Responsabilità

Se il contratto con la Pa non viene perfezionato scatta il danno da perdita di chance

Lo ha stabilito l'ordinanza n. 25874/2020 depositata dalla Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione

di Mauro De Filippis

In pendenza della "approvazione" da parte della competente autorità di controllo, il contratto stipulato fra la pubblica amministrazione ed il privato, pur essendo già "perfezionato" con l'incontro dei consensi, nonché vincolante per il privato contraente (nel senso della irrevocabilità del suo consenso), non è suscettibile di esecuzione. Ne scaturisce dunque una responsabilità solamente precontrattuale in ipotesi di omesso perfezionamento del contratto ed un conseguente danno patrimoniale da perdita di chanche per il contraente adempiente. E' quanto stabilito dalla sentenza n. 25874/2020 depositata dalla Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione.

Il caso esaminato
La vicenda presa in esame dagli Ermellini concerne una domanda risarcitoria promossa nei confronti del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per il danno patrimoniale cagionato all'Inpdap (Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti della Pubblica Amministrazione), in quanto, pur dopo aver sollecitato l'ente previdenziale ad acquistare un immobile prospettando la esigenza di un utilizzo locativo, e dopo aver fatto inutilmente trascorrere oltre quarantaquattro mesi dalla ricezione del contratto di locazione di detto immobile che era stato predisposto e sottoscritto in data 20 dicembre 1993 dall'ente previdenziale-locatore, l'Amministrazione statale non aveva, poi, ritenuto opportuno approvare il contratto.
Detta circostanza aveva leso l'interesse dell'ente previdenziale alla libera autodeterminazione nella propria attività negoziale, che non può comunque, secondo la Corte di Cassazione, coincidere nella mancata percezione del valore della controprestazione pari all'importo dei canoni locativi pattuiti in quanto l'"approvazione ministeriale" richiesta dal Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2240, articolo 19 integra - per giurisprudenza consolidata - una "conditio iuris" dell'efficacia del negozio.
Ne consegue che il danno dovuto va parametrato, non già al mancato utile che l'ente previdenziale avrebbe potuto ritrarre dalla esecuzione del rapporto, ma al cosiddetto "interesse contrattuale negativo", che copre sia il "danno emergente", ovvero le spese inutilmente sostenute, che il "lucro cessante", da intendersi, però, non come mancato guadagno, ma in riferimento ad eventuali altre occasioni di contratto che la parte allega di avere perduto.
Ha dunque errato la Corte d'Appello nell'avere liquidato il lucro cessante in relazione alla perdita della intera utilità economica che ne sarebbe derivata dall'esecuzione del contratto locativo.
Invero la "conditio iuris" dell'efficacia del negozio di cui al Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2240, articolo 19 si atteggia a condizione sospensiva potestativa e non impedisce al contraente-privato di condurre trattative con terzi, da concludere in alternativa all'eventuale esito negativo della condizione.
Gli Ermellini ritengono che in ogni caso la utilità dell'azione negoziale del contraente-privato si riduce progressivamente, nel senso che l'offerta sul mercato dell'immobile, da locare "subordinatamente" alla eventuale determinazione negativa del contraente pubblico, risulterà meno appetibile, e pertanto tale peculiare tipologia di danno patrimoniale possa integrare un danno da perdita di chanche.
Tale tipologia di danno potenziale si colloca al di fuori, tanto del danno da inadempimento contrattuale (interesse positivo: perdita della utilità economica ritraibili dalla esecuzione del contratto), quanto della perdita delle utilità ricavabili dalla conclusione di altri affari (lucro cessante). Trattasi dunque di un danno potenziale.
La Corte d'Appello aveva invece risarcito il medesimo danno che sarebbe derivato dall'inadempimento originario del contratto, se questo fosse stato approvato, venendo in tal modo ad applicare un criterio liquidatorio del tutto incongruo rispetto, sia alla vicenda negoziale, sia alla peculiare tipologia di danno da perdita di chances indicata in sentenza dallo stesso Giudice.
La sentenza è stata dunque cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Bari per l'applicazione dei principi enunciati.

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