Lavoro

Pensione di invalidità, all'Inps solo i dati indispensabili

La Corte di cassazione, sentenza n. 9919 depositata oggi, ha accolto il ricorso di un uomo contro un comune laziale

di Francesco Machina Grifeo

Nella comunicazione tra amministrazioni pubbliche i dati sanitari trasmessi devono essere soltanto quelli "indispensabili" alla attività da compiere. La Corte di cassazione, sentenza n. 9919 depositata oggi, ha infatti accolto il ricorso di un uomo contro un comune laziale per i danni derivanti da un illegittimo trattamento dei suoi dati personali in occasione della presentazione della domanda di pensione per infermità dovuta a causa di servizio.

Il municipio dopo la sottoposizione del dipendente alla visita medica, aveva trasmesso all'Inps anche il verbale della commissione medica "in forma integrale", contenente dunque non solo il giudizio medico legale ma anche il giudizio diagnostico e i dati anamnestici, con specifici riferimenti alle patologie riscontrate (e cioè: "cirrosi epatica HCV", "grave disturbo reattivo", "complessivo deterioramento cognitivo", "episodi di disorientamento", "ipoacusia").

A quel punto era accaduto che diversi colleghi avevano "ripetutamente avvicinato" il ricorrente chiedendogli "assicurazioni circa la non contagiosità dell'affezione epatica", così dimostrando che tutti avevano potuto prendere cognizione dei referti diagnostici. Il tribunale, tuttavia, aveva respinto la domanda utilizzando due laconiche frasi secondo le quali, per un verso, non risultava provata "l'utilizzazione ulteriore" dei documenti sanitari, per l'altro, la trasmissione era stata limitata ai dati necessari.

Di diverso avviso la Suprema corte che ricorda come costituisce illecito trattamento dei dati sensibili "l'avvenuta comunicazione, benché effettuata in maniera riservata, da un soggetto pubblico a un altro, della copia integrale del verbale relativo all'accertamento sanitario eseguito dalla commissione medica di verifica, in relazione alla richiesta della parte interessata volta a ottenere il riconoscimento della pensione di inabilità, recante, oltre alla necessaria valutazione medico legale circa l'idoneità all'impiego, altri dati personali che, in quanto relativi alla diagnosi, agli esami obbiettivi e agli accertamenti clinici e strumentali svolti, nonché a informazioni anamnestiche, debbono considerarsi irrilevanti ai fini del buon esito del procedimento e, pertanto, da omettere".

Il principio che venne affermato per la prima volta con riguardo a un'infezione da HIV, per la I Sezione civile "è ovviamente da estendere a tutte le situazioni analoghe, poiché serve a delimitare il trattamento legittimo dei dati diagnostici e anamnestici contenendolo nel limite della indispensabilità".

Secondo l'articolo 22 del cod. privacy, infatti, gli enti possono trattare solo i dati sensibili "indispensabili per svolgere attività istituzionali che non possono essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa".

Nel caso concreto invece era emersa la violazione del criterio di "indispensabilità", perché, come detto, l'ente datoriale (il comune), dopo aver ricevuto dall'Asl il verbale integrale di visita con tutte le notizie anche anamnestiche relative alla diagnosi complessivamente resa, "aveva poi divulgato quel documento sia all'interno dei suoi uffici, sia all'esterno, trasmettendolo all'istituto previdenziale ancora una volta in forma integrale, senza adottare alcuna misura tesa a oscurarne il contenuto nelle parti non salienti".

"A fronte di tanto - conclude la Corte -, la risposta fornita dal tribunale con le sole due frasi su riportate non assume dignità di motivazione in rapporto al minimo costituzionale richiesto dall'art. 111 costituzione". Giudizio da rifare dunque davanti al tribunale di Velletri che dovrà attenersi ai principi affermati dalla Cassazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©