Comunitario e Internazionale

La certezza del diritto non può impedire l'esame d'ufficio di clausole abusive che danneggiano il consumatore

In fase di esecuzione consumatore e giudice possono sollevare la questione anche se a fronte di diritti di terzi resta solo il risarcimento

di Paola Rossi

Gli Stati membri devono garantire il rispetto del principio di effettività contro le clausole abusive anche "potenziali" contenute nei contratti stipulati con i consumatori. E i principi processuali nazionali non possono ostacolare i diritti che il diritto dell'Ue assicura ai singoli. È quindi necessario che sia garantito all'interno degli ordinamenti nazionali un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole.
La Grande sezione decidendo diversi rinvii si è pronunciata contemporaneamente sulla causa C-600/19 (Ibercaja banco), sulle cause riunite C-693/19 (SPV Project 1503) e C-831/19 (Banco di Desio e della Brianza e altri), e sulle cause C-725/19 (Impuls Leasing România) e C-869/19 (Unicaja Banco).

Con diverse sentenze, la Cgue riunita in Grande Sezione, si pronuncia su varie domande di pronuncia pregiudiziale presentate da giudici spagnoli, italiani e rumeno, fornendo ai giudici nazionali la corretta interpretazione della direttiva 93/13/Cee concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

I principi Ue
La Cgue, in particolare, chiarisce il rapporto tra certezza del diritto e tutela della posizione di inferiorità in cui versa il consumatore. Viene in rilievo l'intangibilità della cosa giudicata e i poteri del giudice dell'esecuzione chiamato ad applicare il contratto.
In primis, la Corte ricorda che il sistema di tutela istituito con la direttiva 93/13 si fonda sulla constatazione che il consumatore si trovi in posizione di inferiorità nei confronti del professionista sia nell'esercizio del potere negoziale sia per i livelli di informazione. Perciò la direttiva 93/13 prevede che eventuali clausole abusive contenute nel contratto non siano vincolanti per i consumatori. Una sorta di inefficacia imperativa stabilita dal Legislatore europeo per garantire l'equilibrio sostanziale, e non solo formale, tra consumatore e operatore professionale.

La Corte spiega che grava sul giudice nazionale l'onere di esaminare - anche d'ufficio - il carattere abusivo di una clausola contrattuale che faccia scattare l'applicazione della direttiva 93/13. A tal fine gli Stati membri sono obbligati a fornire mezzi adeguati ed efficaci contro l'inserimento nei contratti di clausole abusive.

Niente armonizzazione delle regole
La Corte Ue fa rilevare che, in linea di principio, il diritto dell'Unione non ha stabilito l'armonizzazione "comunitaria" delle procedure con cui esaminare il carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale. Tali procedure sono quindi soggette all'ordinamento giuridico interno degli Stati membri.

Il principio da rispettare: effettività
Da tale sistema non armonizzato ne deriva che le disposizioni procedurali nazionali devono - come minimo comun denominatore - soddisfare il principio di effettività: assicurare la tutela giurisdizionale "effettiva". Sotto tale aspetto la Corte ritiene che, in assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non sia garantito. Con le diverse sentenze la Cgue pone alcuni punti fermi.
Affermano i giudici unionali che il diritto Ue osta, ad esempio, a una giurisprudenza nazionale che limiti nel tempo gli effetti restitutori alle sole somme indebitamente versate in applicazione di una clausola abusiva successivamente alla pronuncia della decisione giurisdizionale che ne ha accertato l'illegittimità.

La Corte ritiene anche che l'applicazione dei principi del procedimento giurisdizionale nazionale non può rendere impossibile - o eccessivamente difficile - la tutela dei diritti dei consumatori in discussione. Per cui, in base al principio di effettività, il diritto dell'Unione europea non consente che - in base ai principi del procedimento giurisdizionale nazionale - il giudice di appello non possa sollevare d'ufficio la questione della potenziale abusività di una clausola contrattuale decidendo contro una sentenza, che limita nel tempo la restituzione delle somme indebitamente corrisposte dal consumatore, e disporre la restituzione integrale di dette somme (laddove la mancata contestazione di tale limitazione nel tempo da parte del consumatore interessato non possa essere imputata a una completa passività di quest'ultimo)

Il perimetro legittimo della cosa giudicata
Il diritto dell'Unione non consente a una normativa nazionale di stabilire che, a fronte degli effetti preclusivi dell'autorità del giudicato, il giudice dell'esecuzione ipotecaria non possa esaminare d'ufficio il carattere abusivo di clausole contrattuali e che il consumatore, dopo la scadenza del termine per proporre opposizione, non possa far valere l'abusività in tale fase o in un successivo procedimento di cognizione. Restando pacifico che - quando il procedimento di esecuzione ipotecaria è terminato e i diritti di proprietà sono stati trasferiti a un terzo - il giudice non può più procedere a un esame del carattere abusivo di clausole contrattuali che condurrebbe ad annullare gli atti di trasferimento della proprietà e a rimettere in discussione la certezza giuridica del trasferimento di proprietà già effettuato nei confronti di un terzo. Il correttivo di una tale situazione è quello di garantire al consumatore la possibilità di far valere, in altro procedimento ad hoc, il carattere abusivo delle clausole del contratto di mutuo ipotecario per ottenere il risarcimento del danno economico causato dalla loro applicazione.

In merito ai procedimenti di esecuzione forzata basati su titoli esecutivi che hanno acquisito autorità di cosa giudicata la Corte Ue affronta il rinvio pregiduiziale italiano. E afferma che l'esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva impone che il giudice dell'esecuzione possa valutare, anche per la prima volta, l'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto alla base di un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore e contro il quale il debitore non ha proposto opposizione.

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