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Canali di whistleblowing centralizzati e multinazionali: il dibattito in attesa del recepimento in Italia della Direttiva europea

Gli addetti ai lavori si interrogano sulla possibilità di considerare compliant, all'impianto della Direttiva, i sistemi centralizzati adottati da numerosi gruppi di imprese multinazionali, aventi presso distinti stati membri subsidiary o filiali con più di 249 dipendenti

di Cecilia Pontiggia, Giuseppe De Pascalis*

Il percorso di recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione, prosegue, con differenti velocità, in tutti gli stati membri, Italia inclusa.

Scaduto il 17 dicembre 2021 il termine iniziale di recepimento della Direttiva, ad oggi ne è stata data piena attuazione solo in Lettonia, Lituania, Portogallo, Malta, Svezia, Cipro, Danimarca e Francia. In Spagna e negli altri stati sono in discussione vari disegni di legge di adeguamento, mentre l'Ungheria è il solo paese dell'Unione che non ha ancora avviato l'iter interno di recepimento.

Per quanto concerne il nostro ordinamento, il Legislatore non ha attuato la delega conferitagli con la "Legge di delegazione europea 2019-2020" (Legge n. 53/2021).

Ne è conseguita, da un lato, la comunicazione del 27 gennaio 2022 della Commissione Europea sull'avvio nei confronti dell'Italia di una procedura di infrazione. Dall'altro, si è reso necessario emanare un nuovo atto di recepimento: come annunciato dallo stesso Ministro della Giustizia nella Sessione assembleare della Camera dei Deputati n. 639 dello scorso 16 febbraio 2022, nel disegno di "Legge di delegazione europea 2021" (Atto Senato n. 2481) è stata inserita una nuova (e analoga) delega al Governo ad attuare la Direttiva.
Il testo del DDL è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 16 dicembre 2021.

Ciò premesso, va evidenziato che tale articolato processo di attuazione – non solo nel nostro Paese – ha innescato numerose discussioni su vari aspetti dell'adeguamento dei sistemi interni alle previsioni eurounitarie. Tra questi, particolare rilievo applicativo assume il tema della istituzione di canali centralizzati di gruppo per la gestione delle segnalazioni nell'ambito di realtà multinazionali, con subsidiary collocate in più stati membri.

Il dibattito nasce dall'analisi dell'art. 8, par. 6, della Direttiva , che recita "I soggetti giuridici del settore privato che hanno da 50 a 249 lavoratori possono condividere le risorse per il ricevimento delle segnalazioni e delle eventuali indagini da svolgere . Ciò non pregiudica l'obbligo imposto a tali soggetti dalla presente Direttiva di mantenere la riservatezza, di fornire un riscontro e di affrontare la violazione segnalata.".

Si tratta di una delle molteplici previsioni della Direttiva che esprimono l'attenzione posta dal Legislatore europeo all'applicazione della disciplina del whistleblowing nei confronti delle piccole e medie imprese (un altro esempio in tal senso è offerto dallo stesso art. 8, che esclude le imprese con meno di 50 lavoratori dall'obbligo di istituire canali di segnalazione interni).

Alla luce della predetta norma, gli addetti ai lavori si sono interrogati sulla possibilità di considerare compliant all'impianto della Direttiva i sistemi centralizzati adottati da numerosi gruppi di imprese multinazionali, aventi presso distinti stati membri subsidiary o filiali con più di 249 dipendenti.

Già prima dell'implementazione della Direttiva n. 2019/1937, diversi grandi gruppi hanno infatti optato per l'istituzione di canali di segnalazione globali, gestiti a livello corporate attraverso organismi interni più o meno complessi (es. "integrity committee", "speak-up committee", ecc.).

Sul punto, si è espressa la Commissione Europea in due lettere inviate rispettivamente il 2 e il 29 giugno 2021, in riscontro alle richieste sollevate da alcune multinazionali danesi.
Secondo la Commissione, la facoltà di condividere i canali concessa dall'art. 8, par. 6 è limitata alle imprese che rientrano nei parametri dimensionali ivi previsti. La condivisione delle risorse sarebbe quindi concessa alle sole medie imprese e non anche a imprese di grandi dimensioni e/o a gruppi, ciò per soddisfare ragioni di efficienza e prossimità dei canali di segnalazione.

Detto altrimenti, la Commissione ritiene che una gestione "comune" della segnalazione risponderebbe a tali esigenze (di efficienza e prossimità) solo in società medio-piccole, dove potrebbe essere assicurato l'agevole accesso all'unico canale di segnalazione istituito e garantita una completa informazione sul medesimo. Ciò non sarebbe possibile, sempre secondo il parere della Commissione, nell'ambito di un gruppo di imprese che abbia strutturato un unico sistema di segnalazione centralizzato; in tali casi, ciascuna consociata dovrebbe, perciò, istituire un proprio canale di segnalazione locale.

