Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022

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di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1. Separazione e disparità reddituale
2. Abuso dei mezzi di correzione e disciplina
3. Assegno sociale
4. Successione e comoda divisibilità degli immobili
5. Usucapione dei beni ereditari
6. Ascolto del minore
7. Convivenza more uxorio e valore compensativo dell'assegno divorzile
8. Elemento oggettivo del reato di maltrattamenti


1. SEPARAZIONE - L'assegno di mantenimento in sede di separazione è riconosciuto anche al coniuge economicamente autosufficiente (Cc articoli 143 e 156)
Presupposti per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione sono la non titolarità di redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello tenuto in costanza di matrimonio, e la sussistenza di una disparità economica tra le parti.
Criteri commisurativi dell'entità dell'assegno possono rinvenirsi nella durata del matrimonio, unitamente al contributo fattivamente apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge, e nella attitudine del coniuge separato al lavoro, intesa come effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, tenuto conto di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non solo in base a considerazioni astratte ed ipotetiche.
Diversamente dallo scioglimento e dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, la separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale e l'attualità del dovere di assistenza materiale, realizzandosi solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione; diversamente dalla solidarietà post-coniugale, che è presupposto dell'assegno di divorzio, la separazione instaura un regime che tende a conservare, per taluni aspetti, gli effetti propri di un matrimonio che è ancora in vita, compatibili con la cessazione della convivenza, e per questo può dirsi che l'assegno di mantenimento sia astrattamente dovuto m come continuazione dell'obbligo di assistenza materiale tra i coniugi, a norma dell'articolo 143 c.c.. Non è quindi necessario che il coniuge si trovi in stato di bisogno, la spettanza è riconosciuta in linea di principio anche al coniuge economicamente autosufficiente e che sia in grado di mantenere un tenore di vita dignitoso, ma non così elevato come quello goduto in costanza di matrimonio.
Tribunale di Forlì, sentenza 27 giugno 2022 n. 619 - Presidente Talia, Giudice Est. Orlandi

2. ABUSO DEI MEZZI DI CORREZIONE - Il reato di abuso dei mezzi di correzione si configura anche con un unico atto espressivo dell'abuso (Cp Articolo 571)
In tema di reati contro la famiglia, non può ritenersi lecito l'uso sistematico da parte del genitore di violenza fisica e morale, come ordinario trattamento del figlio minore, anche se sorretto da "animus corrigendi", integrando in tal caso il più grave reato di maltrattamenti in famiglia e non quello di abuso dei mezzi di correzione. Né tali comportamenti maltrattanti possono ritenersi compatibili e giustificabili con un intento correttivo ed educativo proprio della concezione culturale di cui l'agente è portatore.
NOTA
L'orientamento giurisprudenziale oggi prevalente afferma che qualsiasi forma di violenza, fisica o psicologica, non costituisce mai mezzo di correzione o di disciplina, neanche se posta in essere a scopo educativo; qualora si faccia uso della violenza in modo sistematico, quale ordinario trattamento della persona, la condotta non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, bensì, in presenza degli altri presupposti di legge, in quella di maltrattamenti ex articolo. 572 c.p.. L'elemento che contraddistingue il reato di abuso dei mezzi di correzione da quello di maltrattamenti non può, pertanto, identificarsi nel grado di intensità delle condotte violente tenute dall'agente, in quanto l'uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito.
Il reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina non avendo natura di reato necessariamente abituale, può ritenersi integrato anche attraverso un unico atto espressivo dell'abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi dell'incolumità fisica e della serenità psichica del minore, che, mantenuti per un periodo di tempo apprezzabile e complessivamente considerati, realizzano l'evento quale che sia l'intenzione correttiva o disciplinare del soggetto attivo.
Nell'ordinamento italiano, fondato sulla Costituzione della Repubblica, sulle norme in materia di diritto di famiglia e sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino (approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con L. 27 maggio 1991, n. 176), il termine "correzione", utilizzato dall'articolo 571 c.p., deve essere interpretato come sinonimo di educazione. Non è dunque, consentito l'uso della violenza, fisica o psichica, seppur finalizzato a scopi ritenuti educativi perché deve essere rispettata la persona del minore, soggetto titolare di diritti; sia perché non può più perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, utilizzando mezzi violenti e costrittivi. Si è inoltre precisato che "con riguardo ai bambini il termine correzione va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo", non potendosi ritenere ammesso l'uso della violenza per scopi educativi: "Ciò sia per il primato che l'ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice" (Cass. pen., sez. VI, 13 marzo 2017, n. 11956).

