Lavoro

Fallimento della conciliazione e licenziamento nello stesso verbale

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la ordinanza n. 10734 depositata oggi, respingendo il ricorso di un dipendente

di Francesco Machina Grifeo

Nelle controversie di lavoro, il verbale che dà atto del fallimento del tentativo di conciliazione può contenere anche la comunicazione formale del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la ordinanza n. 10734 depositata oggi, respingendo il ricorso di un dipendente e chiarendo che non vi è bisogno di redigere due atti separati.

Il ricorrente lamentava la violazione degli articoli 2 e 7, co. 6, della legge n. 604/1966 e la violazione o falsa applicazione della legge n. 92 del 2012, articolo 1, comma 40, per omessa comunicazione del recesso all’esito negativo della procedura conciliativa prodromica al licenziamento. E deduceva anche il vizio di motivazione della sentenza impugnata “là dove giudica il verbale di esito negativo della procedura conciliativa quale comunicazione di licenziamento nel rispetto dell’onere formale”.

Facendo un passo indietro, in primo grado il Tribunale aveva accolto il reclamo del dipendente escludendo l’equipollenza tra “l’apposita comunicazione scritta del licenziamento e la manifestazione di volontà intervenuta in sede di verbale conclusivo della procedura di conciliazione”. Di avviso diverso la Corte di appello secondo la quale invece il requisito della forma era stato rispettato considerato che in una sede istituzionale, alla presenza dei propri rappresentanti, oltre che di un soggetto terzo - il presidente della commissione -, nell’ambito di un verbale sottoscritto da entrambe le parti, il datore di lavoro, a seguito dell’esito negativo della procedura conciliativa, aveva formalizzato la propria volontà di recesso unilaterale.

Un ragionamento quest’ultimo condiviso dalla Sezione lavoro. Il dettato normativo del terzo periodo del comma 6 dell’articolo 7 della legge n. 604/1966 (“Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore”), spiega la decisione, delinea una condizione legale (sospensiva) ed un termine (dilatorio); ragion per cui, una volta avveratasi la prima o scaduto il secondo, il datore di lavoro “può comunicare il licenziamento al lavoratore”.

Con riguardo al significato da dare alla condizione legale: “Se fallisce il tentativo di conciliazione”, per la Suprema corte “già il dato letterale” depone nel senso che il legislatore “abbia attribuito rilievo al fatto obiettivo del fallimento del tentativo di conciliazione piuttosto che al dato cronologico e formale della chiusura del verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione”.

Il verbale dunque “può senz’altro attestare l’esito del tentativo di conciliazione e, per quanto qui interessa, il suo fallimento, ma appunto per questo documenta un dato logicamente e giuridicamente distinto ed anteriore al momento della chiusura della relativa verbalizzazione”. Inoltre, prosegue, “sempre il tenore testuale della disposizione non impone che la comunicazione del licenziamento, consentita al datore di lavoro «Se fallisce il tentativo di conciliazione», debba intervenire in un contesto differente e successivo a quello del verbale suddetto”.

In questo senso, argomenta il Collegio, “alcuna esigenza di tutela degli interessi del lavoratore potrebbe plausibilmente giustificare l’assunto che la comunicazione del licenziamento al lavoratore debba necessariamente intervenire in un contesto distinto dal verbale redatto in sede d’incontro davanti alla commissione apposita, a patto beninteso che per la comunicazione del licenziamento già espressa in quella sede siano osservate le ulteriori prescrizioni in tema di licenziamento, a cominciare da quella della forma scritta ex art. 2, comma 1, l. n. 604/1966”.

Nel caso in esame, conclude, la Corte di merito ha accertato in punto di fatto che la volontà datoriale di licenziamento era stata ribadita davanti alla commissione apposita e compiutamente verbalizzata dopo che il tentativo di conciliazione era stato già espletato con insuccesso.

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