In particolare, nella lettera del 2 giugno 2021 si legge che: "considerate le risorse più limitate delle medie imprese (imprese con 50-249 lavoratori) e al fine di aiutarle a rispettare gli obblighi previsti dalla Direttiva, la stessa consente loro di condividere le risorse per quanto riguarda la ricezione delle relazioni e delle indagini da effettuare. Va sottolineato che la responsabilità di mantenere la riservatezza, di dare un feedback e di gestire la segnalazione resta, tuttavia, in capo a ciascuna società di medie dimensioni interessata. Solo le medie imprese possono beneficiare di questa possibilità, ma ciò vale sia per imprese senza alcun legame tra loro sia per imprese appartenenti ad un medesimo gruppo (pur essendo entità giuridiche distinte)".

Riteniamo interessante sottolineare che nello stesso documento si prospetta la possibilità che una subsidiary benefici della capacità investigativa della capogruppo, solo a condizione che:

• la subsidiary impieghi meno di 250 lavoratori;
• i canali di segnalazione esistano e rimangano disponibili a livello locale;
• la subsidiary resti responsabile di dare un riscontro al whistleblower;
• la subsidiary fornisca informazioni ai segnalanti sul fatto che le indagini avviate a seguito della segnalazione potrebbero essere gestite a livello corporate, consentendo agli stessi segnalanti di richiedere la trattazione a livello solo locale.

Secondo la Commissione, al whistleblower dovrebbe pertanto essere garantita la possibilità di scegliere di rivolgersi al solo canale locale, in quanto il segnalante potrebbe temere un coinvolgimento di esponenti della stessa capogruppo nella violazione segnalata. Parimenti, la Commissione ritiene obbligata la capogruppo a prendere in carico la segnalazione che le pervenga dal dipendente della subsidiary che giudichi più sicuro o più efficace evitare il coinvolgimento del livello locale.

In definitiva, la Commissione valorizza senz'altro la possibilità per i gruppi multinazionali di istituire un canale di segnalazioni centralizzato, purché esso coesista con quelli locali. Tanto è affermato nella lettera del 29 giugno 2021: "This said, the Directive does not prohibit maintaining or creating also centralised whistleblowing functions within a group.".

Ciò posto, va comunque osservato come la predisposizione di soli canali di gruppo, se correttamente implementata con l'eventuale cooperazione di figure locali per la gestione della segnalazione (nell'ottica della "prossimità" richiamata dalla Commissione), potrebbe assicurare non solo un eguale livello di garanzia e prossimità per il whistleblower, ma generare anche una maggiore efficienza nell'applicazione dei sistemi di segnalazione.

Si pensi, in proposito, alla necessità di sviluppare e mantenere soluzioni tecnologiche specifiche (piattaforme informatiche, hotline telefoniche) che garantiscano la riservatezza del segnalante: in tali casi, l'adozione di un canale centralizzato potrebbe consentire certamente un risparmio di costi, con la possibilità di destinare le risorse "risparmiate" a iniziative di sensibilizzazione dei dipendenti sul tema del whistleblowing o di formazione dei referenti incaricati della gestione delle segnalazioni e delle investigazioni.

Proprio in questa direzione si muovono le considerazioni di Confindustria riportate nel Position Paper di ottobre 2021 sullo "Schema di decreto legislativo recante "Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione".

Nel commento sull'art. 8 della Direttiva, si sottolinea infatti che: "Sul punto, pur ritenendosi, alla luce delle considerazioni sopra svolte, che il silenzio della norma europea non sia volto a escludere la facoltà per i gruppi di condividere le piattaforme tecniche, si evidenzia l'opportunità di una previsione che espressamente lo consenta. Infatti, come noto, nelle realtà di gruppo la condivisione delle piattaforme per il ricevimento delle segnalazioni è una derivata naturale dell'organizzazione stessa, che facilita ed efficienta le procedure, fermo restando il rispetto di tutti gli obblighi di riservatezza connessi alla disciplina. Il rischio, altrimenti, è di esporre gli operatori a possibili interpretazioni restrittive, con conseguente moltiplicazione di procedure e strumenti, in contrasto con i criteri di razionalizzazione che governano queste realtà societarie.".

In attesa di comprendere quali saranno le scelte sul punto del Governo italiano e se e in che misura accoglieranno le citate osservazioni di Confindustria, pare utile concludere ricordando come la disciplina di attuazione della Direttiva emanata in Francia e Danimarca si discosti dalle illustrate opinion della Commissione Europea.

Emblematico, in tal senso, l'art. 3 della legge francese ("LOI n° 2022-401 du 21 mars 2022 visant à améliorer la protection des lanceurs d'alerte"), che stabilisce: "La procedura di raccolta e trattamento delle segnalazioni può essere comune a più o a tutte le società di un gruppo, secondo delle modalità stabilite con decreto. Tale decreto fissa anche le condizioni alle quali le informazioni relative a una segnalazione effettuata nell'ambito di una delle società di un gruppo può essere trasmessa ad un'altra delle sue società, per assicurarne o completarne il trattamento".

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*A cura di Cecilia Pontiggia, Associate Deloitte Legal e Giuseppe De Pascalis, Avvocato Deloitte Legal