Tribunale Rovigo, sentenza, 4 gennaio 2022, n. 1118 – Giudice Zen

3. ASSEGNO SOCIALE - In tema di assegno sociale spetta all'interessato che ne abbia fatto istanza l'onere di dimostrare il possesso del requisito reddituale (Legge 335/1995, articolo 3 ; Cc articolo 2697)
In tema di assegno sociale, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della Legge n. 335 del 1995 spetta all'interessato che ne abbia fatto istanza l'onere di dimostrare il possesso del requisito reddituale, determinato in base ai rigorosi criteri richiesti dalla legge speciale.
Nel caso in esame, la parte ricorrente non aveva offerto prova idonea al fine di dimostrare il possesso di redditi inferiori al limite previsto per poter beneficiare dell'assegno sociale.
In sede di separazione, la ricorrente aveva ottenuto un assegno di mantenimento di importo sproporzionato rispetto ai redditi dell'ex coniuge. L'Inps evidenziava, inoltre che, nonostante la separazione, avvenuta pochissimo tempo prima della presentazione della domanda, i coniugi avevano mantenuto la medesima residenza e l'ex marito della ricorrente, pensionato, continuava a dichiarare la moglie come suo familiare a carico.
Tribunale Cosenza, Sez. lavoro, sentenza, 12 gennaio 2022, n. 18 - Giudice Cavalcanti

4. SUCCESSIONE – La divisione deve rendere possibile la determinazione di quote autonome (Cc articolo 720)
Il concetto di comoda divisibilità di un immobile a cui fa riferimento l'articolo 720 cod. civ. postula, sotto l'aspetto strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote concrete suscettibili di autonomo e libero godimento che possano formarsi senza dover fronteggiare problemi tecnici costosi e, sotto l'aspetto economico - funzionale, che la divisione non incida sull'originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell'intero, tenuto conto della normale destinazione ed utilizzazione del bene stesso.
Ai fini della comoda divisibilità si deve considerare l'entità delle spese necessarie al frazionamento, le quali non devono essere rilevanti.
Nel caso di specie, il bene non era comodamente divisibile in considerazione della sua configurazione, considerati i costi importanti di realizzazione che avrebbe comportato.
Tribunale Foggia, Sez. II, sentenza 7 gennaio 2022, n. 8 - Giudice Lacatena

5. USUCAPIONE DI BENI EREDITARI - Il coerede nel possesso del bene ereditario può usucapire la quota degli altri eredi
Il coerede che, dopo la morte del "de cuius", sia rimasto nel possesso del bene ereditario può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso; a tal fine, però, egli, che già possiede "animo proprio" ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, godendo del bene con modalità incompatibili con la possibilità di godimento altrui e tali da evidenziare un'inequivoca volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", risultando a tal fine insufficiente l'astensione degli altri partecipanti dall'uso della cosa comune.
In materia di acquisto per usucapione di diritti reali immobiliari, poiché l'uso prolungato nel tempo di un bene non è normalmente compatibile con la mera tolleranza, essendo quest'ultima configurabile, di regola, nei casi di transitorietà ed occasionalità, in presenza di un esercizio sistematico e reiterato di un potere di fatto sulla cosa spetta a chi lo abbia subito l'onere di dimostrare che lo stesso è stato dovuto a mera tolleranza.
Si sintetizza in questa sede, la complessa vicenda all'esame del Tribunale. Tizia aveva trasferito al fratello Caio un mezzo indiviso di un terreno edificabile intercluso con un atto di compravendita sul quale successivamente il fratello aveva costruito un fabbricato ampliamento dell'abitazione di proprietà dello stesso e della cui esistenza l'attrice era totalmente all'oscuro, avendo sempre tollerato l'utilizzazione da parte del fratello della quota di terreno di sua proprietà. Tizia chiedeva la nullità dell'atto di compravendita, domanda che è stata accolta dal Giudice, alla luce della consulenza espletata nel corso del giudizio che aveva consentito di appurare che sul terreno vi era un fabbricato di cui non vi era traccia nell'atto notarile come pure, non si faceva menzione dei titoli abilitativi in virtù dei quali erano stati edificati. Sicchè l'atto era affetto da nullità ex articolo 40 della legge n. 47 del 1985
Caio sosteneva dal suo canto che fra i fratelli si era provveduto alla divisione dei beni acquisiti a seguito del decesso del padre e di una donazione ricevuta dalla madre. Chiedeva il rigetto delle domande attoree e il riconoscimento dell'acquisto del bene per usucapione che il giudice ha accolto.
Nel caso in esame, infatti, la sorella aveva dedotto di avere solo "tollerato" l'utilizzo esclusivo del bene da parte del fratello, ma non aveva fornito alcun elemento probatorio a supporto, a fronte di un utilizzo esclusivo del bene da parte dello stesso per oltre trenta anni.
Tribunale Lecce, Sez. II, sentenza, 7 gennaio 2022, n. 14 – Giudice Capone

