n. 28192 – Presidente De Chiara; Relatore Terrusi

Esecuzione forzata – Titolo esecutivo – Divieto di spedizione del titolo in forma esecutiva in plurime copie – Finalità e portata. (Cpc, articoli 475 e 476)

In tema di processo esecutivo, l’art. 475, secondo comma, cod. proc. civ. prevede che la spedizione in forma esecutiva del titolo giudiziale o equiparato, possa essere effettuata indifferentemente a favore della parte a beneficio della quale è stato pronunciato il provvedimento o dei suoi successori. L’unica condizione posta dalla norma è che sia fatta menzione, in calce alla formula esecutiva apposta, del nominativo della persona in favore della quale è rilasciata la copia esecutiva. L’art. 476, primo comma, cod. proc. civ. prescrive poi che non possono essere spedite in forma esecutiva in favore della stessa parte più copie del titolo. La disposizione è preordinata ad impedire che il creditore, avendo a disposizione più copie dello stesso titolo con la formula esecutiva, possa procedere ad un incontrollato esercizio dell’azione esecutiva. Il divieto di spedizione del titolo in forma esecutiva in plurime copie non è dunque assoluto, ma riguarda ciascuna parte in favore della quale è stato pronunciato il titolo stesso: ciò significa che potranno essere spedite in forma esecutiva tante copie dello stesso titolo quanti siano i titolari attivi dell’obbligazione, mentre la copia rilasciata con la formula dovrà essere unica in favore di ogni titolare attivo, laddove per tale si intende ciascuna persona a favore della quale il titolo è stato emesso ovvero il successore che subentra nella stessa posizione di diritto. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 5 gennaio 1998, n. 53).

Cassazione, sezione III civile, ordinanza 11 dicembre 2020 n. 28303 – Presidente Vivaldi; Relatore Porreca

Spese processuali – Riparto – Addebito alla parte soccombente che abbia dato causa al giudizio – Contumacia del soccombente. (Cpc, articoli 91 e 92)

Poiché, ai fini della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti, essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l’aver dato causa al giudizio, la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciuto come fondata la pretesa che aveva prima lasciato insoddisfatta, così da renderne necessario l’accertamento giudiziale (Nel caso di specie, la Suprema Corte, in applicazione dell’enunciato principio, ha accolto il motivo di ricorso avendo erroneamente la corte territoriale condannato alle spese del doppio grado il solo ricorrente e non anche in solido con lui la parte appellata, odierna intimata, a nulla rilevando che quest’ultima fosse sempre rimasta contumace nei vari gradi di giudizio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 29 maggio 2018, n. 13498; Cassazione, sezione civile I, sentenza 10 dicembre 1988, n. 6722).

Cassazione, sezione II civile, ordinanza 11 dicembre 2020 n. 28311 – Presidente Di Virgilio; Relatore Abete

 

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