Società

Revoca dalla carica di amministratore, difetto di giusta causa della delibera e quantificazione del diritto al risarcimento del danno

A parere della Corte la giusta causa non costituisce condizione di validità e efficacia della deliberata revoca ma solo una causa di esclusione del risarcimento del danno

di Antonio Martini, Ilaria Canepa, Alessandro Botti e Arianna Trentino*

Con sentenza n. 167 del 1° febbraio 2023 la Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Bologna ha pronunciato nel merito della domanda proposta dall'amministratore revocato di una s.r.l. contro la medesima società.

In particolare, l'ex amministratore ha inter alia domandato al Tribunale di giudicare illegittima la delibera di revoca in quanto, benché previsto all'ordine del giorno, l'argomento non era stato minimamente trattato e la sua cessazione dalla carica, derivante dalle dimissioni degli altri due consiglieri di amministrazione e dalla nomina di un nuovo organo gestorio, era stata deliberata in assenza di una clausola statutaria c .d. simul stabunt simul cadent.

Al riguardo, il Tribunale ha riconosciuto che lo statuto non prevede la simultanea caducazione di tutti gli amministratori per il venir meno della sua originaria composizione a seguito di dimissioni rassegnate da qualcuno dei suoi componenti. Ciò, tuttavia, non inficia, di per sé, la validità/legittimità della relativa deliberazione, atteso che, a norma dell'art. 2383, co. 3, c.c., dettato in tema di s.p.a. ma applicabile in via analogica anche agli amministratori di s.r.l., "Gli amministratori (...) sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa".

Il Tribunale ha, quindi, sottolineato come la giusta causa, a cui detta norma fa riferimento, non costituisce una condizione di validità e di efficacia della deliberata revoca, ma solo una causa di esclusione del risarcimento del danno eventualmente sofferto dall'amministratore revocato. Sul punto, il Tribunale ha invocato la giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui "'in tema di revoca dell'amministratore di società di capitali, le ragioni che integrano la giusta causa, ai sensi dell'art. 2383, comma 3, c.c., devono essere specificamente enunciate nella delibera assembleare senza che sia possibile una successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori. In tale ambito spetta alla società l'onere di dimostrare la sussistenza di una giusta causa di revoca, trattandosi di un fatto costitutivo della facoltà di recedere senza conseguenze risarcitorie (v. ad es. Cass. n. 2037/2018)".

Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato come la società non abbia fornito detta prova in quanto la delibera assembleare non menziona la causa giustificatrice della revoca dell'amministratore, ma contiene "una 'implicita' causa di revoca, quale conseguenza 'automatica' del venir meno della maggioranza dei componenti dell'allora CdA". Di conseguenza, la delibera è stata ritenuta priva di giusta causa in quanto

i) a differenza di quanto sostenuto dalla società, lo statuto non prevede la caducazione del consiglio di amministrazione quale conseguenza delle dimissioni di alcuni dei suoi componenti e ii) al riguardo la delibera "è del tutto silente, omettendo la necessaria esplicitazione delle ragioni ad essa sottese".

Accertata la mancanza di giusta causa della delibera di revoca dell'amministratore designato a tempo indeterminato (in sé valida), il Tribunale si è pronunciato nel merito del diritto al risarcimento, facendo riferimento a due precedenti pronunce (una della Cassazione del 2008 e una più recente del Tribunale di Milano del 2021) secondo cui il danno viene in genere parametrato in via equitativa in misura pari "all'emolumento che l'amministratore avrebbe conseguito dalla prestazione gestoria nell'arco di sei mesi, quale lasso di tempo ragionevolmente idoneo a consentire all'amministratore revocato di trovare nuovi incarichi od analoghe prestazioni e compensi". Quale conseguenza ha ritenuto infondata la pretesa dell'amministratore che chiedeva il risarcimento dell'importo corrispondente al compenso per i residui mesi dell'esercizio 2018 e l'intero anno 2019, riconoscendo un importo inferiore sulla base dei parametri previsti con le delibere societarie del 2017, oltre rivalutazione secondo gli indici ISTAT dalla data della revoca sino alla sentenza, interessi legali per il ritardato pagamento del dovuto sull'importo rivalutato e gli ulteriori interessi di legge dalla sentenza al saldo.

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*A cura degli Avv.ti Antonio Martini, partner, Ilaria Canepa e Alessandro Botti, dott.ssa Arianna Trentino – Studio CBA


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