6. ASCOLTO DEL MINORE – Il giudice può non tenere conto delle dichiarazioni rese dal minore in sede di ascolto (Cpc articolo 708)
La fattispecie in discussione riguardava la volontà espressa con chiarezza dal figlio di una coppia di genitori di andare a vivere con il padre. Il minore di età inferiore ai dodici anni, aveva chiaramente espresso tale desiderio perché si sentiva maggiormente accudito dal padre. Il Tribunale non aveva tenuto conto di tale desiderio ed il padre ricorrendo in appello lamentava la mancata e immotivata adesione a tale richiesta. E' un principio assodato dalla giurisprudenza che in caso di separazione coniugale e relativamente alla residenza dei figli, qualora il giudice intenda disattendere le dichiarazioni del minore e le conclusioni peritali, deve motivare la sua decisione con particolare rigore e pertinenza. Occorre, dunque, sempre procedere alla verifica su quale sia la residenza del figlio minore, presso il padre o la madre, maggiormente corrispondente al suo interesse. Verifica che, partendo dall'ascolto del minore, prenda in esame il contesto dei due nuclei familiari, l'idoneità genitoriale e la esigenza primaria della conservazione del legame e della condivisione di vita con i propri fratelli e le sorelle, se vi sono.
Nel caso in esame, la Corte d'Appello nel rigettare il reclamo paterno, sembra però, fare un salto logico perché pur riconoscendo la mancanza di alcuna spiegazione in merito all'ascolto del minore che si è regolarmente tenuto, ma di cui non si è tenuto conto, ha dedotto che la motivazione era implicitamente ricavabile da una serie di elementi, ossia, che gli incontri fra padre e figlio erano liberi e non vincolati e che l'attribuzione della casa familiare alla ex moglie era di per sé una soluzione neutra che nulla toglieva all'idoneità genitoriale del padre.
Corte Appello L'Aquila, decreto 21 luglio 2022 - Presidente Estensore Fabrizio

7. ASSEGNO DI DIVORZIO - L'instaurazione di una stabile convivenza non determina necessariamente la perdita automatica ed integrale del diritto all'assegno (Cc, articolo 337 ter; Legge 898/1970, articolo 5)
L'instaurazione di una stabile convivenza di fatto del coniuge richiedente l'assegno di divorzio, con altra persona, in funzione del principio di auto responsabilità, recide qualsiasi vincolo di natura patrimoniale nascente dal precedente matrimonio, stabilendo, in estrema sintesi che l'instaurazione da parte dell'ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all'assegno.
Nel caso in esame, la donna nel corso dei quindici anni di vita matrimoniale, si era spesa nella gestione della vita familiare occupandosi esclusivamente delle esigenze del marito e dei figli - cosa che le ha precluso la possibilità di lavorare - consentendo al marito di fare carriera in Banca.
Alla luce della sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 32198 del 5 novembre 2021, la Corte d'Appello ha recuperato il profilo compensativo dell'assegno divorzile, riconoscendo alla ex moglie, seppur convivente con un nuovo compagno, 100 euro al mese.
Corte d'Appello L'Aquila, sentenza, 16 febbraio 2022, n. 255 – Pres. De Filippis, Cons. Rel. Fuina

8. MALTRATTAMENTI - Un occasionale litigio per quanto violento non configura il reato di maltrattamenti in famiglia (Cp , articolo 572)
L'elemento materiale del delitto di maltrattamenti in famiglia, che ha natura abituale, consiste in una serie di atti lesivi dell'integrità fisica o della libertà o del decoro del soggetto passivo, nei confronti del quale viene posta in essere una condotta di sopraffazione sistematica e programmata, tale da rendere particolarmente dolorosa la stessa convivenza.
Un occasionale litigio per quanto violento non configura il reato in esame.
Caratteristica essenziale del concetto maltrattamenti è la molteplicità di atti compiuti da parte del soggetto attivo, anche in tempi diversi. Si tratta, quindi, come si ritiene generalmente, di un reato cosiddetto "abituale", precisamente proprio, potendo consistere, dal punto di vista materiale, nella ripetizione di condotte identiche od omogenee che possono essere di per sé, se considerate individualmente, non punibili e che denotano una "abitualità" nel comportamento complessivo dell'autore.
Nella fattispecie, dal racconto reso dalla persona offesa non era emersa alcuna concreta circostanza capace di configurare l'elemento oggettivo del delitto di maltrattamenti poiché i litigi descritti, non avevano determinato un clima familiare insopportabile e intollerabile
Tribunale di Bari, Sez. I, sentenza 12 maggio 2022, n. 2381 - Giudice Parisi

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